scritto da Nino Maiorino - 26 Dicembre 2020 09:09

Buone Feste 2020

foto tratta dal profilo Twitter dell’Arma dei Carabinieri

Non voglio far passare le feste di Natale, quest’anno molto particolari, senza inviare gli auguri agli affezionati miei cinque lettori.

Negli anni scorsi li ho deliziati con pesanti considerazioni sugli attuali festaioli i quali, senza alcun rispetto per la intimità di questa festività, avevano preso l’abitudine di trascorrere le mattine della Vigilia e del Natale a gozzovigliare dinanzi ai bar, rosticcerie, spesso improvvisate, invadendo le strade e godendo dei  rumori di tante “band”, che si illudevano di deliziare le loro orecchie.

Quest’anno, “grazie” al Covid, non ho motivo di lamentarmi di ciò, anzi devo dire che mi sono quasi pentito per averlo fatto in precedenza, meglio la confusione e le abbuffate mattutine degli anni precedenti. Purtroppo al peggio non c’è mai fine.

La costretta intimità a rimanere confinati tra le mura domestiche ha portato qualche novità, vale a dire più programmi natalizi sulle principali reti TV, e li ho visti quasi tutti; molti erano ciarpame che tranquillamente poteva essere ignorato, altri pregevoli che assolutamente non andavano persi.

A mio avviso uno dei più importanti è stato il film “Natale in casa Cupiello” interpretato da Sergio Castellitto, che ha suscitato reazioni contrastanti da parte dei tantissimi telespettatori che l’hanno visto, e che si sono sbizzarriti con le critiche, molte favorevoli ma tantissime contrarie, invadendo i social con centinaia di messaggi.

Personalmente a me il film, perché di questo si tratta (è stato girato prima del Covid ed era pronto per essere proiettato nelle sale, ma la pandemia ha bloccato tutto) è piaciuto e per tanti motivi.

Il primo è di ammirazione per un attore versatile come Castellitto, il quale ha avuto il coraggio di misurarsi con un mostro sacro come Eduardo De Filippo, e penso che ne sia uscito bene. L’ho molto apprezzato nel ruolo di Lucariello, più umano, più sanguigno rispetto a Eduardo, il quale rimane comunque un punto di riferimento, principalmente come autore, ma che sulla scena, particolarmente in questa commedia, sembrava più un imbambolato dedicato esclusivamente al suo presepe, lasciandosi scorrere addosso, quasi senza accorgersene, il dramma che vive la moglie presa dal problema della figlia Ninuccia, in crisi col marito.

Il Lucariello di Castellitto intuisce quel dramma, e cerca di capire, ostacolato dalla riservatezza della moglie, distratto dal bizzarro comportamento del figlio Tommasino, dalle bizze dell’ospitato fratello Pasquale, e dal suo presepe. Tra l’interpretazione di Castellitto e quella di Eduardo io ho visto questa notevole differenza.

Al contrario, invece, della interpretazione di Marina Confalone, la moglie, non sempre aderente al ruolo della mamma preoccupata per il problema della figlia, tant’è che in alcune sequenze sembra dimostrare una nota di distacco, come quando si lascia andare a qualche passo di danza; non ha retto al confronto con Pupella Maggio, nel ruolo della moglie di Eduardo nello spettacolo teatrale più volte trasmesso in Tv.

E pure la interpretazione di Adriano Pantaleo, il figlio scapestrato e imbroglioncello Tommasino che chiamano Nennillo, non è stata all’altezza di quella di Luca De Filippo.

Tutti gli altri senza infamia e senza lode, e la trasposizione da opera teatrale a film, come pure l’ambientazione spostata agli anni ’50, non hanno influito negativamente, e lo share ha dimostrato l’interesse dei telespettatori.

La visione senza pregiudizi del film ha trasmesso un pathos imprevedibile: benché la trama fosse a tutti arcinota, grazie alla sapiente regia e all’interpretazione di Castellitto, manteneva lo spettatore sulla corda per vedere come si sviluppava il dramma, quasi che non sapesse come andasse a finire.

