Carbone e cenere ai bimbi monelli
Befana, Carbone e cenere ai bimbi monelli
Si avvicina il giorno dell’Epifania, il 6 gennaio, e per i bambini è da un lato un giorno di festa, dall’altro un giorno triste perché, come dice l’adagio, “l’Epifania tutte le feste porta via”, e il giorno successivo riaprono le scuole, in casa si comincia a smontare l’albero e il presepe, insomma finiscono le festività natalizie e di fine anno.
La vita à fatta di tante parentesi, che si aprono e si chiudono, e con l’Epifania si chiude quella natalizia e di fine anno.
Ma la Befana non è per tutti quella vecchina con il naso bitorzoluto che, volando su una scopa, la notte dell’Epifania scende attraverso il camino, si avvicina al bimbo addormentato, legge la letterina lasciata sul comodino, e si regola se accoglierla oppure no: in genere l’accoglie, ma in alcune occasioni, considerato che quel bimbo è stato anche un po’ monello, invece del dono richiesto lascia nella calza il carbone; magari al fondo della calza c’è pure il regalino, ma è coperto da uno strato di carbonelle, a volte bucce di arancia e mandarini, pagliuzze e altre cianfrusaglie, talché il bimbo, al mattino dovrà un tantino penare.
Da piccoli almeno una volta chiunque si sarà sentito dire “Se non fai il bravo la Befana ti porta il carbone”. Probabilmente molti di noi usano ancora adesso questa frase con i figli.
Ma perché, per tradizione, il carbone è associato alla punizione che si dà ai bambini che hanno fatto i monelli?
Vediamo dunque da dove nasce la tradizione di lasciare il carbone ai bimbi monelli.
Prima di tutto, c’è da fare una precisazione: in origine non era la nostra vecchietta sulla scopa a portare il carbone nel suo sacco, ma San Nicola, figura che in molte culture ha anticipato e dato ispirazione a quella di Babbo Natale.
Per tradizione, infatti, il santo –davvero esistito, visto che parliamo di Nicola di Myra, imprigionato da Diocleziano nel 305 e nel 313 liberato da Costantino– nella notte tra il 5 e il 6 dicembre portava doni ai bambini, che lo aspettano lasciando un bicchiere di latte e un piattino di biscotti per lui e per il suo asinello.
In alcuni Paesi, come Olanda e Belgio, è il suo corrispettivo, è San Nicola di Myra a portare doni o carbone, mentre da noi sono appunto Babbo Natale e la Befana.
In sostanza Babbo Natale ora sostituisce la Befana, anche perché non c’è più una distinzione netta tra essi; un tempo Babbo Natale portava i doni la all’inizio di dicembre, la Befana li portava la notte dell’Epifania.
Al di là delle differenze culturali, tutti questi personaggi sono però accomunati da una cosa: scendono tutti dal camino.
San Nicola, infatti, che un tempo entrava dalla finestra, ha iniziato a usare i camini quanto questi si sono diffusi nelle case europee, e così pure Pietro il Moro, aiutante di “Sinterklaas – Babbo Natale”, che è legato alla figura dello spazzacamino.
Da qui l’idea di lasciare il carbone. Se un bambino era stato cattivo, e dunque questi personaggi erano arrivati nella sua casa senza doni per lui, riempivano la sua calza con quanto trovavano nel camino. Alcuni al carbone aggiungevano però anche aglio, cipolle e ramoscelli, ovvero regali sgraditi che dovevano essere un monito per i bambini monelli.
Non vogliamo però concludere prima di aver detto ai bambini “fate i buoni”, e dopo un pensiero per i tanti bambini che la Befana non sanno cosa sia, o per quei tanti che, pure conoscendola, non hanno il privilegio di essere da essa premiati o puniti.
Pensiamo a quei bimbi che sono nelle zone di guerra, o ammucchiati nei tanti campi profughi sparsi per il mondo, oppure a quelli per i quali il giorno dell’Epifania è uno come tanti altri, e magari sono costretti a faticare per sopravvivere, o a quei bambini che proprio il giorno dell’Epifania si troveranno in mare, su luridi barconi con i quali tentano di raggiungere le nostre coste, e forse non ci riusciranno perché il mare li inghiotte prima: una preghiera per tutti loro.
E buona Befana a tutti.