LIBRI & LIBRI “Accabadora” nascere e morire non è un atto solitario
L'accabadora (letteralmente "colei che finisce") è stata "l'ultima madre che alcuni hanno visto" perché "maledette sono solo la morte e la nascita consumate in solitudine". Il punto è: come si distingue tra la pietà e il delitto?
Accabadora è uno di quei libri che meritano il rispetto che si deve alle cose sacre. Parlarne è perciò difficile. Una parola inappropriata suonerebbe come una bestemmia.
Non a caso, benché sia tra i pochi libri che ho riletto più volte, non ne ho scritto mai. Con quel timore reverenziale che si ha, appunto, verso ciò che è più grande di noi.
È definito un romanzo antropologico. Vero. Ma è una descrizione fredda, superficiale. È un romanzo di formazione, anche. Una storia d’amore. Di crescita. Di conoscenza. Ma soprattutto, anche se prosa, per me è poesia.
Perifrasi, metafore, allitterazioni, lungi dal rendere stucchevole il racconto, gli conferiscono sostanza, materia.
Quando Maria Listru, bambina, nasconde in tasca le ciliegie rubate e quelle si schiacciano, macchiando la sua vestina, sembra di vederlo “quell’orrendo menarca di frutta” che fa capire a Bonaria Urrai che “il tempo della sterilità era finito”.
Sí perché madri non si nasce e non lo si è solo perché si mettono al mondo uno, due, tre, quattro figli. Per la sua madre biologica Maria è solo “l’ultima” o – peggio – “un aborto retroattivo”. Per Bonaria Urrai è una fill’e anima, non un’ospite in casa sua, ma la padrona.
D’altro canto, per Maria la madre naturale “è quella che disegna quando le chiedono di disegnare sua madre”, ossia proprio Bonaria.
Il tema della vita si mescola inesorabilmente con quello della morte. Bonaria nasconde un segreto che appare terribile. È lei l’accabadora (letteralmente “colei che finisce”).
Per Maria è inaccettabile. Bonaria è un’assassina. Ma è così? Maria “giudica del come senza capire il perché “, “ha fretta di emettere sentenze”. Ma come non si nasce soli, non si esce da soli dal ventre materno, tutti i vivi nascono con l’ausilio di qualcuno, così, in punto di morte, l’accabadora è stata “l’ultima madre che alcuni hanno visto” perché “maledette sono solo la morte e la nascita consumate in solitudine.
Il punto è: come si distingue “tra la pietà e il delitto”? Come si scioglie il nodo etico, oltre che religioso, sull’eutanasia? Bonaria Urrai non se l’era mai chiesto fino a quando a chiederle di morire è Nicola Bastiu che “aveva la determinazione di chi cerca disperatamente non la pace, ma un complice.” Nicola vuole morire perchè per lui la vita senza una gamba non vale la pena di essere vissuta perché ormai “morto a tutte le possibilità che facevano degna la vita di un uomo.”
Troppo semplice dare risposte se non si sa di cosa si parla.
“Non dire mai di quest’acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata”
Nascita, maternità, vita, crescita, appartenenza, consapevolezza, amore, amicizia, morte, temi universali che qui si intersecano e fanno di Accabadora un classico contemporaneo.