Qualche mese fa abbiamo dedicato un articolo ad una delle prime donne della storia della medicina, Ipazia di Alessandria, che fu vittima di un’epoca e di una mentalità che non consentivano alle donne di avvicinarsi alla medicina, considerata prerogativa del solo genere maschile; e i pregiudizi e il maschilismo la sacrificarono sull’altare di una supremazia che ci sono voluti secoli per scardinare.
Ci occupiamo, oggi, di un’altra donna medico, più vicina a noi perché salernitana, una delle animatrici della famosa Scuola Medica Salernitana, il primo Centro di Cultura non controllato dalla Chiesa, e divenuta rinomata fino ad essere considerata la prima università d’Europa. In quella Scuola si cominciò a tradurre dall’arabo in latino i testi di medicina degli antichi scienziati greci, rendendoli così accessibili agli studiosi occidentali. La Scuola era aperta anche alle donne che la frequentavano sia come studentesse che come insegnanti e Trotula fu uno dei suoi membri. Le sue lezioni furono incluse nel “De agritudinum curatione”, una raccolta degli insegnamenti di sette grandi maestri dell’università, lei stessa collaborò con il marito ed i figli alla stesura del manuale di medicina “Practica brevis”.
La Scuola Medica Salernitana è anche nota per il rinomato “Giardino della Minerva”, celebre per le erbe mediche che all’epoca venivano scrupolosamente coltivate e che erano l’unica fonte per la preparazione dei medicamenti, la cui efficacia era basata solo sulla osservazione delle persone con essi curate.
Quando pensiamo ai sistemi moderni di preparazione dei medicinali, la maggior parte dei quali composti da principi attivi realizzati in laboratorio, e li confrontiamo con quelli del passato, ci sembra che la scienza moderna abbia fatto miracoli: ed è vero, ma non dobbiamo dimenticare che le sperimentazioni dei secoli passati, condotte in modo empirico e con scarsa conoscenza delle analoghe esperienze fatte in altri paesi (l’Africa dei Faraoni, la Cina delle varie Dinastie) spesso conosciute solo dopo secoli, hanno un che di miracoloso per i risultati che riuscivano ad ottenere.
Trotula de Ruggiero, conosciuta anche come Trottula, Trotta, Trocta o Troctula, è vissuta nell’XI secolo, all’inizio dell’anno mille.
Era nata a Salerno dalla famiglia normanna De Ruggiero, nobile e danarosa, famosa per aver donato a Roberto il Guiscardo le risorse per la costruzione del Duomo di Salerno.
La nobiltà e la ricchezza della famiglia consentirono a Trotula di intraprendere gli studi superiori e poi di medicina.
Nel 1075 giunse a Salerno Costantino l’Africano, frate, medico e scienziato cartaginese, il quale era stato costretto a scappare da suo paese e soggiornò a Salerno dal 1075 al 1077, ospitato dal Principe Roberto il Guiscardo, partecipò anche alla scuola Medica Salernitana la quale subì la sua influenza, per poi trasferirsi definitivamente preso il Monastero di Monte Cassino. In quei due anni Trotula collaborò con lui nell’insegnamento.
Della vita di Trotula si sa poco, sembra che sia vissuta tra il 1050 e il 1097, ma non è certa né la sua data di nascita né quella della sua morte; si sa che fece parte delle ”Mulieres Salernitanae” dame della Scuola Medica Salernitana. Sposò un altro medico, Giovanni Plateario e generò due figli, Giovanni il giovane e Matteo, i quali continuarono l’attività dei genitori.
Queste poche notizie si ricavano dalle pubblicazioni che Trotula ha lasciato sui suoi studi e ricerche nel campo della medicina, e che l’accreditano anche come la progenitrice dei medicamenti e delle creme dedicati alla bellezza femminile, ai quali si dedicò con particolare dedizione, prima di tutto perché teneva molto al suo aspetto e tendeva a conservare la sua bellezza, che si può osservare in alcune immagini che ci sono state lasciate, che la descrivono “bella come un fiore, pulita con un fiore”; fu la prima donna a inventare, tra l’altro, il detergente intimo femminile.
Creò, con oli ed essenze floreali unguenti da cospargere sulla pelle per mantenerla sempre giovane, e scoprì il potere antibatterico dei petali delle rose, che entrarono a far parte dei detergenti intimi.
Divenne anche l’antesignana della ostetricia e ginecologia e della cura di alcuni disturbi legati alla sfera genitale femminile.
Ma questo impegno non rappresentava per Trotula un aspetto frivolo della cura delle donne, perché essa era convinta che la bellezza esterna era il segno non solo di un corpo sano ma principalmente della sua armonia con l’universo e perciò le erbe medicamentose, le pomate naturali, i bagni, i massaggi erano tutti metodi curativi utili alle donne per vivere in maniera serena il rapporto con il proprio corpo e di conseguenza quello con la propria psiche.
La vita di Trotula non fu traumatica come quella di Ipazia: scorse serenamente circondata dall’affetto dei familiari, e venne ripagata dagli studi e dalle scoperte, dai medicamenti che creava in continuazione, e dalla considerazione che tutti avevano di lei.