scritto da Nino Maiorino - 08 Gennaio 2022 09:54

Addio a Sidney Poitier, primo afroamericano a vincere l’Oscar

Addio a Sidney Poitier, primo afroamericano a vincere l'Oscar

E’ morto all’età di 94 anni l’attore americano Sidney Poitier, primo nero a vincere l’Oscar nel 1964 come migliore interprete.

Se n’è andato quasi in sordina, in quanto negli ultimi 25 anni circa quasi era scomparso dal mondo dorato della cinematografia, non era più apparso sui palcoscenici mondiali, pure avendo continuato a rimanere nell’ambiente, in ultimo come dirigente della Walt Disney.

Poitier era stato anche il primo attore black a aggiudicarsi un premio alla Mostra del Cinema di Venezia, nel 1957, e ancora il primo interprete nero a essere nominato agli Academy Awards nel 1958.

Poitier, nato il 20 febbraio 1927 a Miami, si è spento nella sua casa alle Bahamas, Paese d’origine dei suoi genitori dove trascorse i primi anni della sua vita in povertà.

E’ stato una icona di Hollywood e si aggiudicò l’Oscar per la sua interpretazione nel film “I gigli del campo”, grazie al quale vinse anche il Golden Globe.

Negli anni Sessanta, con i ruoli interpretati e il grande successo ottenuto, ha rappresentato il simbolo dell’integrazione culturale nel cinema americano.

A 15 anni aveva raggiunto il fratello maggiore a Miami senza tuttavia migliorare la sua condizione sociale.

Nel 1945 si trasferì a New York dove svolse lavori umili e saltuari.

Dopo aver studiato per migliorare accento e portamento, entrò nell’American Negro Theatre ottenendo un piccolo ruolo in una produzione di Broadway, Lysistrata, che gli valse l’immediata attenzione e il favore della critica.

Nel 1950 esordì nel cinema: nel suo primo film, ‘No way out’ (‘Uomo bianco tu vivrai”) per la regia di Joseph Mankiewicz, in cui interpreta la parte di un giovane medico ingiustamente accusato di aver lasciato morire un uomo, già affiorano i temi, determinanti e ricorrenti nella sua filmografia, del razzismo e della violenza.

Negli anni successivi, dopo aver partecipato all’interessante ‘The blackboard jungle’ (‘Il seme della violenza’) di Richard Brooks, nel 1955, nel ruolo di un allievo ribelle, ottenne una nomination all’Oscar per The defiant ones (‘La parete di fango’) di Stanley Kramer, il cui tema dominante è ancora una volta il razzismo.

Nel 1961 fu accanto a Paul Newman in ‘Paris blues’, di Martin Ritt, storia di due jazzisti statunitensi nella Parigi degli anni Sessanta.

Nel successivo ‘Pressure point’ (‘La scuola dell’odio’, 1962) di Hubert Cornfield, dramma psicologico incentrato su un caso clinico reale tratto da The fifty minute hour, Poitier interpreta la parte di uno psichiatra dell’esercito al quale, durante la seconda guerra mondiale, viene affidato in cura un militare antisemita, razzista e con simpatie naziste, arrestato per sedizione.

Fu invece con una commedia dai toni dolci che l’attore conquistò l’Oscar: ‘Lilies of the field’ (‘I gigli del campo’, 1963) racconta infatti le vicissitudini di un vagabondo, interpretato dallo stesso Poitier, il quale finisce per aiutare alcune monache tedesche decise a costruire una cappella in Arizona.

E’ del 1967 uno dei suoi film più famosi, ‘Guess who’s coming to dinner’ (‘Indovina chi viene a cena?’) di Kramer, soprattutto per il pubblico italiano.

Come l’altro film dello stesso anno, ‘In the heat of the night’ (‘La calda notte dell’ispettore Tibbs’) per la regia di Norman Jewison, seppur distanti per generi e tematiche, riscosse un grande successo internazionale, riflettendo appieno il rapporto sempre intercorso tra Poitier, il suo cinema e il suo pubblico.

La fine degli anni Sessanta registrò un cambiamento: nel 1968 l’attore elaborò infatti il soggetto della commedia ‘For love of Ivy’ (‘Un uomo per Ivy’) diretta da Daniel Mann, in cui impersona un biscazziere, e nel 1972 esordì come regista con Buck and the preacher (‘Non predicare spara!’), per poi dirigere il melodramma dal titolo ‘A warm December’ (‘Grazie per quel caldo dicembre, 1972), da lui anche interpretato, e successivamente commedie come Stir crazy (‘Nessuno ci può fermare’, 1980) e Hanky-Panky (‘Hanky Panky Fuga per due’, 1982).

Dopo aver recitato nel ruolo di un attivista in lotta contro l’apartheid nel film d’azione ‘The wilby conspiracy (Il seme dell’odiò, 1974) di Nelson, accanto a Michael Caine, ha notevolmente diradato la sua presenza sul grande schermo, partecipando nel 1988 a due polizieschi, ‘Little Nikita’ (‘Nikita – Spie senza volto”) di Richard Benjamin e ‘Shoot to kill’ (‘Sulle tracce dell’assassino’) di Roger Spottiswoode, e negli anni Novanta a ‘Sneakers’ (‘I signori della truffa’, 1992) di Phil Alden Robinson, e a ‘The Jack-al’ (1997) di Michael Caton-Jones, mentre numerose sono state le sue apparizioni sul piccolo schermo, tra cui l’interpretazione di Nelson Mandela in ‘Mandela and de Klerk’ (1997) di Joseph Sargent.

Dal 1998 faceva parte dello staff dirigenziale della Walt Disney.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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