“Musei & Social Media Sviluppo ed evoluzione dell’interazione utente-museo”. Il tema evoca già molte curiosità ed apre a scenari che coinvolgono ciascun utente del digitale nel suo rapporto con i consumi culturali.
Il report gratuito è stato realizzato nell’ambito del progetto Culture Empowerment Toolkit, dedicato all’individuazione e allo sviluppo di tecniche utili a favorire la diffusione di buone pratiche per la valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale.
Un’iniziativa del programma Cultura 3.0, a cura di DeRev realizzata da Pier Luigi Sacco, docente IULM, Special Adviser of the Commissioner for Education and Culture per la Commissione Europea, Flagship Project Co-Director della Fondazione Bruno Kessler, faculty associate Berkman Klein Center for Internet & Society at Harvard University; e Claudio Calveri, digital strategist di DeRev, progettista culturale e co-founder di Creactivitas, primo laboratorio italiano di economia creativa.
La ricerca ha riguardato le attività di comunicazione digitale associate a 10 dei musei che possono vantare le community più attive e partecipative sulla piattaforma Facebook, nel periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2017.
“Per quanto l’Italia presenti purtroppo uno dei più bassi livelli di partecipazione culturale su scala europea, negli ultimi anni stiamo assistendo ad un aumento sensibile di interesse nei confronti di alcuni musei e di siti di patrimonio, capaci di attrarre flussi sempre più consistenti di visitatori, non soltanto dall’estero ma anche dall’Italia e spesso dal contesto locale.”
Lo scrive Pier Luigi Sacco, presentando il report.
Sacco non manca di sottolineare, quale esempio virtuoso, la performance del Museo Archeologico Nazionale di Napoli che si è posto al centro dell’attenzione grazie al successo della mostra dedicata ad Antonio Canova, che nel primo mese di programmazione ha toccato il tetto dei 110 mila visitatori, a coronamento di un trend di crescita stabile e di entità significativa.
“Viene quindi il sospetto – prosegue il docente della IULM- che i nostri livelli di partecipazione culturale così bassi non si debbano tanto ad uno scarso interesse quanto ad una capacità di coinvolgimento storicamente poco coltivata, e che ora, con l’inversione di tendenza prodotta in larga misura dalla riforma che ha portato all’autonomia organizzativo-gestionale di alcuni dei principali musei e poli museali del Paese, sembra essere diventata un tema al centro dell’attenzione.”
E qui entra in campo il ruolo che può avere la comunicazione, in particolare quella realizzata attraverso l’uso dei social network allo scopo di una sempre maggiore capacità di attrazione e coinvolgimento da parte dei nostri sistemi museali. E in particolare, quale possa essere il ruolo delle strategie digitali di coinvolgimento per attrarre e consolidare nuove pubblici accanto a quelli più tradizionali.
La ricerca analizza tutti i post pubblicati dei seguenti muesu: Reggia di Caserta (168.339 fan); Reggia di Venaria (226.556 fan); The Peggy Guggenheim Collection (136.006 fan); Museo Egizio, Torino (141.982 fan); Scuderie del Quirinale (121.665 fan); La Triennale di Milano (148.627 fan); MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo (177.502 fan); MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma (122.980 fan); Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (93.073 fan); Leonardo3 – Il Mondo di Leonardo (134.930 fan).
Un primo elemento che emerge, e che conferma una tendenza già riscontrata in altri contesti, è la prevalenza dell’elemento visuale. In tema di efficacia dei formati, sono i video a stimolare di più il pubblico, il cui valore di interazione doppia quello della media generale di tutti i post. Non è richiesta nemmeno una particolare perizia tecnica nella realizzazione. Anche per contenuti di qualità relativamente modesta dal punto di vista tecnico-realizzativo, una situazione non infrequente, si riscontra una capacità di generare interazione ‘a prescindere’. Anche le immagini risultano particolarmente efficaci nello stimolare gli utenti, e anche in questo caso non è sempre necessario (anche se preferibile) che presentino caratteri particolarmente spiccati di qualità autoriale.
Un secondo elemento di interesse è il successo dei contenuti dalla forte valenza motivante dal punto di vista delle conoscenze utili per un più pieno apprezzamento dell’esperienza di visita. I post “divulgativi” (proposti cioè con l’intento di “educare” l’utente, fornendogli spiegazioni e illustrazioni relative al patrimonio culturale, afferente all’istituzione a cui fa capo la community ma anche ad altre) ottengono i risultati migliori, con particolare riferimento alla ‘curation’, ovvero alla selezione e trattazione di argomenti, informazioni e notizie relativi al mondo dei musei in generale. Se i post ‘di servizio’ non possono mancare, sono piuttosto quelli che rimandano all’universo conoscitivo del museo e dell’arte a colpire in modo più rilevante: un dato che sembra sfatare molti luoghi comuni circa lo scarso interesse del pubblico verso tutte le forme di comunicazione che richiedono un minimo sforzo di attenzione e concentrazione.
Un terzo elemento di grande interesse è il legame che emerge tra il museo e quello che potremmo chiamare lo ‘spiritus loci’. Tutti i riferimenti al contesto locale e territoriale (in particolar modo quelli visuali) accendono la reattività degli utenti, che esprimono approvazione per il museo come luogo della consapevolezza dell’identità territoriale e della sua ricchezza culturale. Ma gli utenti non vogliono essere trattati soltanto da pubblico, ovvero da soggetti passivi. Sono vincenti anche gli user-generated-content, ovvero i contenuti prodotti dagli utenti stessi e condivisi sui social, che i più lungimiranti degli operatori usano evidenziare e rilanciare per coltivare un sempre maggiore livello di coinvolgimento.
Per le organizzazioni culturali e i musei in particolare l’uso dei social media evolve rispetto alla funzione tradizionalmente assegnata – strumento di mera comunicazione – per assurgere a driver complessivo del valore del patrimonio come delle attività svolte, dalla formazione alla divulgazione e diffusione. Queste brevi considerazioni mostrano già chiaramente come lo spazio per politiche di comunicazione più inclusive e coinvolgenti per i nostri musei ci sia e possa produrre risultati di rilievo. La sfida è ora quella di riuscire ad estendere queste possibilità anche ai musei più piccoli e al patrimonio minore, che sono spesso quelli più a rischio dal punto di vista della tutela, e per i quali la prima sfida è appunto quella di farli riemergere alla consapevolezza della nostra società civile e delle nostre istituzioni. E’ una sfida difficile, ma possibile e necessaria. E i social media possono diventare alleati preziosi se usati con abilità e creatività.