scritto da Nino Maiorino - 09 Marzo 2023 07:09

L’inchiesta di Bergamo: le conclusioni

Nella prima parte ci siamo occupati di riportare i fatti che spinsero la Procura della Repubblica di Bergamo ad avviare, tre anni fa, l’inchiesta sull’eccessivo numero dei ricoverati e dei deceduti all’inizio della pandemia da Covid-19, e abbiamo chiuso con una domanda: tutto chiaro?

Assolutamente no, perché alle deduzioni della Procura di Bergamo si oppongono una serie di circostanze, incongruenze e considerazioni che qui di seguito evidenziamo.

Prima di ogni altra cosa la opportunità che quella Procura avviasse una indagine che è durata tre anni; era nei suoi poteri e nelle sue prerogative, sebbene non fosse stata anticipata da querele o denunce.

Ma, a nostro avviso, sarebbe stato più opportuno che la ventilata istituzione, oggi, di una Commissione Parlamentare d’inchiesta, fosse avvenuta allora, il Parlamento ha l’autonomia per farlo, senza che il Governo possa intervenire o opporsi.

Fra l’altro sarebbe stata molto opportuna in quanto una Commissione Parlamentare può concludere i lavori in tempi certamente più rapidi, e sarebbe stata di aiuto anche al Governo che, comprensibilmente, per inesperienza, nel primo anno di pandemia ha proceduto a tentoni.

Non dobbiamo dimenticare che Giuseppe Conte era un professionista “prestato” alla politica; quando i contendenti, Salvini e Di Maio, bisticciavano su chi dei due dovesse fare il Premier, la scelta ricadde su un esterno, nemmeno parlamentare, proposto dal quasi sconosciuto Alfonso Bonafede, il quale faceva parte dello stesso studio legale di Conte, che lo ricambiò affidandogli il Ministero della Giustizia.

Queste considerazioni non sono fatte per sminuire il valore delle persone, ma solo per evidenziare che, alle difficoltà dovute alla pandemia si aggiungeva la impreparazione di chi la doveva arginare.

E’ sintomatica un’altra considerazione, e cioè la pletora di esperti e super-esperti in una varietà di campi (sanitario, scientifico, organizzativo, ecc.): un numero esagerato, nessuno ha avuto mai la possibilità di fare il conto, persone che spesso si accavallavano; si parlò di oltre 700 elementi, che avevano il solo compito di studiare soluzioni, che il più delle volte non venivano nemmeno prese in considerazione dal Governo.

Interessante leggere una frecciata che l’ex Viceministro Andrea Sileri, persona seria che quando parlava era chiara e si faceva capire, ha lanciato qualche tempo fa: “Tecnici del ministero? Ricordo riunioni imbarazzanti, sembrava l’armata Brancaleone”

Non dobbiamo dimenticare che, essendo il Premier Conte nemmeno parlamentare, non godeva della relativa immunità, oggi lo è e quindi grazie ad essa è intoccabile.

Ma ci sono anche altre considerazioni da fare, e non sono secondarie ai fini degli sviluppi di questa vicenda giudiziaria.

Quando si parla di immunità parlamentare, tutti pensano che la stessa sia un ombrello che protegge solo i parlamentari nazionali.

Non è così: da un rapido approfondimento, emerge tutt’altro scenario.

L’immunità parlamentare protegge anche i Consiglieri regionali.

L’argomento oggi è di attualità per via della riforma costituzionale che riguarda la composizione del nuovo Senato in cui potrebbero entrare consiglieri regionali e sindaci, estendendo anche ad essi l’immunità dei senatori.

In realtà i membri del Consiglio Regionale hanno già l’immunità che è loro garantita dalla Costituzione. Al pari dei colleghi nazionali, gli eletti in Regione sono i rappresentanti della volontà popolare e hanno un ruolo istituzionale, coperto da determinate garanzie: come per deputati e senatori, anche per i consiglieri regionali è la Costituzione a indicare di che tipo di immunità godono nello specifico con l’articolo 122, il cui 4° comma recita: “I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.

Chi siede oggi in Regione ha, dunque, quella che è definita come l’insindacabilità che garantisce la libertà di pensiero e di voto nell’ambito delle funzioni di rappresentanza politica.

Non è dunque una copertura per tutti i reati, come spesso si sente nei discorsi sulla “casta” dei politici: come i colleghi di Roma, anche chi siede in Regione deve poter esercitare la propria funzione in tutta libertà di parole e voto.

A differenza di Deputati e Senatori, i Consiglieri Regionali non hanno l’altro aspetto dell’immunità parlamentare, cioè l’inviolabilità: questo significa che per alcuni reati sono soggetti alla giustizia ordinaria e non è necessaria alcuna autorizzazione per il relativo procedimento giudiziario.

In passato si è anche tentato di estendere l’inviolabilità ai consiglieri regionali, oltre a farli rientrare nei progetti di riforma che voleva estendere ad altre cariche dello Stato l’immunità garantita al presidente della Repubblica (lodo Schifani e lodo Alfano): ma tutti i tentativi sono stati affossati dalla Corte Costituzionale.

In proposito si è pronunciata, più volte, anche la Corte di Cassazione a sezioni unite civili, chiarendo che per i rappresentanti delle Regioni questa garanzia spetta loro solo per le elevate funzioni di rappresentanza politica e, quindi, alla funzione primaria di tipo legislativo, alla funzione di indirizzo politico e di controllo.

Dal che è facile giungere alla conclusione che, almeno per i parlamentari nazionali e per quelli regionali, la faccenda si concluderà con un nulla di fatto.

Qualche pericolo lo corrono tutti gli altri, dirigenti e consulenti vari, ma nell’intricato labirinto delle leggi e dei regolamenti di questo paese certamente i legali troveranno centinaia di appigli e, mal che vada, esistono sempre corti internazionali alle quali rivolgersi.

E’ giustificato, quindi, il sospetto che il tutto si concluderà, come al solito, a tarallucci e vino.

Questa è l’Italia, colpevolista e garantista nello stesso tempo.

Dunque: tempo, lavoro e quattrini sprecati.

Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! (Dante Alighieri, Divina Commedia, VI canto del Purgatorio)

 

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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