scritto da Angela Senatore - 07 Maggio 2021 12:48

A colloquio con Federica Garofalo, studiosa del Medioevo ed  autrice di Mulieres Salernitanae

“Mulieres Salernitanae, storie di donne e di cura, non è un saggio bensì un “racconto ad episodi””

 

 

Edito a novembre 2020 da Robin Edizioni, Mulieres Salernitanae è l’opera prima di Federica Garofalo, salernitana e studiosa del Medioevo. Si tratta di un’unica storia divisa in sei racconti aventi ognuno per protagonista una diversa medica salernitana ed ambientati in epoche diverse che vanno precisamente dal 1084 al 1422 lungo una staffetta temporale che parte da Trotta de Ruggiero, nota come Trotula, per finire con Costanza Calenda.

Ho chiacchierato con Federica Garofalo, l’autrice, per sapere qualcosa di più su di lei e su questo libro, prezioso perché mette in luce la Scuola Medica Salernitana e rende onore alle donne, mediche della scuola, che hanno avuto un ruolo primario nel Medioevo. Il libro è inoltre candidato alla XVIII edizione del Premio Italia Medievale 2021 nella categoria Editoria.

Buongiorno Federica, innanzitutto come mai un libro sulle mediche salernitane? Da cosa nasce il suo interesse per il Medioevo e per la scuola medica salernitana?

L’interesse nasce sicuramente tra i banchi dell’Università di Salerno, dove mi sono laureata in Gestione e conservazione del patrimonio archivistico e librario. Inizialmente studiavo beni culturali con indirizzo archeologico per seguire il classico percorso dell’archeologia classica. Quello per l’archeologia medievale è stato quindi un vero colpo di fulmine che mi ha illuminata all’improvviso. In università, ho scoperto che il Medioevo era tutt’altro da quanto fino ad allora studiato e ciò soprattutto per quanto riguarda la storia delle donne. La passione è poi esplosa quando ho iniziato ad appassionarmi della storia della Scuola Medica Salernitana.

Cosa l’ha spinta a trasformare i suoi studi in un’opera di narrativa storica?

Da una parte, si tratta quasi della naturale evoluzione dei miei studi, dall’altra, la decisione di scrivere questi racconti è maturata quando, nel 2011, uno dei racconti contenuti in Mulieres Salernitanae, è risultato vincitore del Premio “Racconto nel cassetto”, lì ho capito che si trattava di storie che potevano avere un pubblico e alle quali sentivo di voler dare voce.

Dal 2011 al 2020 sono passati nove anni. Sono stati nove anni di maturazione di quest’opera?

Ebbene sì, anche se Mulieres Salernitanae non è un saggio bensì un “racconto ad episodi” romanzato alla base c’è stato necessariamente un grande studio non solo della situazione generale storico – politica ma anche dei dettagli della vita quotidiana (arredamento, abbigliamento) e del linguaggio. È stato un lavoro basato sulle fonti dell’epoca filosofiche, letterarie, mediche ma anche sulle fonti documentarie grazie alle quali ho provato a ricostruire genealogie e parentele delle sei protagoniste e utilizzato, ad esempio, i nomi più diffusi al tempo per dar nome ai personaggi. Accanto a questo lavoro di studio delle fonti, l’operazione più complessa è stata quella di cercare di creare dei personaggi che si comportassero in modo coerente con quello dell’epoca. Per far ciò è stato necessario entrare nei loro pensieri, nei ragionamenti, nei modi di agire.

 

“Alle donne, in questo periodo storico, era riconosciuto un più ampio raggio d’azione rispetto a quello che sarebbe stato riconosciuto nella futura Età moderna”

 

Il sottotitolo del libro è “Storie di donne e di cura”: emerge infatti un ruolo della donna primario non solo all’interno della scuola medica ma anche sul piano civile e sociale. Oltre le mediche anche le altre figure femminili descritte sembrano avere un proprio riconoscimento nella società che va ben oltre l’ambito famigliare nel quale siamo portati ad immaginarle. È così? Da cosa dipende?

È esattamente così. Alle donne, in questo periodo storico, era riconosciuto un più ampio raggio d’azione rispetto a quello che era loro riconosciuto nell’Antichità ma anche rispetto a quello che sarebbe stato riconosciuto nella futura Età moderna. Ciò si è verificato perché, in epoca feudale, accantonato il diritto romano, maschilista, basato sul diritto del pater familias, trovò larga applicazione il diritto germanico caratterizzato da una organizzazione della società e della famiglia diversa da quella romana che aveva una struttura verticistica La famiglia germanica è più corale: si cerca l’accordo tra i membri, anche quelli più lontani. Nella società feudale impregnata di diritto germanico si dava pertanto maggior spazio alle donne, molto più che nella successiva società comunale. Le feudatarie potevano ad esempio avere ruoli principali (come quello di giudici) mentre questo nella organizzazione comunale divenne vietato, non potendo le donne avere nessuna funzione civile o pubblica.

