scritto da Nino Maiorino - 28 Maggio 2020 13:42

Effetto Coronavirus, la “tracciabilità digitale”

Si sta parlando, da qualche settimana, della “tracciabilità digitale” degli spostamenti, finalizzata ad individuare il percorso di una persona nei giorni precedenti alla diagnosi di contagio da Covid-19, in maniera da poter individuare con chi è entrato in contatto e sottoporre anche queste persone ai test di contagio.

La cosa non deve apparire tardiva in quanto, se è vero che i contagi sembrano fortunatamente calati, è anche vero che non c’è la certezza che l’attuale Fase 2 preluda effettivamente ad avviare un periodo di maggiore liberalizzazione, visto che in questo anarcoide paese basta dare un dito perché tanti prendano tutto il braccio: lo testimonia ciò che avviene il venerdì e il sabato sera in tante città italiane, la nostra compresa.

Quindi, è necessario prevedere una nuova recrudescenza e attrezzarsi per contenerla più efficacemente che in passato.

La “Tracciabilità digitale”, pertanto, è una buona idea ma, come tutte le cose fatte in Italia, ha suscitato tante polemiche e tanti dubbi.

Cerchiamo di capire di cosa si tratta, come funziona e quali sono i vantaggi e gli svantaggi che essa comporta.

La “tracciabilità digitale – digital contact tracking” avviene già da anni nel campo commerciale e di marketing, e consente la memorizzazione dei dati relativi a prodotti, clientela, fornitori, situazioni socio-economiche, ecc.; in tal modo si riescono a prevedere periodicamente i flussi di prodotti che dovranno essere realizzati per soddisfare le prevedibili richieste.

Anche in campo sanitario è stata qualche volta utilizzata, in occasione di recenti epidemie più o meno gravi. Il nostro paese non l’ha mai fatto, ma giacché ora la pandemia è particolarmente pericolosa, anche qui se ne sta parlando.

La tracciabilità è stata già autorizzata anche dalla OMS-Organizzazione Mondale della Sanità, secondo la quale deve rispondere all’acronimo T.T.T.T: Trova il contagiato e isolalo, Testalo, Tratta ogni caso, Traccia ogni contatto.

Essa è possibile solo per chi usa un telefonino adatto alla navigazione, uno Smartphone (tecnologia Google-Android) o un iPad (tecnologia Apple), sui quali volontariamente dovrebbe scaricare l’Applicazione.

Essa è basata su tecniche di avanguardia che conciliano l’esigenza di salvaguardare la “privacy” del cittadino con quella di sapere chi ha frequentato nei giorni precedenti alla scoperta dell’avvenuto contagio.

I dati identificativi del contagiato non vengono memorizzati, ma vengono trasformati in stringhe anonime di numeri causali non legati alla identità delle persone e che cambiano ogni 20 minuti circa e inviati tramite la tecnologia Bluetooth. A fine giornata il sistema si collegherà a un database con l’elenco delle persone risultate positive ai test del Coronavirus.19 e, se accerterà una rispondenza tra i segnali memorizzati e quelli di chi è stato contagiato, l’utente a rischio verrà contattato e invitato a recarsi dalle Autorità Sanitarie preposte.

Il sistema, così come indicato, dovrebbe garantire al massimo la vita privata delle persone, in quanto la memorizzazione dei dati verrà gestita da una entità pubblica che garantirà che essi non saranno mai utilizzati per scopi diversi da quello per il quale sono stati acquisiti.

Una delle “App” di cui più diffusamente si è parlato è chiamata “Immuni”, creata dalla “Bending Spoon”, leader tra gli sviluppatori di applicazioni mobili, alla quale sta lavorando anche il “Centro Medico Santagostino”; questa “App” sembra la preferita del nostro Governo.

Ma non è la sola applicazione che si occupa della materia in quanto ve ne sono già altre che alcune Regioni autonomamente stano cercando di sperimentare: al solito in Italia ognuno va avanti per proprio conto, complice la dissennata riforma del Titolo V della nostra Costituzione.

In Lombardia già viene utilizzata l’ “Allerta-Lom”, messa a punto dalla Holding regionale Aria spa.

Anche nel Lazio si sono dati da fare e ne sono state create altre, una delle quali si chiama “Latio Doctor per Covid”, e l’Azienda Sanitaria Locale non è stato a guardare e ne ha adottata un’altra chiamata “ADLife Covid-19”.

