scritto da Nino Maiorino - 01 Maggio 2024 06:30

La pasta antifascista

Probabilmente la ricorrenza del 1° maggio, che si ricorda come festa del lavoro, è l’occasione adatta per ricordare che circa ottant’anni or sono iniziò l’epoca della “pastasciutta antifascista”, della quale nei decenni successivi si perse la memoria.

E’ opportuno ricordare il significato della celebrazione della ricorrenza del 1° maggio, festa del lavoro, sia per il valore che ad essa dà la nostra Costituzione (Art. 1. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro…), sia per la circostanza che, circa 160 anni fa, ne diede il via.

Infatti nel 1866, nella città americane, accadde un episodio che ne segnò l’avvio.

 

Il 1° maggio di quell’anno i lavoratori effettuarono uno sciopero generale per richiedere la riduzione della giornata lavorativa a 8 ore.

Lo scioperò andò avanti ad oltranza, ma tre giorni dopo nella città di Chicago avvenne la tragedia che viene ricordata come la “Rivolta di Haymarket”.

Il 4 maggio 1886, ad Haymarket Square, a Chicago, durante un raduno di lavoratori/lavoratrici ed anarchici in solidarietà con i lavoratori e lavoratrici in sciopero, una bomba fu lanciata da un ignoto su un gruppo di poliziotti, dei quali uno morì all’istante.

Questo attentato fu usato dalle istituzioni come pretesto per reprimere il movimento anarchico e dare una dura lezione agli operai.

 

 

Foto di sette anarchici arrestati

 

Il processo che ne seguì portò alla condanna a morte per impiccagione di sette anarchici

(due di loro furono in seguito graziati), poi riconosciuti innocenti, e ad una condanna a 15 anni.

I condannati, passati alla storia come i “Martiri di Chicago”, sono ancora oggi ricordati come vittime della repressione contro anarchici e sindacalisti.

Gli anarchici arrestati furono 8: Albert Parsons, Samuel Fielden, Louis Lingg, August Spies (al centro), Michael Schwab, George Engel e Adolph Fischer; un ottavo imputato, Oscar Neebe, non rappresentato nella foto, fu condannato a 15 anni di carcere.

La festa del primo maggio divenne ufficiale in Europa a partire dal 1889, quando venne ratificata a Parigi dalla Seconda Internazionale, organizzazione che aveva lo scopo di coordinare i sindacati e i partiti operai e socialisti europei.

In Italia la festa del 1° maggio fu introdotta due anni dopo.

Ma quale attinenza ha la pastasciutta antifascista, simbolo di liberazione, con la celebrazione della ricorrenza del 1° maggio?

 

 

Foto famiglia Cervi

 

La pastasciutta antifascista è un piatto semplice, condito solo con burro e parmigiano, e ricorda la storia dei fratelli Cervi, che per primi la cucinarono in Emilia per festeggiare la caduta del regime.

In verità la famiglia Cervi, contadina e antifascista, i cui sette fratelli sono martiri della libertà perché trucidati dai nazi-fascisti il 28 dicembre 1943, nel luglio di quell’ann0 offrì ai compaesani 380 chili di pastasciutta.

Si procurò la farina, fecero e cucinarono la pasta che condirono semplicemente con burro e parmigiano.

Un piatto sostanzioso della festa, visto anche le condizioni di malnutrizione in cui versava la popolazione affamata dalla guerra.

Poco dopo tutta la famiglia Cervi si unì alla resistenza, combattendo attivamente contro il regime.

Infatti la storia insegna che la guerra non era finita: Mussolini si riorganizzò nella Repubblica Sociale di Salò e iniziò un durissimo periodo di guerra civile fino all’epilogo in piazzale Loreto a Milano dove Mussolini, Claretta Petacci e alcuni gerarchi fascisti furono impiccati: era il 29 aprile 1945 e solo da alcuni giorni l’Italia era stata effettivamente liberata.

Si fa presto a capire la fortuna di questo semplice piatto, assunto a simbolo della Resistenza e ancora oggi replicato in questo giorno.

Infatti la politica autarchica del fascismo era poco incline al consumo di pasta, proprio perché per raggiungere l’autosufficienza sul grano era necessario consumarne poco.

Gli italiani nel periodo del fascismo mangiavano prevalentemente polenta al nord e pane al sud, non senza conseguenze per la salute pubblica.

Senza contare l’avversione dei futuristi, movimento artistico, letterale e culturale nato agli inizi del XX Secolo; fu proprio l’intellettuale Tommaso Marinetti che nel suo Manifesto della cucina Futurista dedicò un capitolo “Contro la pastasciutta”; i motivi? il consumo di pasta avrebbe portato, secondo il futurista, a rammollimento, pessimismo, nostalgia e quindi avrebbe spinto le persone ad avere una posizione neutrale nei confronti della guerra.

Ancora oggi, a distanza di 80 anni, la pastasciutta antifascista è simbolo di quella ricorrenza che unisce il paese.

Una storia che viene ricordata in questi giorni dall’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani Italiani.

Il 25 luglio di ogni anno, infatti, presso l’Istituto Alcide Cervi di Gattatico in provincia di Reggio Emilia, c’è un’altra speciale occasione che ricorda l’avvenimento.

Cosa si mangia? Ovviamente pastasciutta antifascista, con burro e parmigiano.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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