La storia dell’imprenditore e della sua “Vedova nera”
Maurizio Gucci è stato un giovane imprenditore italiano, nato a Firenze il 26 settembre 1948, il quale dal 1983 al 1993 è stato Presidente e azionista di maggioranza di una delle più importanti e rinomate case di moda italiane.
Assunse la guida della Casa di Mode Gucci alla morte del padre, nel 1983 e licenziò lo zio Aldo, trovandosi così padrone di oltre 800 miliardi di lire dell’epoca che oggi varrebbero 1,3 miliardi di euro.
Ma la storia della Casa di Mode Gucci non balzò agli onori delle cronache per gli innegabili successi della stessa, ma principalmente per un fatto di cronaca nera, con il risvolto di un delitto maturato in un modo di torbidi rapporti sui quali la cronaca nera all’epoca si scatenò.
Maurizio Gucci era figlio di Rodolfo Gucci e dell’attrice Sandra Ravel, ed era vissuto in un ambiente molto agiato, sia per le ricchezze derivanti dall’attività di mode, sia per la jet-society che ruotava loro intorno.
Maurizio Gucci, per la posizione che ricopriva, era il personaggio intorno al quale si coagulava attività imprenditoriale e la vita brillante dell’epoca a Milano.
Nel 1970 aveva conosciuto ad una festa Patrizia Reggiani, donna affascinante della quale Maurizio si innamorò e i due, nonostante l’opposizione del fratello Rodolfo Gucci, si sposarono nell’ottobre 1972 nella chiesa di San Sepolcro a Milano.
Dal matrimonio nacquero due figlie, Alessandra nel 1976 e Allegra nel 1981.
Nel maggio del 1985, dopo dodici anni di matrimonio, Maurizio lasciò la moglie Patrizia e nel 1993 instaurò un rapporto fisso con Paola Franchi.
L’anno successivo Maurizio Gucci e Patrizia Reggiani divorziarono ufficialmente, accordandosi per un vitalizio annuo di 1,5 miliardi di lire che Maurizio si impegnò a corrispondere all’ex moglie.
Ma qualcosa non andò per il verso giusto in quanto Patrizia Reggiani incominciò ad avere atteggiamenti molto critici nei confronti dell’ex marito, anche in pubblico, e più volte lo minacciò di morte.
Negli anni ’90, infatti, le cronache giudiziarie vennero invase dall’episodio di cronaca nera che fece maggiormente scalpore nel nostro paese, proprio l’omicidio di Maurizio Gucci, del quale venne accusata l’ex moglie Patrizia Reggiani.
L’omicidio di Maurizio Gucci avvenne a Milano, la mattina del 27 marzo 1995: aveva 47 anni.
Secondo quanto ricostruito dalle indagini, Gucci uscì dalla sua casa di corso Venezia alle 8.30 per percorrere a piedi la breve strada fino al suo ufficio, in via Palestro 20.
L’ufficio si trovava proprio in centro. Maurizio non si accorse che un uomo lo stava seguendo, tenendosi ad una quindicina di metri di distanza. Così entrò nell’androne dell’edificio in cui c’era il suo ufficio ma l’uomo che lo stava inseguendo lo raggiunse e gli sparò quattro colpi di pistola.
Uno andò a vuoto, uno colpì Gucci alla spalla e l’altro al gluteo. Proprio mentre la vittima cercava di girarsi, arrivò l’ultimo colpo che gli fu fatale: lo raggiunse alla tempia, uccidendolo.
Il sicario sparò altri due colpi contro il portiere del palazzo, ferendolo al braccio sinistro.
Il portiere Giuseppe Onorato raccontò così la vicenda dell’omicidio: “Arriva il dottor Gucci, lo saluto, è elegantissimo come sempre; sale sette gradini fino alla porta a vetri, che avevo aperto per pulire. Dietro di lui entra un uomo, altrettanto elegante, abbronzato con un giaccone di cammello. Sembrava un altro dottor Gucci, insomma nulla che facesse presagire qualcosa …senonché apre la giacca e io rammento perfettamente queste mani enormi da cui spunta solo il silenziatore di una pistola”.
Il portiere descrisse la scena come inverosimile: “Era davvero come un film, pensavo a uno scherzo, non c’era niente di vero. Invece spara i colpi, poi si gira, mi vede. Sgrana gli occhi, come se non se l’aspettasse, e spara anche a me. Io alzo un braccio istintivamente, sento qualcosa, poi mi siedo sui gradini. Pensavo, giuro, che a quel punto dovessi morire, proprio come in un film”.
Il killer scappò: poco lontano c’era una Renault Clio con a bordo un complice che lo attendeva.
