Il giornalista venne ammazzato il 20 marzo 1979
Abbiamo sempre lamentato che, dalla morte del giornalista Andrea Purgatori, non abbiamo più avuto l’aggiornamento che egli settimanalmente ci forniva sui casi che seguiva, tra i quali quello di Emanuela Orlandi, scomparsa il 22 giugno 1983, uno dei tanti che continua ad appassionare il pubblico.
Fortunatamente ci sono persone, come il fratello della povera Emanuela, che non tralasciano occasioni per riportare quel mistero alla cronaca.
Pochi giorni fa Pietro Orlandi, fratello della giovinetta scomparsa, ha reso noto che di quel caso si è occupato anche il giornalista Mino Pecorelli, ammazzato il 20 marzo 1979 a Roma.
In verità tra la morte del giornalista Pecorelli (20 marzo 1979) e la scomparsa di Emanuela Orlandi (giugno 1983) ci sono quattro anni di distanza, cosa che fa apparire improbabile che, quattro anni prima della scomparsa della ragazza, del caso se ne fosse interessato il giornalista ammazzato.
Ma in questa vicenda, che ha tantissimi aspetti oscuri, nulla è impossibile; quindi prendiamo per buono anche questa ipotesi, che è suffragata dalla credibilità di Pietro Orlandi.
Vediamo, prima di tutto. chi è Mino Pecorelli.
Mino (diminutivo di Carmine) Pecorelli, nato a Sessano del Molise il 14 giugno 1928, è stato un avvocato, scrittore, giornalista e fondatore dell’Agenzia di stampa “OP – Osservatore Politico” dalla quale nacque, nel 1968, l’omonima rivista, dedicate ad indagini politiche e sociali.
La sua morte, certamente connessa alle numerose indagini che scrupolosamente faceva, come anche le inchieste di Andrea Purgatori hanno confermato, aprono uno squarcio inquietante su un periodo buio della nostra storia recente, evidenziando come la ricerca della verità possa diventare un percorso pericoloso, soprattutto quando intreccia sfere di potere come Stato, Chiesa, Massoneria e criminalità organizzata.
In tale ottica il caso Orlandi, così come la morte di Pecorelli, rimangono avvolti in un velo di mistero, con tante domande ancora senza risposta.
Mino Pecorelli si distingueva per il suo approccio coraggioso e scomodo al giornalismo.
La sua uccisione nel 1979, con modalità che indicano una punizione per aver “parlato troppo”, segna un punto cruciale nella storia del giornalismo italiano.
Pecorelli, etichettato da alcuni come ricattatore (ma non vi sono mai state prove in tal senso), era ammirato da tanti per la sua indipendenza da poteri politici ed economici, indipendenza con la quale ha contribuito significativamente a svelare realtà nascoste.
Come, ad esempio, il traffico di armi con la Libia e l’organizzazione clandestina “Anello”, legata alla vicenda della “Gladio”, una organizzazione paramilitare, frutto di una intesa tra la CIA ed i servizi segreti italiani, organizzata per contrastare una possibile invasione nell’Europa occidentale da parte dell’Unione Sovietica e dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia, ma in particolare della Jugoslavia di Tito, che, in concreto, era il principale pericolo per il blocco occidentale.
Non sono da sottovalutare, nel pozzo di San Patrizio dei misteri di questo paese, la connessione con la Loggia Massonica P2 e il Vaticano.
Pecorelli aveva infiltrato la loggia massonica P2, scoprendo una lista di membri che includeva importanti figure ecclesiastiche.
Il suo lavoro ha portato alla luce l’esistenza di una “Gran loggia vaticana”, rivelando l‘appartenenza di 121 alti prelati a una loggia massonica.
Tra questi, figuravano nomi collegati al caso della scomparsa di Emanuela Orlandi, come Agostino Casaroli e Ugo Poletti, evidenziando un intricato puzzle di connessioni e segreti.
Un elemento inquietante di questa vicenda è il documento consegnato da Mino Pecorelli a Papa Giovanni Paolo I, Albino Luciani, che morì in circostanze misteriose la stessa notte.
La morte del Papa, dopo soli 33 giorni di pontificato, diede origine a numerose speculazioni e teorie di complotto, specialmente considerando il contesto di potere e segretezza del Vaticano.
Pietro Orlandi ha recentemente reso omaggio al lavoro investigativo del compianto Mino Pecorelli e di Andrea Purgatori, autore di un’inchiesta che illumina il contesto oscuro degli anni ’70 e ’80 in Italia.
Questo contesto, caratterizzato da legami tra Stato, Chiesa, Massoneria e criminalità, forse continua a nascondere verità fondamentali sul rapimento di Emanuela Orlandi, scomparsa nel 1983.
E proprio per questo non è improbabile che anche Pecorelli abbia dato il suo contributo al caso Orlandi.
Un fatto è comunque certo: se Pietro Orlandi, che con tanta determinazione sta seguendo il mistero della scomparsa della sorella e sta seguendo tutte le piste che potrebbero portare a risolvere il mistero, asserisce che anche Pecorelli sia subentrato nelle indagini, certamente ha le sue buone ragioni, e bisogna dargli credito.
Noi confidiamo anche sulla diponibilità che ora la Città del Vaticano ha dimostrato, grazie a Papa Francesco, alla soluzione dei misteri legati alla scomparsa della ragazza.
Sarà la volta buona?
C’è da augurarselo.