Sinceramente non so più come chiamarlo; inizialmente si chiamava “Coronavirus”, ma subito dopo lo avevano chiamato “Covid-19”, non prima di averlo denominato “Sars-Cov-2”, come qualcuno, anche nelle sfere alte della politica, continua a chiamarlo, anche nell’ultimo DPCM del 13 ottobre 2020.
Insomma, una gran confusione anche nella terminologia: se fosse la sola, potremmo passiamoci sopra.
Il problema, però, è che alla confusione dei nomi del maledetto virus se ne affiancano altre, e nella follia complessiva di questa recrudescenza della pandemia e della ripresa dei contagi, si affianca anche quella della burocrazia che ha compilato il nuovo DPCM firmato da Conte il 13 ottobre, una “lenzuolata” che alle 20 pagine del Decreto fa seguire 198 pagine dell’Allegato che ne diventa parte integrante.
Quindi chi si vuole divertire, vada sul sito del Governo e se lo legga tutto, e tanti auguri.
Ma la vera follia sta in alcuni passaggi che probabilmente una persona sana di mente mai avrebbe dovuto scrivere, e non perché non siano disposizioni condivisibili, ma perché sono di fatto inapplicabili.
Un esempio lampante è dato dal divieto di riunirsi in luoghi privati, pure abitazioni, per più di sei persone, le quali, se non fanno parte del nucleo familiare dell’ospitante, debbono obbligatoriamente indossare la mascherina: ovviamente dovranno indossarla pure gli ospitanti.
Io di fronte a tanta ingenuità trasecolo, specialmente guardando le foto e i video degli assembramenti negli spazi pubblici dove tutti vedono folle di persone accostate e senza mascherine, ma nessuno interviene, men che mai Polizie e Carabinieri.
Mi chiedo: se non si riescono a contenere e arginare le folle di potenziali contagianti e contagiati, come si pretende di individuare, scoprire e sanzionare più di sei persone riunite in un’abitazione?
La verità di tutta questa follia è da ricercarsi nella difficoltà di trovare un equilibrio tra l’economia e la pandemia, giacché, volendo ragionare con un minimo di razionalità, si potrebbero o dovrebbero percorrere due strade diametralmente opposte.
Una porta verso una nuova chiusura totale, un nuovo confinamento, un ulteriore lockdown, che tutto sembra consigliare: ma se si facesse, si darebbe un ulteriore duro colpo alla economia già pesantemente colpita da quello primaverile, con conseguenze imprevedibili anche per l’ordine pubblico; chi non ha più le risorse per comprare il pane, e non sa dove sbattere la testa per dar da mangiare ai familiari, non si sa quale reazione potrebbe avere.
L’altra porta verso una liberalizzazione totale di tutto, che ciascuno faccia ciò che vuole, e chi vivrà vedrà, una immunità di gregge fatta ma non dichiarata, peggio di quella auspicata da Trump e Jhonson, i quali poi non l’hanno nemmeno realizzata.
Ovviamente né l’una e né l’altra strada sono percorribili, quindi Conte fa quel che può, dice e non dice, minaccia in privato ma chiude gli occhi in pubblico; e non c’è chi possa dargli torto, nessuno, di qualsiasi schieramento politico, potrebbe fare diversamente, e quindi si va avanti così e che Dio ce la mandi buona.
C’è anche chi auspica un nuovo lockdown generalizzato, ma attende il momento opportuno, come, ad esempio le festività natalizie e di fine anno: ma pure questa sembra una ridicolaggine perché con le scuole chiuse, il traffico ridotto, le metropolitane e i bus alleggeriti, andare a colpire in quei quindici giorni gli esercizi pubblici, che potrebbero avere un beneficio proprio da quelle festività, è una vera cattiveria.
Magari si potrebbero evitare i cenoni e i veglioni, il che farebbe bene alla salute e alla tasca anche degli impenitenti “goderecci”, ma chi li manterrà buoni i gestori degli alberghi, ristoranti e locali simili?