Le indagini sul caso in un primo momento si concentrarono sulla faida familiare tra Maurizio e lo zio Aldo, insieme ai suoi tre figli Paolo, Roberto e Giorgio. Difatti, suo zio era stato accusato dallo stesso Maurizio di sfruttamento illegittimo del marchio per aver lanciato una delle sue collezioni senza il suo consenso.
Le indagini portarono alla scoperta di debiti per 18 milioni di franchi con una banca di St. Moritz e un prestito di 22,5 milioni di franchi ottenuto dal Credit Suisse.
Ma i sospetti si concentrano anche sull’ex moglie Patrizia Reggiani, che confidava ad amici e parenti che l’ex marito stava dilapidando il patrimonio. Il timore della Reggiani era che le loro due figlie, Alessandra e Allegra, sarebbero rimaste senza eredità.
L’ex moglie parlava spesso della sua intenzione di far uccidere l’ex marito.
Nel 1997, un informatore della polizia, il cuoco Gabriele Carpanese, informò il capo della Criminalpol milanese di aver saputo dell’omicidio di Maurizio Gucci e di essere stato pagato 50 milioni di lire, evidentemente un ricatto.
Secondo gli investigatori la Reggiani aveva incaricato di trovare qualcuno che si occupasse di uccidere il marito.
Le indagini furono affidate al Commissario Filippo Ninni, che, insieme al magistrato inquirente Carlo Nocerino, cercò di individuare l’assassino.
Scartate le ipotesi che Maurizio Gucci fosse stato vittima di un crimine originato da questioni di affari, gli inquirenti esaminarono la possibilità che l’ex moglie dell’imprenditore, Patrizia Reggiani, potesse aver provocato la morte dell’ex marito, dato che varie volte aveva pubblicamente espresso forti rancori e minacce nei suoi confronti.
Ad un certo punto tale Gabriele Carpanese, ospite in un albergo di infima categoria a Milano, fece il nome di Ivano Savioni, portiere dello stesso, dichiarando di averlo ascoltato mentre diceva di conoscere molti dettagli sull’omicidio Gucci e anche di essere stato coinvolto personalmente nel caso.
Si scoprì che Ivano Savioni era un amico o conoscente di Giuseppina Auriemma, detta Pina, grande amica e confidente di Patrizia Reggiani e spesso ospite nell’attico di quest’ultima in piazza San Babila a Milano.
Man mano che le indagini proseguirono, vennero intercettate le conversazioni telefoniche tra il Savioni e Giuseppina Auriemma, che rivelarono molto chiaramente il coinvolgimento dei due come organizzatori dell’omicidio dell’imprenditore e della Reggiani come mandante.
Patrizia Reggiani venne prelevata dalla sua abitazione la mattina del 31 gennaio 1997 dalla Criminalpol.
La vicenda provocò un forte clamore mediatico in Italia, con la stampa che soprannominò la Reggiani “la vedova nera”.
Nella stessa mattinata vennero arrestati anche il ristoratore Benedetto Ceraulo, accusato di essere l’esecutore materiale del delitto, Orazio Cicala, l’autista nonché complice dell’assassino, Ivano Savioni, accusato di essere l’organizzatore del delitto procurando il sicario alla Reggiani, e Giuseppina Auriemma, intermediaria fra la mandante del delitto e gli esecutori materiali.
Tutti gli arrestati, esclusi la Reggiani e la Auriemma, avevano precedenti penali.
L’assassinio di Gucci era stato commissionato dalla Reggiani per una cifra pari a 600 milioni di lire.
Nel novembre 1998 Reggiani e il sicario Benedetto Ceraulo, furono condannati a 29 anni di carcere.
Ma a Ceraulo, che era stato l’esecutore materiale, gli fu comminato anche l’ergastolo.
Mentre Giuseppina Auriemma, che aveva avuto il ruolo di intermediaria tra la mandante e gli esecutori del delitto, fu condannata a 25 anni di reclusione.
Invece Savioni, che era stato l’organizzatore dell’assassinio, fu condannato a 26 anni.
Patrizia Reggiani e Benedetto Ceraulo non hanno mai ammesso il loro coinvolgimento nell’omicidio, ma le prove, le intercettazioni e le rivelazioni da parte di altri membri del gruppo sono però state sufficienti per incriminarli e farli condannare.
Per il danno fisico ed emotivo provocato dalla vicenda, il tribunale dispose nei confronti di Giuseppe Onorato, il portiere dello stabile in cui Maurizio Gucci lavorava e che assistette all’omicidio, un risarcimento di circa 200 milioni di lire.