A tal proposito ho notato che nel libro, è normalmente utilizzato il femminile medica. L’ha scelto lei?

Come le ho detto, alla base del mio libro c’è anche lo studio del linguaggio del tempo che è quello che ho riversato nei dialoghi negli episodi da me narrati e nelle descrizioni. Termini che decliniamo solo al maschile erano declinati normalmente anche al femminile e tra questi il temine medica che scompare tra 400 e 500  quando si è iniziato a negare alle donne di svolgere alcune professioni e funzioni.

Di chi è la colpa di questa inversione di rotta?

Sicuramente un ruolo in tal senso è da riconoscere all’Università – mondo esclusivamente maschile – nel cui ambito c’è stata una presunzione di essere la sola depositaria del sapere. Si è cominciato proprio dalla medicina ad escludere le donne. Prima in Francia e poi nel resto di Europa per finire proprio con l’italia, solo chi aveva la laurea in medicina poteva fregiarsi del titolo di medico e dato che solo gli uomini potevano avere il titolo, le donne che esercitavano senza la laurea furono addirittura perseguite. Il secondo fattore quasi conseguente all’ascesa delle Università, fu, come dicevamo prima, il revival del diritto romano. Terzo fattore che ha portato ad una esclusione delle donne da ruoli di rilievo sociali e civili è rappresentato dall’affermarsi della borghesia mercantile a cui il diritto romano faceva comodo rispetto a quello germanico.

“Le rivoluzioni avvengono dal basso e non sarà imponendo l’uso del femminile nella lingua che si otterrà il cambiamento”

 

Riguardo al dibattito recente relativo dunque all’uso del femminile per nominare professioni svolte da donne lei come si pone?

Io credo che il femminile debba essere utilizzato per descrivere donne che svolgono determinate professioni (ad esempio avvocata, medica, fabbra), penso anche tuttavia che le rivoluzioni avvengono dal basso e non sarà imponendo l’uso del femminile nella lingua che si otterrà il cambiamento.

Una curiosità: lei che conosce così bene la donna medioevale cosa crede che possiamo imparare noi donne del III millennio da lei?

La donna medioevale, come l’uomo, era identica a noi: un essere umani con pregi e difetti. Tuttavia possiamo recuperare un atteggiamento proprio di tutta della società medioevale: il punto non è nello scontro, derivante dal principio marxista della lotta di classe, ma l’incontro tra uomo e donna. Christine de Pizan, scrittrice e poetessa italiana naturalizzata francese vissuta nella prima metà del 1400, sosteneva che quello che salverà il mondo è l’incontro, l’alleanza tra uomini e donne, ognuno con le sue diversità da valorizzare. Come la vita la si genera in due così un mondo diverso non si può che immaginare come costruito in due.

So che lei scrive anche su wattpad, dove ha pubblicato “Strip Tango”, e che ha in mente già un nuovo lavoro del quale però non sveliamo nulla per ora, le chiedo invece: se dovesse consigliarci tre libri, quali consiglierebbe?

Per approcciarsi al Medioevo consiglierei “Medioevo. Un secolare pregiudizio” di Régine Pernoud, che andrebbe letto anche nelle scuole per scoprire il volto ancora poco noto di questa epoca storica; consiglierei poi un libro di uno scrittore che amo, Jorge Amado, e in particolare “Teresa Batista stanca di guerra” e infine “Uomini nudi” di Alicia Giménez Bartlett per i sentimenti contrastanti, la rabbia e l’istinto di ribellione, che è capace di suscitare.

Giornalista pubblicista, collabora con Ulisse online dal 2021 occupandosi principalmente della pagina culturale e di critica letteraria. È stata curatrice della rassegna letteraria Caffè letterari metelliani organizzata da Ulisse online e IIS Della Corte Vanvitelli e ha collaborato con Telespazio in occasione del Premio Com&te. È da maggio 2023 responsabile della Comunicazione di Fabi Salerno. Abilitata all’esercizio della professione forense, lavora in una delle principali banche italiane con specializzazione nel settore del credito fondiario.

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