scritto da Nino Maiorino - 18 Ottobre 2022 18:08

Storiacce, la strega di Buchenwald

Lo spietato sadismo di Ilse Koch

È stata chiamata strega ma non è di stregoneria che è stata accusata, piuttosto di spietato sadismo che Ilse Koch ebbe modo di praticare durante la Seconda guerra mondiale.

Il periodo della Seconda Guerra Mondiale, oltre agli eventi strettamente bellici, è di primario interesse anche per la persecuzione razziale e l’organizzazione dei campi di concentramento da parte della Germania Nazista.

In questo periodo anche persone comuni ottennero un potere assoluto su altri esseri umani, come Joseph Mengele, il medico sadico che sottopose le sue vittime dei campi di concentramento a esperimenti orribili, Irma Grese, altra militare e criminale di guerra tedesca, a guardia di numerosi campi di concentramento nazisti, e molti altri.

Ilse nacque nel 1906 a Dresda, era figlia di un operaio, in una famiglia senza particolari problemi economici. La sua infanzia trascorse serena, ma le conseguenze del trattato di Versailles, che imposero alla Germania severe riparazioni di guerra, imposero pure alle famiglie dure restrizioni.

Si iscrisse a una scuola di contabilità, trovò successivamente impiego presso un’azienda privata e, nel 1932, diventò tesserata del partito nazista.

IL MARITO

Nel 1934 conobbe Karl-Otto Koch, comandante delle SS, che sposò nel 1936, e con il quale si recò a lavorare presso il campo di concentramento di Sachsenhausen, poco fuori Berlino.

Nel 1937 venne trasferita a Buchenwald, nei pressi di Weimar, dove il marito diventò comandante del campo.

Nel quale Ilse Koch iniziò una vita dai tratti assurdi e senza regole: i prigionieri non erano considerati come esseri umani, ma un materiale utile alla realizzazione delle sue fantasie diaboliche.

Cercava i prigionieri con tatuaggi e ne ordinava l’esecuzione per realizzarne oggetti in pelle, paralumi, copertine di libri, guanti e altro.

Ordinò la costruzione di un maneggio privato finanziato con il denaro rubato (250.000 reichs-mark) ai prigionieri, e ne fece morire moltissimi durante i lavori; si aggirava per il campo con una frusta e flagellava a sangue chiunque osava guardarla.

Inoltre, conduceva una vita sessuale libera da vincoli che portò il marito (il quale era consenziente alla promiscuità) a contrarre la sifilide: il comandante, in preda alla follia, ordinò l’esecuzione dell’infermiere che gli diagnosticò la malattia, un ennesimo omicidio che si sarebbe rivelata fatale per il destino della coppia.

Fra il 1937 e il 1945 nel campo di sterminio di Buchenwald morirono circa 56.000 persone.

Nel 1941 Karl-Otto Koch venne trasferito a Lublino, in Polonia, dove fu fra i responsabili della costruzione del campo di concentramento e sterminio di Majdanek.

La moglie Ilse rimane a Buchenwald, dove continuò le sue pratiche sadiche nei confronti dei prigionieri, che sarebbero continuate fino alla disfatta della Germania nazista e l’ingresso delle armate dei liberatori.

Il 24 agosto 1943 i coniugi Koch vennero arrestati, ma non dai militari, bensì dagli stessi tedeschi, con le accuse di arricchimento privato, appropriazione indebita e omicidi di prigionieri per impedire che testimoniassero.L’accusatore fu Josias von Waldeck-Pyrmont, responsabile delle SS della zona di Weimar che, osservando la lista dei morti, scorse il nome di Walter Krämer, infermiere capo di Buchenwald, che conosceva personalmente.

Josias von Waldeck-Pyrmont indagò sul caso e scoprì che Karl Koch aveva ordinato l’esecuzione di Krämer e Karl Peixof, un assistente medico, come prigionieri politici.

Il motivo, facilmente scoperto da Josias von Waldeck-Pyrmont, era la sifilide di Koch, che questi voleva tenere segreta: il Comandante Kock, nel timore che i due potessero spargere la voce riguardo sulla sua malattia, li aveva fatti giustiziare.

La lista delle persone ammazzate per ragioni assurde si allunga all’infinito, e Karl Koch venne condannato a morte e giustiziato il 5 aprile 1945 nel campo di Buchenwald.

La “strega” Ilse Koch venne rilasciata nel 1944, ufficialmente per insufficienza di prove, e andò a vivere nella città di Ludwigsburg, dove il 30 giugno 1945 venne arrestata dagli alleati per essere sottoposta ad un ulteriore processo.

Nel 1947 la Koch e altri 30 imputati vennero giudicati e condannati dinanzi al tribunale militare americano a Dachau, nel 1947. La donna fu accusata di aver partecipato a un piano criminale di aiuto, favoreggiamento e partecipazione agli omicidi di Buchenwald.

A quel punto la Koch, stupendo la giuria, annunciò in aula di essere incinta di 8 mesi, ma questo non le risparmiò la condanna all’ergastolo, il 19 agosto 1947, anche per violazione delle leggi e dei costumi della guerra.

Nel 1948, nonostante la condanna, il Generale Lucius D. Clay, governatore militare provvisorio della zona americana in Germania, convertì l’ergastolo in una sentenza di soli 4 anni, con la motivazione che non ci sarebbero state prove convincenti che la donna avesse selezionasse i detenuti per lo sterminio al fine di prelevarne la pelle tatuata o che possedesse oggetti in pelle umana.

Nonostante le proteste, il Generale Clay non cambiò opinione, sostenendo che le lampade non erano state realizzate con pelle umana ma di capra, e che le eventuali violenze perpetrate dalla Koch erano state compiute contro prigionieri tedeschi e non alleati, sui quali gli USA non avevano giurisdizione.

Ma la pressione dell’opinione pubblica tedesca non demorse, e la Koch venne nuovamente arrestata nel 1950, e sottoposta a nuovo giudizio di un tribunale della Germania Ovest.

Vennero ascoltati oltre 250 testimoni, e almeno 4 affermarono di aver visto direttamente la realizzazione di oggetti in pelle umana.

La Koch ebbe una crisi e crollò mentalmente, al punto di non poter essere presente in tribunale quando venne letta la sentenza, un libro di 111 pagine, che la condannò all’ergastolo.

Si impiccò ad Aichach il 1° settembre 1967.

I coniugi Koch avevano due figli, uno dei quali si tolse la vita subito dopo la guerra, perché non riuscì a vivere con la vergogna dei crimini dei suoi genitori.

Il figlio concepito in cella con uno sconosciuto prigioniero tedesco, battezzato Uwe Köhler, apprese la identità della madre a 19 anni, poco tempo prima che lei si suicidasse. Era andato spesso a farle visita, e chiese la riabilitazione postuma per la sua reputazione, che non venne mai concessa.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.