Questo articolo lo voglio dedico in particolare a tutti coloro che, nonostante l’aumento vertiginoso dei contagi e dei morti, ancora si ostinato a negare la esistenza del virus o la sua pericolosità, ancora protestano contro del misure restrittive che il Governo le Regioni, in particolare la nostra, hanno introdotto e probabilmente saranno inasprite, ancora vorrebbero girovagare liberamente a tutte le ore del giorno e della notte come se il problema non esistesse.
Ricordando ad essi che ciascun contagiato è un pericolo per se stesso e per altri (l’indice di contagio si sta avviando alla drammatico valore di 1/4, un contagiato infetta quattro persone), quindi danneggia se stesso e i familiari con i quali convive.
Ma penso che la testimonianza più efficace dell’inferno nel quale un contagiato viene catapultato sia il sistema migliore per far ricredere gli agnostici, e per questo motivo è bene pubblicare la testimonianza del collega Massimo Giannini, Direttore de “La Stampa”, che è stato contagiato ed è stato ricoverato per tre settimane in terapia intensiva presso il Policlinico Gemelli di Roma e fortunatamente è stato dimesso guarito.
Giannini all’inizio della degenza dall’Ospedale inviò un editoriale, del quale ho dato notizia nei giorni scorsi, per raccontare la sua esperienza e richiamare l’attenzione sulla necessità del rispetto delle regole per evitare l’aumento dei contagi.
Dimesso dall’Ospedale, martedì 27 ottobre ha raccontato la sua triste esperienza nel programma “Otto e mezzo” di Lilli Gruber, spiegando cosa vuol dire entrare nei gironi infernali delle terapie anticovid, che egli ha percorso per 3/4: le cure gli hanno evitato l’ultimo stadio, quello della intubazione.
E’ ancora positivo, quindi è in isolamento a casa dopo esser stato dimesso.
Niente meglio delle sue parole possono spiegare quello che soffre un ammalato infettato dal Covid.
«La cosa che mi ha colpito più di tutto è vedere quanti giovani stanno male – ha detto Giannini – quante persone ricoverate sono in condizioni gravi, e anche la procedura che non conoscevo, la pronazione, un’esperienza che tutti devono conoscere quando parlano del Covid come una semplice influenza, io per mia fortuna non l’ho provata, sono stato solo con l’ossigeno».
«Ho visto tanto dolore, tanta sofferenza e ho visto tante persone morire. Ho vissuto settimane dure, sono stato sotto ossigeno. Adesso sto meglio, posso dire di essere stato fortunato, il peggio è alle spalle. È stata dura, perché effettivamente tre settimane – di cui sei giorni in terapia intensiva, quattro in sub intensiva e tre nel reparto “pulito sporco” – sono state un’avventura molto pesante. Ho visto tanto dolore, tanta sofferenza e tante persone morire e ho deciso di non nascondere questa esperienza perché la testimonianza di chi sta male conti più di tutti i dibattiti che stiamo ascoltando da tante tante settimane».
«Ho cercato di conoscere cosa succede in questi tre gironi danteschi – racconta Giannini – a me è stato per fortuna risparmiato dalla sorte il quarto, il più tremendo, quello della rianimazione. Il reparto “pulito sporco” è quello dopo sono ricoverati i pazienti meno gravi, coloro che stanno chiusi nella loro stanza contagiati, positivi, non possono né uscire né aprire la porta. Quella porta si può aprire solo a orari prestabiliti durante la giornata quando arrivano i medici a fare i controlli, gli infermieri per distribuire le terapie e gli operatori sanitari per pulire la stanza e rifare i letti, entrano tutti bardati, dopodiché si tolgono tutto, gettano tutto in appositivi contenitori, richiudono la porta e tu non li vedi più fino alla fase successiva».
L’incubo della pronazione: «I pronati sono quei ricoverati gravi rispetto ai quali l’ossigeno non è sufficiente – spiega Giannini – devono essere intubati, vengono prima sedati, poi intubati nei bronchi e per sedici ore vengono ricoverati sul lettino sdraiati a pancia in sotto. Sedici ore consecutive, in una posizione guidata da un rianimatore esperto. Dopodiché per le otto ore successive rigirati e messi supini e stanno per otto ore così, poi ricomincia e si può andare avanti giorni così perché i polmoni devono distendersi. Se questo succede a un certo momento verrai estubato, ti sveglierai e potrai dire “sono salvo“. In qualche altro caso purtroppo questo non succede e quando vieni estubato te ne sei andato e nessuno ti ha dato l’ultimo saluto».
L’unico aspetto positivo è che l’intubato viene trattato in regime di sedazione, che gli risparmia ulteriori sofferenze.
Semplicemente sconvolgente, tutti dovrebbero leggerlo, specialmente coloro che invocano “libertà, libertà” senza controllo, come fanno sfilando in corteo in questi giorni.