La giornalista, nel corso della trasmissione del programma Forum che conduce su Rete4, ha osato interrogarsi sulla responsabilità femminile nei casi di femminicidio
Diverse volte mi sono interrogato sulla eventuale possibilità che taluni casi di femminicidio siano determinati anche dalla istigazione comportamentale di alcune donne particolarmente aggressive nei confronti degli uomini, che spingono questi ultimi a reagire in maniera violenta giungendo finanche a commettere il reato di femminicidio.
Chiarisco subito che il femminicidio è un reato atroce che mai andrebbe commesso, e bene fanno, oggi, le Forze dell’ordine a non sottovalutare eventuali denunce o segnalazioni, come purtroppo avveniva fino a qualche tempo fa; Polizia e Carabinieri hanno costituito strutture finalizzate e seguire con attenzione i vari segnali che potrebbero condurre a commettere questi reati, senza formalizzarsi eccessivamente sulle denunzie delle dirette interessate, a volte intimidite dai compagni, oppure timorose di rappresaglie, o addirittura per affetto, speranzose che i partner volontariamente cambino atteggiamento.
A mio avviso le donne, al primo indizio di violenza, debbono denunziarla, questo potrebbe portare alla diminuzione dei reati di violenza contro di esse che spesso si concludono con il loro assassinio.
Ma nel contempo tutte le donne che si trovano in tali situazioni farebbero bene a interrogarsi sulla eventuale loro responsabilità, che potrebbe derivare da atteggiamenti arroganti o aggressivi che non possiamo far finta di ignorare.
Tutti noi constatiamo quotidianamente che le nostre donne non sono sempre le compagne affettuose e premurose dei tempi andati, quante volte vediamo come, anche in pubblico, apostrofano i loro compagni, tante volte li trattano come cavalier serventi, tante volte li apostrofano come fossero dei sottoposti.
Anni fa un amico cacciatore che aveva preso l’abitudine di andare a caccia nei paesi dell’Europa medio orientale (Ungheria, Bulgaria, Romania ecc.) mi diceva che in essi le donne avevano conservato la dolcezza, la femminilità che un tempo caratterizzavano anche quelle italiane; ora magari anche in quei paesi le cose saranno cambiate, ma è un fatto che l’amico lo avesse notato.
Secondo me, e probabilmente mi ripeto avendo già espresso in passato il mio pensiero, molte donne dovrebbero interrogarsi con serenità, esaminarsi approfonditamente, fare un esame di coscienza, per vedere se ancora si esprimono con la dolcezza che dovrebbe caratterizzarle, oppure magari eccedono in atteggiamenti negativi che a lungo andare potrebbero portare alla esasperazione dei loro compagni i quali, in un momento di particolare nervosismo, potrebbero anche lasciarsi andare a gesti folli, dei quali potrebbero poi pentirsi.
Anche qui a Cava sono capitati femminicidi, uno atroce come quello di Nunzia Maiorano, ma in tal caso è stato ampiamente dimostrato che l’intera responsabilità era del marito assassino che l’aveva schiavizzata e non le forniva nemmeno di che vivere, sperperando i consistenti guadagni rivenienti dalla sua attività. Questo è certamente, come tanti altri, del resto, un caso limite, tant’è che l’assassino ha subito una condanna pesante e va bene così.
Ma tutte le altre donne si trovano nella stessa situazione?
Interroghiamoci, approfondiamo, teniamo sensatamente in considerazione della riflessione di Barbara Palombelli che, fra l’altro è una giornalista di lunga esperienza e se, da donna, ha lanciato questo messaggio, a mio parere esso non va ignorato o sottovalutato.
Ad ogni modo, per evitare anticipatici equivoci e spiacevoli fraintendimenti, una cosa va ribadita con estrema chiarezza e convinzione: quali che possano essere le eventuali , presunte “responsabilità” della donna, questo non può mai, neanche lontanamente, rappresentare la benché minima giustificazione o finanche una intollerabile attenuante ad un gesto di violenza assurdo e criminale qual è il femminicidio.