Esperienze ospedaliere vissute da un paziente
Molti ne parlano per sentito dire, spesso influenzati dai social-media, sui quali tutti si sbizzarriscono a pubblicare esperienze solo per sentito dire
Tutti parlano del Sistema Sanitario Nazionale, e bene fanno perché della Sanità pubblica nel nostro paese più si parla e meglio è, purché lo si faccia con cognizione di causa.
Purtroppo, non sempre chi ne parla è bene a conoscenza della sanità in genere e del sistema ospedaliero in particolare, spesso perché, per sua fortuna, non ha avuto necessità di sperimentarlo di persona.
Molti ne parlano per sentito dire, spesso influenzati dai social-media, sui quali tutti si sbizzarriscono a pubblicare esperienze solo per sentito dire e tante volte da ignoranti della materia: non dimentichiamo ciò che diceva Umberto Eco, e cioè che i social media hanno dato la parola a tutti, pure agli ignoranti.
A proposito del Sistema Sanitario Nazionale, la prima cosa da ricordare è che, sulla base della sciagurata modifica del Titolo V della Costituzione, esso venne affidato alle Regioni, e questo ha comportato un moltiplicarsi di spese, com’è accaduto anche in Campania, ma non solo, con conseguenti interventi di risanamento.
Ovviamente, per fortuna, non tutto il mondo è paese, e vi sono state Regioni che hanno dimostrato la loro efficienza, specialmente quelle che dal Lazio vanno verso il Nord.
E, nonostante la Campania vanti una tradizione sanitaria di grande rispetto, le continue e spesso martellanti notizie di deficienze assistenziali, hanno comportato il proliferare dei viaggi della speranza verso le strutture sanitarie del Centr0-Nord.
Si comprende che, come tutto, i perni intorno ai quali ruotano i sistemi sono fatti da uomini, quelli efficienti creano strutture efficienti e affidabili, gli altri no, purtroppo per i pazienti; diversamente non si spiegherebbe come, in una stessa struttura ospedaliera, vi siano reparti organizzati e affidabili, e altri nei quali impera il caos.
Chi scrive ha sempre nutrito fiducia nella Sanità pubblica, e raramente si è rivolto a quella privata, ma non aveva sperimentato una esperienza di lungo-degenza, purtroppo avuta nell’ultimo periodo, venendo a conoscenza diretta delle diverse realtà sanitarie sperimentate, pubbliche e private.
E si è dovuto rendere conto che nella Sanità pubblica vi sono sprechi enormi, la maggior parte dei quali dipendono dalla incuria degli operatori.
Spesso mi sono accapigliato con coloro che lamentano il costante decrescere dei finanziamenti destinati alla Sanità pubblica, che vengono maliziosamente attribuiti alla volontà di dirottare le risorse finanziarie verso la Sanità privata.
La mia opinione è che il finanziamento della Sanità pubblica dovrebbe essere ulteriormente ridotto, responsabilizzando adeguatamente i dirigenti e il personale ad agire con “la diligenza del buon padre di famiglia”, frase mai troppo abusata giacché solo così il nostro paese potrà recuperare risorse economiche dopo decenni di malgoverno e sprechi, e non solo nella Sanità.
Il buon padre di famiglia spegne le luci nelle stanze non utilizzate per evitare di consumare elettricità e di far crescere la bolletta, o riduce le spese non indispensabili in periodi di crisi: perché non farlo anche nelle strutture pubbliche, e non solo quelle sanitarie?
Quello che ho scritto è frutto della esperienza personale vissuta per tredici giorni presso l’Ospedale San Leonardo di Salerno, presso il quale ho subito anche un delicato intervento chirurgico, seguito da un breve periodo di degenza post-operatoria, per poi essere trasferito presso una struttura privata di fisioterapia e riabilitazione assegnatami dall’Asl.
E già dal confronto tra struttura pubblica e privata sono emerse le diversità.
Voglio introdurre ora un altro argomento sempre riguardante la problematica sanitaria, ma facendolo precedere dal breve racconto di una personale esperienza.
Per motivi familiari ho dovuto frequentare per un non breve periodo il Policlinico Gemelli di Roma, una struttura mastodontica, che se non fosse bene organizzata non avrebbe potuto sopravvivere.
All’epoca (trent’anni fa) la informatizzazione non era spinta come ora, e alla ricezione veniva quotidianamente fornito un tabulato con centinaia di pagine nelle quali alfabeticamente erano elencati i pazienti ricoverati, con riferimento ai reparti.
Nello stesso periodo ebbi necessità di cercare un amico ricoverato presso l’Ospedale di Cosenza,
Oggi i posti letto del Policlinico Gemelli sono 1.536, quelli dell’Ospedale di Cosenza sono 400, ma all’epoca erano certamente di meno.
Per cercare il paziente ricoverato impiegai alcune ore, per scoprire, alla fine di una laboriosa ricerca, che il poveretto era stato ricoverato in una struttura distaccata dell’Ospedale.
Con questa premessa desidero evidenziare ulteriormente come la organizzazione crea la efficienza; ma la organizzazione non si improvvisa, ora è fatta da specialisti, all’epoca da uomini di buona volontà che, probabilmente anche sbagliando, hanno fatto del loro meglio per dare agli utenti e al pubblico un minimo di efficienza.
E concludo raccontando un’altra diretta esperienza vissuta circa trent’anni fa.
All’epoca fu necessario accompagnare una famigliola amica presso l’Ospedale Civile di Brescia, dopo aver preso contatti con il Primario di Ostetricia e Ginecologia, e anche di Endocrinologia della struttura la quale, all’epoca e anche attualmente, era denominato “Spedale”.
Il plurispecialista era un medico originario della Calabria, il Prof. Leopoldo Falsetti il quale, interessato telefonicamente sulla problematica che affliggeva la figlia adolescente, e sulla eventuale necessità di un ricovero della giovinetta, aveva fissato un appuntamento presso il suo studio privato.
La scena dell’ingresso nello studio rimane indimenticabile nella memoria dei genitori: “Questa ragazza è affetta da …”, diagnosticò lo specialista.
Dopo l’esame della documentazione e la visita alla ragazza, il Prof. Falsetti ne confermò il ricovero alla sua segretaria presso l’ospedale.
Salone di ingresso dello Spedale di Brescia
L’ingresso dello stesso è costituito da un salone lunghissimo lungo le pareti del quale sono esposti numerosi dipinti, ma nonostante la vastità del luogo regnava un silenzio quasi religioso.
Alle ore 19,00 l’ufficio accettazione dei ricoveri era ancora operativo, la giovinetta era già registrata ed era attesa; immediatamente venne trasferita al reparto, e ai preoccupati genitori, che avrebbero voluto rimanere accanto alla figlia, premurose infermiere assicurarono che non era possibile ma non avevano nulla da preoccuparsi: “La prendiamo in carica noi, in qualsiasi momento potete chiamarci al telefono del reparto”.
Non voglio dilungarmi ulteriormente, i risultati della degenza ospedaliera confermarono la diagnosi già fatta dal Primario, il quale, alla fine, prescrisse una prima terapia di sei mesi e tutte le analisi che la giovinetta avrebbe dovuto poi fare, e richiedere una ulteriore visita di controllo.
Alla conclusione della quale il Prof. Falsetti disse: “Io vi ho chiesto di venire per il controllo, non mi dovete nulla”.
Altri tempi? No, altri uomini!