Ma non è stato l’unico film pregevole di queste festività natalizie: pure La7, nella giornata di mercoledì 23, nel consueto programma Atlantide affidato ad Andrea Purgatori, ha trasmesso un altro notevole film del 1992 di Mario Monicelli, “Parenti serpenti”, la storia tristissima e drammatica di una famiglia della media borghesia, i cui figli, generi e nuore sembrano andare d’amore e d’accordo ed amare visceralmente i vecchi genitori, fino a quando un fatto nuovo non viene a turbare la loro apparente unione.

Nelle feste natalizie tutti i familiari, quattro figli, con nuore, generi e nipoti, provenienti da tutta Italia, si riuniscono a casa dei vecchi genitori in un paesino dell’Abbruzzo. I genitori sono sempre felici di ospitarli, e la mamma, nonostante gli anni e gli acciacchi, si dà da fare per preparare pranzi e cene per tutti, e preoccuparsi di farli stare il più possibile a loro agio, portando avanti e indietro pentole, stoviglie, cibi e bevande, e un vecchio braciere che fa il tour tra i tavoli e le stanze.

Il peso della famiglia grava tutto sulla vecchia madre, ancora arzilla e lucida, mentre il padre, interpretato da Paolo Panelli, vecchio Carabiniere, ha ormai perso il senno e crede di essere ancora in servizio.

Il tutto fila liscio, fino a quando nella giornata di Natale, durante il pranzo, la vecchia madre annuncia che non è più possibile vivere da soli, ed esprime il desiderio di andarsene a vivere presso uno di loro.

Il gelo cala sulla famiglia riunita a tavola, che si vede crollare il mondo addosso, e tutti decidono di consultarsi per vedere il da farsi; la mamma li tranquillizza, non c’è urgenza, il trasferimento avverrà in primavera, hanno tutto il tempo di riflettere e decidere, ma ormai la apparente armonia è saltata, e nelle consultazioni dei giorni seguenti esplodono tutte le  meschinità, i tradimenti, le cose inconfessabili, le cattiverie, e i rancori che covano tra loro e che dimostrano inequivocabilmente anche una assoluta mancanza di affetto verso i genitori.

E la cosa è a un punto morto, fino a quando la Tv non dà notizia di una casa distrutta dallo scoppio di una bombola di gas che ha ammazzato la intera famiglia.

E tutti si acquietano, improvvisamente concordi, e nessuno si tira indietro temendo di doversi assumere la responsabilità di farsi carico dell’accoglienza dei genitori, e corrono a comprare una stufetta a gas che regalano ai genitori; e mentre nella notte di capodanno si divertono al veglione in un locale del paese, ai fuochi di artificio della mezzanotte si accompagna l’esplosione che distrugge la vecchia abitazione e ammazza i due vecchi.

Una commedia amarissima che Comencini ha mascherato da storia popolare di una tragica fatalità.

Mentre scrivo sento lontano il triste suono di una campana, che non si addice alla festa del Natale, che è intrinsecamente gioiosa, perché porta speranza per un domani migliore, una nuova nascita è sempre un messaggio positivo, che spinge ad avere fiducia nel futuro.

Ma se la campana suona tristemente, qualcosa vorrà pure significare, ed evidentemente è una risposta ai miei dubbi.

Non è il Covid la tragedia della nostra società, prima o poi il nemico verrà sconfitto e ne usciremo; ma chi sconfiggerà le meschinità, le cattiverie, gli opportunismi, gli egoismi, la mancanza di sensibilità che ci attanagliano?

E per chi rinasce Gesù Bambino se tutti noi siamo intristiti e contrariati non tanto per il Covid che ci costringe a casa, proibendo di andarci a divertire, ad assecondare i nostri egoismi, e facciamo finta di ignorare la umanità che soffre, coloro che non hanno una casa e dormono per strada, coloro che non riescono a comprare il cibo per sopravvivere e fanno le file al freddo agli ingressi delle organizzazioni umanitarie per un piatto caldo, coloro che giacciono negli ospedali per il Covid e altre malattie, e magari muoiono da soli senza nemmeno il conforto di un familiare?

Forse il suono di quella campana è triste per questo.

Auguriamoci che questo anno infame porti a tutti ad una maggiore consapevolezza: solo così sarà veramente un …

… Buone Feste.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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