scritto da Nino Maiorino - 27 Settembre 2021 15:13

Cancro, il più antico caso al mondo

Il Cancro è ritenuto un malanno moderno, derivante da inquinamenti del sottosuolo, del suolo, dell’aria, per effetto di interramenti di sostanze nocive che rendono nocive le colture dei terreni inquinati, oppure per effetto dell’inquinamento dell’atmosfera derivante da esagerata produzione di anidride carbonica, o addirittura di radiazioni derivanti dalle centrali atomiche ormai diffuse dappertutto e che propagano i loro nefasti effetti anche in paesi, come il nostro, che non ne ha più.

Probabilmente queste teorie non sono del tutto fondate, perché la CBC, Canadian Broadcasting Corporation, rete pubblica televisiva canadese, ha divulgato un servizio riguardante la scoperta in Siberia dello scheletro di un uomo morto per cancro di 4500 anni fa, all’inizio dell’età del bronzo, del quale è stata divulgata anche la foto che introduce questo articolo.

La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori del quale fa parte anche uno scienziato del Saskatchewan, una provincia del Canada occidentale.

Le analisi fatte su quei resti hanno appurato che il poveretto aveva un cancro ai polmoni o alla prostata, che successivamente si era diffuso a tutto il corpo, dall’anca alla testa.

Si trattava di un uomo morto tra i 35 e i 45 anni, ed è in assoluto il più antico caso di morto per cancro finora scoperto.

Lo ha confermato anche Angela Leverse, bio-archeologa presso l’Università del Saskatchewan a Saskatoon, la quale ha detto che ci sono state scoperte simili sul cancro in resti stimati tra i 5.000 e i 6.000 anni; ma quelli riguardavano tumori non confermati o tumori che in seguito si sono rivelati benigni.

Lo studio, è stato confermato dal co-autore di Daniel Temple della George Mason University in Virginia e Vladimir Bazaliiskii della Irkutsk State University in Russia, ed è stato pubblicato su “Plos One”, una rivista scientifica edita da Public Library of Science dal dicembre 2006, la quale si è specializzata nella pubblicazione di ricerche originali riguardanti tutte le discipline di ambito scientifico.

La Lieverse ha affermato che il cancro riscontrato da lei e dai suoi collaboratori confuta la convinzione ampiamente diffusa che la malattia sia un fenomeno moderno.

“Abbiamo avuto la percezione che fosse quasi inesistente nell’antichità, perché le persone non vivevano lo stesso tipo di stile di vita che viviamo noi ora. Vivevano in ambienti puri e privi di tossine ed erano molto attivi e mangiavano cibi naturali -ha detto- ma era più comune di quanto ci piace pensare che fosse.”

La Lieverse ha ipotizzato che, oltre a fattori non ambientali, gli agenti cancerogeni naturali abbiano avuto un ruolo nei tumori antichi. L’uomo nello studio era un cacciatore-raccoglitore (con queste parole, nelle scienze etno-antropologiche, si indicano quelle popolazioni il cui sistema di alimentazione ed economico si basa sulla caccia, pesca e sulla raccolta), che avrebbe acceso fuochi a legna per riscaldarsi nel clima freddo; ha suggerito che avrebbe spesso inalato il fumo, che avrebbe potuto procurargli il cancro ai polmoni.

“È una storia tragica, ti spezza il cuore pensare a quello che ha passato ha aggiunto Angela Lieverse- il cancro ha procurato buchi nelle ossa dell’uomo, che sono state meticolosamente conservate e quindi più facili da diagnosticare rispetto ai resti tipici”.

La Lieverse ha detto anche che non appena vide lo scheletro, riconobbe i segni lasciati dal cancro.

Aveva viaggiato in Russia come parte di un progetto con sede presso l’Università di Alberta che aveva studiato cacciatori-raccoglitori secolari nel nord-est asiatico. Ma quando ha visto le ossa dell’uomo, la sua ricerca cominciò a concentrarsi su di lui. Rimase per mesi a documentare i resti e scattare fotografie.

La ricercatrice rilevò anche che l’uomo era stato sepolto in un piccolo cimitero nella regione di Cis-Baikal e fu trovato in posizione fetale in una fossa circolare con un cucchiaio d’osso finemente intagliato, a differenza della maggior parte degli uomini del tempo che venivano sepolti sdraiati sulla schiena con i loro attrezzi da pesca o da caccia.

Doveva aver vissuto una vita distinta nella sua comunità, ma avrebbe anche vissuto una morte straziante. Verso la fine, sarebbe stato nauseato, affaticato, incapace di respirare e in costante dolore.

“È una storia tragica, spezza il cuore pensare a quello che ha passato” ha concluso la ricercatrice.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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