scritto da Nino Maiorino - 23 Marzo 2020 10:06

Pandemie nella storia – La peste del 589-590

E’ vero che il momento che stiamo vivendo, “grazie” al Covid-19, è molto preoccupante, ma gli uomini sono sempre stati vittime di queste calamità, la storia ci riporta alla memoria tante altre epidemie e pandemie, che nei secoli passati sono state molto letali, provocando milioni di morti.

Quanti altri flagelli la umanità ha subito in passato?

Non voglio andare a quello delle cavallette del vecchio testamento, che Dio lanciò sull’Egitto per indurre il Faraone a liberare il popolo di Israele dalla schiavitù e lasciarlo andare verso la Palestina alla conquista della Terra promessa, ma a qualcuno dei più devastanti che la storia ci ricorda.

Uno di questi è stata la pandemia di peste che nell’anno 589-590 colpì l’Europa.

Ho già avuto occasione, nel recente articolo nel quale ho commentato la inconsueta visita a piedi di Papa Francesco alla Chiesa di San Marcello al Corso di Roma per pregare dinanzi al miracoloso Crocifisso, di citare il Pontefice Gregorio I, Gregorio Magno, il quale, durante il suo pontificato, dovette fronteggiare una terribile pestilenza che invase la capitale, tutto il paese e parte dell’Europa nell’anno 589.

Essa è stata recentemente ricordata in un blog cristiano, certamente non benevolo nei confronti dell’attuale Pontefice, al quale non tralascia occasione per inviare frecciate, basate sulla ortodossa interpretazione della Bibbia e della storia passata della Chiesa, linea che, secondo i critici, non avrebbe dovuto essere abbandonata; questione di punti di vista che certamente ostacolano l’attuale Pontefice nella attività riformista che sta portando avanti, ma che comunque esprimono un punto di vista da non ignorare o sottovalutare.

Tra l’altro la linea della ortodossia ha non pochi seguaci nel mondo cristiano, un esempio è Padre Livio Fanzaga, il direttore di “Radio Maria”, l’emittente che trasmette messaggi in tutto il mondo e che è molto seguita dai cristiani specialmente quelli anziani, i quali sono legati ad essa perché rappresenta la fede tradizionale, indiscussa e indiscutibile, che a parere di molti non dovrebbe essere abbandonata; ed è proprio grazie a questo consenso che Padre Livio sparge a man bassa, pure se velatamente, i suoi strali contro l’attuale Pontefice, e commenta le calamità, come quella che stiamo vivendo, come i castighi che Dio infligge agli uomini per i loro peccati: una interpretazione anacronistica rispetto al moderno pensiero cristiano, perché dipinge Dio come un essere vendicativo, infido, violento, in perenne contrasto con il genere umano, quasi che dopo il Diluvio Universale e l’orrore che Dio provò per le sofferenze inflitte agli uomini, non fosse esistito il biblico patto di alleanza sulla base del quale promise che mai più avrebbe sottoposto il genere umano a tali pene.

Sul tema mi concedo una piccola divagazione, che riguarda la recente storia di Padre Gigino e della ricostruzione della Basilica e del Monastero di San Francesco e Sant’Antonio qui a Cava; anche Padre Gigino fu vittima di questo contrasto dopo che, divenuto Guardiano della Basilica metelliana, danneggiata notevolmente dal terremoto del novembre 1980, si attivò per riedificarla. Riuscì a farlo e la storia è nota a tutti e non occorre ripeterla.

Ma chi si dà da fare dà fastidio, chi lavora per gli altri è inviso a coloro che, pure essendo “missionari”, sono restii alle opere di missione, che evidentemente vivono il loro stato ecclesiastico come se fosse una normale attività lavorativa, più da stipendiati che da promotori di opere: lavorare richiede sacrifici, rinunce, comporta errori e critiche, e allora “ma chi me lo fa fare?”.

Fra Gigino con sacrifici e rinunzie aveva realizzato il sogno della cristianità cavese, ma era inviso, e perciò venne cacciato.

La conclusione è che San Francesco, se non avesse abbandonato il benessere e la sicurezza della famiglia e non avesse rinunciato ai suoi beni, sarebbe vissuto agiatamente e certamente più a lungo, e non avrebbe patito fame, freddo e malattie; ma non sarebbe diventato quel faro di cristianità che tutti venerano, così come Fra Gigino rimarrà nei ricordi di tanti cristiani ai quali ha ridato la loro Chiesa.

Tornando alle pandemie nella storia, e segnatamente a quella del titolo di questo articolo, veniamo alla peste che colpì il paese negli anni 589-590, facendo seguito a tante altre sciagure come le violenze dei Longobardi, i nubifragi e le inondazioni; a Roma il Tevere inondò gran parte della città facendo vittime e ingenti danni; poi venne la peste,  che decimò ulteriormente la popolazione e della quale fu vittima anche Papa Pelagio II, predecessore di Gregorio I; la pandemia durò mesi e ancora nell’estate successiva era attiva, e Gregorio I, nell’agosto del 590, esortò i fedeli alla penitenza (come se i danni delle tragedie che l’avevano colpita non lo fosse già stata) per implorare l’aiuto divino, e organizzò una solenne processione, che durò tre giorni, alla Basilica di Santa Maria Maggiore.

La tradizione vuole che il terzo giorno il Pontefice, alla testa della lunga processione, mentre attraversava il Ponte dell’Angelo (che all’epoca era denominato Ponte Elio o Ponte Adriano), quello di fronte a Castel Sant’Angelo, ebbe la visione dell’Arcangelo San Michele che rinfoderava la spada: questa visione venne interpretata come il segno celeste della fine della pestilenza, che effettivamente cessò.

Per riconoscenza il Papa fece erigere una statua del Santo, che ripone la spada nel fodero, la quale tuttora troneggia sulla torre più alta del Castello.

Ovviamente la pestilenza venne interpretata come una vendetta di Dio nei confronti del popolo peccatore, senza tener conto del patto che Egli aveva fatto col suo popolo, che nessuno disconosce, tranne coloro che pensano ancora alla punizione divina che colpisce con violenza la umanità peccatrice.

Sembra che quella pandemia di Peste abbia provocato milioni di morti nell’area del mediterraneo, numeri enormi, ma indubbiamente le epidemie passate sono state molto più funeste rispetto a quelle redenti.

Ancora oggi, comunque, colpisce la interpretazione che, a distanza di oltre quindici secoli, qualcuno dà di eventi calamitosi come questo che stiamo vivendo.

Preghiamo che il Santo Arcangelo intervenga anche oggi in aiuto del popolo afflitto, e nuovamente rinfoderi la sua spada.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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