Senza eccessivi arzigogoli, le norme essenziali del nuovo DPCM sono le seguenti: =Mascherine obbligatorie in casa e all’aperto, ma con qualche eccezione. =Distanziamento fisico, divieto di assembramento, rigorose misure igieniche. =Divieto di uscire con temperatura oltre 37,5° con obbligo di chiamare il medico; multe da 400 a 1000 euro per i trasgressori. =Quarantena obbligatoria per chi risulta positivo al Coronavirus; multe da 500 a 5000 euro per i trasgressori. =Feste vietate nei locali o all’aperto. Se legate a cerimonie religiose non più di 30 persone. =Feste in abitazioni: con non più di sei persone. =Ancora sospese le attività di discoteche, sale da ballo e similari. =Chiusura non oltre le ore 24 di bar, baretti, pizzerie e ristoranti con consumazione ai tavoli. =Chiusura non oltre le ore 21 per i locali con consumazioni in piedi dentro e fuori. =Divieto di assembramento all’interno e fuori dei locali pubblici. =Sport amatoriali di contatto, come calcetto, vietati. =Attività scolastiche consentite, ma vietate gite e viaggi culturali.
In verità niente di nuovo rispetto alle norme precedenti: mi chiedo se ci fosse bisogno di 20 pagine più altre 198 per ripete quello che già si sapeva.
C’è una grande ipocrisia anche nel nuovo decreto, riguardo al trasporto pubblico di linea, che dovrebbe essere organizzato nel rispetto degli obblighi già previsti (art. 9 del DPCM): ma come la mettiamo con le metropolitane, i bus, i treni dei pendolari, e tutti gli altri mezzi di trasporto sui quali si viaggia come sardine, specialmente dopo l’apertura delle scuole?
A tal proposito qualcuno ha sostenuto che di questo problema non si possono incolpare le Regioni; vorrei capirne il motivo, se funziona, come in tante Regioni, va bene la competenza regionale; qualcuno dovrebbe spiegare perché dove non funziona la responsabilità sia di altri.
E’ comunque chiaro che le Regioni potranno intervenire solo per disporre maggiori restrizioni, come ha appena fatto il Governatore De Luca il quale, mentre scrivo, ha disposto la chiusura fino al 30 ottobre delle attività didattiche nelle aule, consentendo solo quella a distanza.
Un riepilogo delle disposizioni del Governatore campano (Ordinanza 79/15.10.2020) è nell’articolo pubblicato lo stesso giorno su questo giornale.
Ma io nutro qualche perplessità anche sulla ventilata crescita dei contagi in questo periodo, che molti sostengono essere superiore a quella della fase.1.
A tal proposito Il Prof. Paolo Bonanni, Epidemiologo e Ordinario di Igiene dell’Università di Firenze, ha appena detto che, a suo avviso, si sta facendo un allarmismo infondato, pubblicando sul Corriere della Sera – Salute del 15 ottobre, una sua riflessione sull’attuale aumento dei contagi rispetto a quelli della primavera scorsa.
Il Prof. Bonanni è dell’avviso che non si possono fare paragoni in quanto ora il numero dei tamponi effettuati è 6-7 volte più alto rispetto a quelli effettuati la scorsa primavera; allora si controllavano solo le persone con sintomi compatibili con un’infezione da Covid, o addirittura in situazioni gravi, adesso i controlli vengono effettuati “a tappeto”, i positivi vengono cercati tra i “contatti”, cioè tra le persone che hanno avuto a che fare con un positivo anche se sono, ed è la maggioranza dei casi, asintomatici. I tamponi ora vengono fatti anche a persone sotto i 50 anni indipendentemente dai sintomi. E’ evidente, quindi, che aumentando il numero dei soggetti controllati, se ne scoprono anche di più bisognosi di cure specifiche. In primavera su 100 tamponi effettuati circa il 25% risultavano positivi, ora la percentuale à intorno al 4-5%.
Quindi i numeri non sono confrontabili, e questo è di conforto.
Ma al di là di ogni considerazione voglio concludere con una acuta riflessione di un amico su FB: “Quelle cose che si possono fare con minimo sacrificio per evitare il diffondersi del virus, facciamole subito. Quelle che, per realizzarle, occorre tempo, investimenti, progettualità spingiamo le istituzioni, che si facciano nel più breve tempo. E’ assolutamente autolesionistico e da irresponsabili inculcare nella gente il concetto che siccome nei mezzi pubblici si verificano i sovraffollamenti è inutile evitare festini, portare sempre la mascherina all’esterno e quant’altro. Il virus si propaga dove trova terreno favorevole. Cerchiamo, ognuno per la sua parte, di togliergli quel poco di terreno possibile da sotto i piedi. Facciamolo finché non avremo trovato e prodotto per tutti questo benedetto vaccino”.
Molto buon senso, che dovrebbe essere prerogativa di tutti.