I lamenti di uno sforbiciatore
Ho avuto già precedentemente l’occasione di parlare di Carlo Cottarelli, l’economista noto in mezzo mondo che si è conquistato l’apprezzamento e la simpatia di tutti coloro che apprezzano le doti di professionisti seri che non si lasciano condizionare dalla politica e che hanno anche il dono di riuscire simpatici per il loro modo di comportarsi: ancora ricordo il prof. Cottarelli, invitato dal Presidente Mattarella per ricevere il mandato esplorativo per formare un nuovo governo, che attraversa il portone del Quirinale con uno zaino sulla schiena, sorridendo a chi lo applaudiva.
Ho scritto precedentemente che ho un debole per le persone veramente di livello, in ogni campo, e di Carlo Cottarelli la rete è piena di notizie in merito ai suoi studi, alle sue specializzazioni, agli incarichi ricoperti in Europa e fuori, e a quelli che ancora ricopre in Italia, e al ruolo che tuttora ricopre presso l’Università Cattolica dove guida l’Osservatorio dei conti pubblici.
Nel novembre 2013 venne nominato dal Governo Letta Commissario straordinario per la Revisione della spesa pubblica: da allora la stampa gli appioppò in soprannome di “Mister Forbici”; poi Renzi lo confermò in tale incarico, salvo poi a dimenticarsene e gradualmente a sbarazzarsene con tanti ringraziamenti e sperticate assicurazioni che la politica avrebbe fatto tesoro delle sue indicazioni: promesse di marinaio!
Nel mese di aprile scorso “Mister Forbici” venne intervistato da un giornale economico in merito ai suoi studi su come tagliare la spesa pubblica relativamente agli acquisto di beni e servizi effettuati dalla pubblica amministrazione, che comportano una spesa annua di circa 91.miliardi di Euro, spesi per la maggior parte in piena autonomia dalla miriade di uffici pubblici:: dalla penna all’autovettura di servizio, senza il minimo criterio economico del cosiddetto “buon padre di famiglia” il quale, prima di comprare uno zaino al figlio studente, quanto meno interpella due o tre rivenditori per poi acquistare dove, a parità di qualità, spende di meno.
Anche nel settore pubblico si dovrebbe seguire questa linea di condotta, e lo strumento c’è ed è pure funzionante: venne istituita, alcuni anni addietro, una centrale unica di acquisto, denominata “Consip”, (originariamente “Concessionaria Servizi Informativi Pubblici” che oggi ha ampliato il raggio di azione) una spa costituita dal Ministero dell’Economia e Finanza alla quale doveva rivolgersi tutto il settore pubblico per i vari acquisti; la Consip venne coinvolta qualche anno addietro in uno scandalo che interessò, sembra indebitamente, anche Tiziano Renzi, padre dell’ex Premier Matteo, che sembra essere stato il vero obiettivo di una congiura.
La Consip, acquistando per tutto il settore pubblico, riesce a spuntare prezzi molto bassi: basti pensare che per una city-car, acquistata tramite Consip, si spendono 7520,00 euro, acquistata altrove costa oltre 9.mila euro, oltre il 20 per cento in più. Se tutti acquistassero tramite Consip, lo Stato risparmierebbe circa 40 miliardi di danaro pubblico.
I sistemi in base ai quali Consip riesce a spuntare prezzi tanto convenienti sono basati su contratti che la essa stipula con vari fornitori aggiudicatari delle gare, con impegni degli stessi a fornire a prezzi e condizioni prestabiliti, indubbiamente convenienti trattandosi di forniture di grossi quantitativi: criterio molto simile a quello seguito dalla grande distribuzione, che riesce a vendere al dettaglio a prezzi concorrenziali in quanto acquista grandi quantitativi di prodotti; i fornitori guadagnano poco, ma in compenso vendono grandi quantitativi di merci, e l’acquirente finale trova i prezzi convenienti rispetto ai negozietti.
Sembra l’uovo di colombo, ma evidentemente non è così, almeno per la pubblica amministrazione. Infatti, il progetto di Cottarelli, tramutatosi in un decreto e poi in una legge del 2014, non piacque, in quanto riduceva le circa 35.mila centrali di acquisto, in solo 35 (leggasi trentacinque) tra le quali appunto Consip. Non vi erano più “margini di manovra per la salvaguardia di vari interessi” (!), e così, in barba alla legge, le centrali di acquisto sono rimaste le stesse, Consip continua a fornire beni per una percentuale irrisoria di merci e servizi: chi faceva affari, continua a farli, chi aveva interessi continua ad averli, e tutti sono felici e contenti!
“Sarebbe auspicabile, ha concluso Carlo Cottarelli, che qualsiasi amministrazione locale o centrale facesse acquisti tramite la Consip e le altre stazioni appaltanti centralizzate (le 35 alle quali si accennava: ndr)”.
Purtroppo la realtà è un’altra; alla Consip vengono destinati solo 8,2 miliardi degli acquisti, circa il 9 per cento.
Questione di inapplicabilità della legge, o altro?
Affatto, è solo una questione politica, in quanto, come di consueto, la piovra della nostra politica si è lavata la faccia e le mani varando una legge che consentirebbe notevoli risparmi sugli acquisti, ma poi ha fatto finta di dimenticare che, anno per anno, i risultati dovevano essere monitorati per emanare eventuali correttivi.
Così le cose sono andate nel dimenticatoio, e fiumi di quattrini pubblici continuano ad essere sperperati e nessuno sembra in grado di intervenire; probabilmente prima o poi la Corte dei Conti aprirà quale occhio, e magari sentenzierà in merito a sprechi che si sarebbero potuti evitare; ma, conoscendo i tempi delle giustizia, anche di quella contabile, c’è qualche dubbio che lo Stato riuscirà ad incamerare parte delle somme spese male, anche perché si dovrebbe dimostrare che lo si è fatto per interessi personali di politici, burocrati, pubblici amministratori, e di tanti altri personaggi che affollano il sottobosco della politica, e con tutte le leggi super-garantiste (alias: a favore di furbi e delinquenti) che ci ritroviamo, questi signori una scappatoia la troveranno, e così… campa cavallo … in tutti i sensi!
“E io pago” come diceva l’indimenticabile Totò.