Il valzer del Quirinale, e non solo
Qualche giorno fa abbiamo scritto che l’ultima settimana di gennaio e la prima di questo mese sono state caratterizzate da due avvenimenti, uno di grande importanza politica, vale a dire la elezione del Presidente della Repubblica al posto di Sergio Mattarella, l’altro di grande importanza mediatica perché quasi la metà degli appassionati teledipemndenti sono stati davanti ai televisori durante le cinque serate dedicate al Festival di Sanremo.
Di Sanremo abbiamo già avuto occasione di parlare nell’articolo pubblicato su questo giornale l’ 8 febbraio, oggi vogliamo dedicarci all’altro argomento veramente importante, quello della difficilissima elezione del nuovo Presidente, che alla fine non c’è stata, visto che l’uscente Presidente, nonostante avesse dichiarato da mesi la sua indisponibilità per un secondo mandato, è stato poi costretto ad accettarlo.
Chi ha avuto la lucidità di seguire la incredibile vicenda, non ha potuto esimersi da qualche commento estremamente critico nei confronti dei partiti che ci rappresentano, piuttosto male, e che si sono sbizzarriti, nell’arco di cinque giorni, a proporre degli scenari allucinanti, e non possiamo escludere nessuno.
I giochi vennero aperti da Silvio Berlusconi il quale, contro ogni regola, e a disprezzo delle evidenze e del normale buon senso, si autocandidò, sperando che l’intera destra lo sostenesse.
Quando parliamo della destra dobbiamo individuare da quali partiti è formata, oltre che da FI: Fd’I di Giorgia Meloni e la Lega di Salvini; ovviamente né la Meloni né Salvini potevano, in quella fase, tirarsi indietro, la Meloni perché aspirava, anzi pretendeva, che il nuovo Presidente fosse un personaggio di destra, l’altro perché aveva qualche mira, peraltro non troppo nascosta, fondata su un eventuale rimpasto di governo nel quale egli intendeva assumere un ruolo meno marginale di quello attuale.
Orbene, mentre la Meloni fa alla sua politica di opposizione al Governo Draghi, Salvini si sente stritolato tra il prestigio di Mario Draghi, che lo fa contare come il due di picche, i contrasti all’interno del suo stesso partito, e le pretese dei suoi iscritti e simpatizzanti, specialmente del nord, che vorrebbero interventi più incisivi, specialmente nelle loro zone.
In pratica il “Capitano” è stretto in una morsa per uscire dalla quale fa una confusione incredibile, si espone a continue sovrapposizioni che alla fine non lo portano a niente, e lo ha ancora una volta dimostrato nella fase pre-elettorale del nuovo Presidente, facendo i nomi di tanti personaggi, una lista che ha previsto tutti, e se non fosse stato rieletto Mattarella, avrebbe potuto ben dire. “l’ho proposto io”, una barzelletta del bel-paese!
Un altro elemento, al quale già in passato abbiamo fatto cenno, è che nella fase che ha preceduto le inutili votazioni, Mario Draghi si è comportato in maniera ambigua, ha sempre volutamente evaso il discorso sul nuovo Presidente, ma non assunto una posizione chiara, specialmente con Mattarella, con il quale avrebbe dovuto intavolare un discorso semplice e concreto, vale a dire far pesare che era stato Mattarella a chiamarlo alla guida del governo, quindi non avrebbe dovuto lasciarlo in balia degli eventi; in pratica avrebbe dovuto accettare un secondo mandato, sia pure a termine (fino alla fine dell’attuale legislatura), per poi riavviare il discorso dopo le elezioni del 2013.
Era legittimo l’aspirazione di Draghi di traslocare al Quirinale, nonostante tutti, ad ogni livello, nazionale e internazionale, lo spingessero a rimanere a Palazzo Chigi; ora, per come si sono messe le cose, sarà difficile che questo potrà avvenire in quanto certamente Mattarella, rieletto, terrà fede all’impegno per un nuovo settennato, e nessuno può prevedere cosa accadrà tra sette anni.
E’ necessario, a nostro avviso, esaminare la sequenza degli ultimi avvenimenti che hanno poi portato alla rielezione di Mattarella.
Tutti ricordiamo le numerose e inutili sedute delle elezioni, sintomo che, non avendo nessuno schieramento i numeri sufficienti per convergere su un nominativo condiviso, il Parlamento si è ripreso la scena, e i gruppi parlamentari hanno chiesto a Mattarella di accettare la rielezione, e Mattarella non ha potuto più tirarsi indietro, e sabato 29 gennaio 2022, all’ottavo scrutinio, è stato eletto con largo margine, 759 voti.
