scritto da Mariano Avagliano - 17 Novembre 2018 12:51

Medici… senza frontiere

Uno dei beni (e mali) della nostra epoca sono le serie tv. Rappresentano e incarnano, per certi versi, il mondo in cui viviamo con il suo desiderio, inconscio e infinito, di un nuovo continuo inizio verso una fine che non è mai fine ma semmai nuovo inizio. Ci capitiamo dentro, ci inciampiano, quasi per caso e iniziamo a guardarle, una dopo l’altra, senza sosta. Come se non ne avessimo mai abbastanza. Una volta in televisione la facevano da padrone i film: c’era una storia e incedeva lenta e veloce a seconda dell’azione e prima o poi, si sapeva che c’era un finale, un momento risolutivo in cui, comunque, tutti i nodi tornavano al pettine. Inaspettato o meno il finale c’era. Unico e inappellabile. Dopo la scritta “Fine” o “The End” non c’era secondo appello. Tutto era stato raccontato e detto. Semmai poteva esserci il “2” o “il ritorno”, ma comunque la storia aveva un finale definito.

Le serie ci hanno conquistato, insomma, perché ci raccontano bene e dicono qualcosa di noi. Ecco perché, alla fine, hanno successo. Il tutto diviene divertente soprattutto quando alla ribalta arrivano personaggi, fatti e racconti di storia che avevamo lasciato, letti o sfogliati appena, sui banchi di scuola. La rivincita dei nostri cari prof. di Storia per tutte le sgolate che han dovuto fare. La Saga dei Medici andata in onda in questo periodo in tutto il Paese è un grandioso esempio. Di successo concreto soprattutto perché mette in luce uno dei periodi più fiorenti, e controversi, della nostra Storia: il Rinascimento, culla, lo possiamo dire di quella cultura, fatta di saper fare o meglio sapere creare che ancora oggi ci rende, a tutti gli effetti, grandi al cospetto del mondo.

Al centro del racconto la storia di una delle più potenti famiglie di una delle più floride città dell’epoca, Firenze, in un intrico di poteri e interessi contrastanti. Il ritratto che ne viene fuori, se a tratti è impetuoso, da l’idea di cosa significa prendersi carico (mai come ora ce ne sta bisogno wagliu’) della gestione del Potere, quello vero, fatto di dominio, controllo e mediazione.

Se il disegno dei Medici esce, a tratti, spietato, la narrazione che risalta è, alla fine, quello di una storia italiana. Ci sono le divisioni, tante, all’interno della famiglia, ci sono i contrasti, gli scontri e le faide con le famiglie rivali, poi gli scontri con i potentanti avversari, dagli stati nemici al papato, alla sottilissima arte della diplomazia e della mediazione, essenza vera dell’arte di fare politica.

Quest’arte, unita a un’ottima dose di coincidenza e casualità ha contribuito a rendere i Medici una delle famiglie più potenti, temute, innovative e ammirate forse di tutti i tempi. Ci hanno consegnato, Lorenzo detto “il Magnifico” in particolare, alcune delle opere d’arte e di ingegno più evocative, tracciando un solco che poi è stato d’ispirazione per tutti i governanti e dominanti “illuminati” che sono venuti poi. Una storia italiana, a tutte le latitudini, che ci racconta molto o quasi tutto di noi. Di quello che siamo, di come concepiamo la politica, di come, in maniera innata e inspiegabile siamo tesi all’arte, al culto della bellezza, alla creatività e all’ingegno. In un momento storico in cui tutti, o quasi, urlano, a destra, a sinistra, ai quattro venti, una serie tv come questa ci porta un pochettino più coi piedi per terra buttandoci in faccia una folata di aria fresca, pure se viene dal passato. Pure se i Medici sono stati i primi radical chic della storia, alla fine aprivano le porte alla plebe non solo per consenso ma proprio per contaminazione, alla base emerge con chiarezza un elemento: che la leadership, o capacità di governare, non deriva semplicemente dal caso, dal prendere il treno giusto, dal trovarsi lì per caso. O meglio non solo da questo.

La leadership, semplicemente, è un qualcosa che si coltiva giorno per giorno, in famiglia così come nella pratica quotidiana, nella gestione degli affari, nella comprensione, razionale, del fatto che il guadagno si basa anche sulla capacità di costruire relazioni, partnership efficaci, sulla mediazione e sulla diplomazia, sull’arte della politica. Costruita giorno per giorno e non improvvisata e nemmeno urlata. É successo in questo modo in tutte le epoche storiche, in tutti i contesti fatte le dovute differenza, senza frontiere.

Noi, come Paese, siamo questo. Siamo la nostra storia. Siamo i personaggi e i fatti che hanno contribuita a farla grande e piccola. Personaggi, come i Medici, che dal locale al globale hanno esteso la loro influenza, il loro approccio, il loro savoir faire. Lo hanno fatto, soprattutto, pure senza una connessione wi-fi e senza whatsApp, senza frontiere.

Le serie tv, per fortuna, servono pure a questo.

Ha iniziato a scrivere poesie da adolescente, come per gioco con cui leggere, attraverso lenti differenti, il mondo che scorre. Ha studiato Scienze Politiche all’Università LUISS di Roma e dopo diverse esperienze professionali in Italie e all’estero (Stati Uniti, Marocco, Armenia), vive a Roma e lavora per ItaliaCamp, realtà impegnata nella promozione delle migliori esperienze di innovazione esistenti nel Paese, di cui è tra i fondatori. Appassionato di filosofia, autore di articoli e post, ha pubblicato le raccolte di poesie “Brivido Pensoso” (Edizioni Ripostes, 2003), “Esperienze di Vuoto” (AKEA Edizioni, 2017).

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