La Sicilia non è stata da meno e ha avviato un’App che si chiama “Sicilia si.cura”.

Insomma, come al solito: avanti compatti, ma sparpagliati!

Abbiamo già accennato ad uno degli aspetti più controversi della adozione di tali applicazioni, vale a dire il conflitto della tracciabilità digitale che si scontra con il diritto alla riservatezza dei propri spostamenti. Ovviamente, per quanto anonima, l’applicazione ha bisogno di acquisire alcuni dati di base, tra i quali il Cap per individuare la zona, l’età, le condizioni di salute; sembra anche che i cittadini che accetteranno non riceveranno alcuna risposta in merito alla indicazione dei dati inseriti. Né si sa se a un certo punto il cittadino potrà esercitare il diritto di recesso.

Altra considerazione è che l’adozione della tracciabilità sarà limitata nel tempo, ma comunque presupporrebbe una modifica dell’attuale normativa sulla tutela della vita privata la quale, così com’è adesso, potrebbe non consentirla.

Ma c’è anche da dire che la legge istitutiva della tutela della vita privata prevede che le norme possano subire limitazioni per finalità superiori connesse alla sicurezza e all’interesse pubblico, per una durata limitata al solo periodo emergenziale, e questo riteniamo possa essere uno di tali casi; infatti l’art. 14 del recente DL Sanità (n. 14/2002) autorizza gli operatori della Protezione Civile, l’Istituto Superiore della Sanità e le Strutture del Servizio Sanitario Nazionale al trattamento dei dati sanitari dei pazienti.

Alla luce di queste norme l’adozione di un’App di tracciamento è certamente consentita. C’è solo l’incognita che all’interno della stessa maggioranza di governo si incominciano a fare i capricci.

In ambito europeo è ammesso che all’interno di ciascuno dei paesi membri si adottino misure necessarie, opportune e appropriate per la salvaguardia della sicurezza e della salute pubblica.

Una considerazione conclusiva è la convinzione che tutto ciò che contribuisce a venire prematuramente a conoscenza di persone contagiate non può che fare bene alla comunità e al mondo intero, e i cittadini responsabili certamente non si sottrarranno alla stessa, pure se dovranno rinunziare agli indubbi vantaggi della tutela loro vita privata.

Se la cosa dovesse proseguire su questi binari, potrebbe avvenire, tra qualche mese, che le varie “App” siano attive contemporaneamente, e che quella adottata dal Governo centrale possa essere in contrasto con quelle adottate dalle singole Regioni, il che porrà due problemi: il primo riguarda la compatibilità tra il sistema nazionale e quello regionale, e il secondo la necessità che due sistemi possano “colloquiare” fra loro; se così non fosse si andrebbe ad accrescere la confusione e porterebbe a risultati irrisori ma comunque costosi: è vero infatti che l’utente finale, cioè il cittadino, può scaricare l’applicazione gratuitamente, ma il suo costo graverà comunque sulle già disastrate finanze pubbliche e, alla fine, sulla intera comunità.

Una considerazione finale è che il sistema, qualunque sia, non potrà essere utile se a esso non aderirà, sembra, almeno il 60.% della popolazione: al di sotto potrebbe risultare del tutto inutile.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

Una risposta a “Effetto Coronavirus, la “tracciabilità digitale””

  1. 28 maggio 2020. By Nino Maiorino. In merito a questo articolo, rileggendolo mi sono reso conto cdi aver usato qualche termine usuale per chi bazzica un poco di informatica ma ostico per altri. Chiedo scusa e cerco di chiarire meglio alcuni aspetti legati alla “tracciabilità digitale”.
    La “tracciabilità digitale” che viene fatta per operazioni commerciali è molto diversa da quella che si farà per la individuazione di eventuali contagiati perché, nel caso specifico, deve essere garantita al massimo la tutela della “privacy” degli eventuali contagiati.
    La “stringa”, termine usato dagli informatico, è una successione di caratteri alfa-numerici che viene registrata nella memoria di un altro supporto informatico: nel caso nostro, se la stringa viene composta sul mio telefonino, essa sarà trasferita, con il sistema Bluetooth, in un archivio che giace su un diverso supporto informatico.
    Il sistema “Bluetooth” è un metodo di comunicazione a microonde che consente al possessore di un computer, cellulare, ecc. di collegarsi e comunicare con un altro pc o cellulare o archivio elettronico.

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