Francamente è stata una liberazione per tutti, e l’applauso del Parlamento del sabato sera, come quelli del discorso di insediamento, lo hanno dimostrato, ed abbiamo potuto finalmente vedere e ascoltare, dopo una settimana di sofferenza, il profondo discorso di insediamento e la sfilata per le strade di Roma.
Ma è proprio tutto quanto abbiamo detto che spinge alla considerazione che questa classe politica, che si estrinseca negli attuali partiti, ha una grandissima pecca, quella di non avere una visione lungimirante del futuro, è miope, vede poco più al di là del naso, e questo è iniziato appena dopo il declino della vecchia politica, momento che possiamo identificare con la caduta di Bettino Craxi.
Dal tracollo di Craxi in avanti abbiamo assistito ad un progressivo degrado della politica e dei partiti, praticamente da quando scese in campo Silvio Berlusconi il quale, con il famoso contratto sottoscritto nel salotto del furbo e lungo-veggente Bruno Vespa (lui si!), con il roboante proclama del grande affetto per il paese (il paese che amo! disse il Cavaliere), è stato come scivolare dalla vetta della montagna alle sabbie mobili della paludosa pianura, le quali ci stanno lentamente inghiottendo.
Non c’è bisogno di tanta memoria per ricordare che Berlusconi si diede alla politica perché ormai era venuto meno il suo protettore, e tutti sanno che, per mantenersi a galla, aveva bisogno del potere.
Detto questo, non è che il problema è risolto, anzi!
E se si riflette su quello che è avvenuto qualche giorno addietro, con la sentenza del Tribunale di Napoli che in un attimo ha fatto decadere l’ex Premier Conte dalla Presidenza del M5S, decapitandolo, si ha la conferma che siamo nelle mani di personaggi ai quali non si può concedere alcuna fiducia; chi poteva mai prevedere che un giurista come Giuseppe Conte avrebbe commesso leggerezze tali da portarlo alla decadenza.
Ancora una considerazione, derivante dalla crisi energetica che stiamo vivendo, con le enormi conseguenze sui costi della energia che tutti stiamo pagando.
In Italia vi sono ragguardevoli giacimenti di gas, nella Pianura Padana ma pure lungo le coste del Mare Adriatico, in Basilicata e in Sicilia, giacimenti che rappresentano circa 15% del fabbisogno nazionale.
Ma sappiamo anche che ormai da circa un decennio questi giacimenti non vengono utilizzati per una insensata politica, alimentata da pseudo ambientalisti che hanno coinvolto forze politiche come il M5S: frattanto i giacimenti di gas dell’Adriatico vengono utilizzati dalla Croazia.
Il che sta a significare che, pure avendo ragguardevoli giacimenti di gas, siamo costretti a importare il gas dai paesi dell’est, ovviamente a condizioni da essi imposte.
A questo si deve aggiungere che la “verde” Italia, per evitare pericoli derivanti dalla energia nucleare, nel 1987 con un referendum chiuse le nostre centrali.
Non ci fu verso di far capire ai cittadini che in Francia, in Germania, in Svizzera e in Spagna, erano installate diecine di centrali, quindi non eravamo immuni, come non lo siamo ora, da pericolose radiazioni. La Francia ne ha una cinquantina, ne sta costruendo altre sei e conta di metterne in cantiere altre otto: da qui al 2050, avrà altre 14 centrali in funzione.
E se qualcuno viene a dire che oggi esistono centrali molto più sicure, e che potremmo incominciare a prendere in considerazione una politica energetica basata anche sul nucleare, viene guardato come un personaggio pericoloso.
E allora, quale futuro ci attende?
Ben vengano Mattarella e Draghi, ma se non cambierà il sistema elettorale, se non emergeranno leader lungimiranti, se si continuerà ad andare avanti con tanti “personaggetti”, il piano inclinato che ci sta portando verso le sabbie mobili diventerà ancora più ripido.
Dobbiamo tornare a governanti che riescano a guardare al futuro con visioni lungimiranti, che non temano la impopolarità del momento, che ricostruiscano le prospettive per un vero rilancio del paese, abbandonando le strade dell’assistenzialismo, dell’utilizzo delle toppe, che non abbiano il timore di dover dire no a richieste estemporanee, che portano a soddisfazioni elettorali immediate a discapito dello sviluppo futuro.
In una parola, guardare finalmente ai futuro dei nostri nipoti, che è l’unico che veramente conta, con l’orgoglio di costruire per essi un paese migliore.
Ci riusciremo? Speriamo di sì.