Qualcuno ha detto che l’episodio che stiamo per raccontare è il più triste della Prima Guerra Mondiale: non sappiamo se sia così, ma certamente è una storia raccapricciante che fa comprendere quanto poco valesse la vita umana dei soldati in quel periodo, vittime non solo del fuoco nemico, dei disagi delle trincee, delle malattie contratte durante il periodo di guerra, ma anche delle crudeltà dei loro comandanti che li consideravano meno degli animali; certamente meno dei cavalli che servivano all’esercito per le azioni di guerra.
La storia è raccontata anche nel documentario “Non ne parliamo di questa guerra” di Fredo Valla.
La vittima dell’assurda fucilazione si chiamava Andrea Ruffini, faceva parte del 1° Reggimento di Artiglieria di montagna con le mansioni di fuciliere, venne fucilato per mano del Generale Andrea Graziani, che sarebbe stato poi definito “il Generale delle fucilazioni”.
Era nato il 29 gennaio 1893 a Castelfidardo (Provincia di Ancona), venne giustiziato senza processo a Noventa Padovana il 3 novembre 1917, a 25 anni, per ordine del Generale Graziani, il giorno successivo all’assunzione delle funzioni: la motivazione del giudizio sommario fu quella di averlo salutato senza aver tolto di bocca il sigaro (o la pipa, non è mai staro chiarito) che stava fumando.
La giustificazione della condanna, fornita poi dal Generale, fu quella di voler dare un esempio per porre freno all’aumento delle diserzioni e dei rifiuti a combattere; all’epoca il caso fu al centro di una campagna di stampa e vi furono interrogazioni parlamentari alle quali il Generale fu chiamato a rispondere.
“Dovevo dare un esempio terribile atto a persuadere tutti i duecentomila sbandati che da quel momento vi era una forza superiore alla loro anarchia”, affermò lo stesso Graziani in risposta ad alcune proteste e interrogazioni parlamentari sollevate a seguito della pubblicazione della notizia della fucilazione di Ruffini sul quotidiano “Avanti!” del 28 luglio 1919. Andrea Graziani aveva rivolto lo sguardo verso Ruffini e, convinto di scorgere sul suo volto un sorriso beffardo, non ci pensò due volte a farlo fucilare.
Della fucilazione non vi è traccia sulla stampa locale: né Il Veneto, né La Provincia di Padova, né Il Gazzettino la riportarono. Dichiarata zona in stato di guerra fin dal 22 maggio 1915, Padova – come molte altre province venete – era sottoposta al potere legiferante dell’autorità militare, accordata dal Parlamento al Governo per le necessità della guerra con la legge 22 maggio 1915, n. 671.
Finita la guerra, la madre di Ruffini nel 1919 denunciò Graziani il quale ammise ufficialmente le sue responsabilità con una lettera pubblicata sul quotidiano “L’Avanti!” il 6 agosto 1919 ma non venne mai perseguito.
A tutt’oggi, i discendenti di Ruffini chiedono di poter avere una sepoltura di Alessandro. Presumibilmente è nel cimitero di Noventa Padovana, ma è impossibile sapere dove siano state traslate le sue ossa.
L’esecuzione di Alessandro Ruffini fu inserita tra gli argomenti della “Commissione d’Inchiesta parlamentare – Caporetto”, presieduta dal generale dell’esercito Carlo Caneva, istituita il 12 gennaio 1918 per far chiarezza sulle cause e responsabilità che avevano portato al ripiegamento dell’Esercito Italiano dall’Isonzo al Piave. L’Archivio della Commissione d’Inchiesta venne trasferito nel 1922-1923 all’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, dove è ancora conservato.
L’11 novembre 2005, l’amministrazione comunale di Castelfidardo ha riabilitato la figura di Alessandro Ruffini, dopo 88 anni dalla sua esecuzione. La cerimonia si è conclusa con l’inaugurazione di un monumento alla memoria del fuciliere, alla presenza del vicepresidente del Consiglio regionale delle Marche.
In occasione del centenario della morte di Alessandro Ruffini è stata inoltrata al Presidente della Repubblica Italiana una petizione per la sua riabilitazione, a iniziativa del Consiglio comunale e l’amministrazione di Noventa Padovana, degli insegnanti delle scuole locali e dei cittadini.
L’amministrazione comunale di Noventa Padovana (Pd), con mozione n. 49 approvata dal Consiglio Comunale il 28 novembre 2018, ha richiesto la rimozione delle titolazioni di vie ad Andrea Graziani, con la proposta di dedicare, in futuro, una via o una piazza alla memoria di Alessandro Ruffini.
In conclusione Alessandro Ruffini morì per un sigaro o una pipa, comunque vittima della crudeltà di un Generale.