Il monito di Mattarella sulla democrazia “della maggioranza”
C’è un famoso proverbio napoletano che parla di sordità e udito, che tradotto in italiano recita “il peggior sordo è chi non vuol sentire”.
E ben si adatta al monito, quasi una staffilata, che qualche giorno fa ha lanciato il Presidente Mattarella, che il governo Meloni ha interpretato come una critica al suo operato: e ci è venuto in mente un altro proverbio, però di origine toscana “Chi ha la coda di paglia ha sempre paura che prenda fuoco”.
Cos’ha detto Sergio Mattarella per suscitare le reazioni del governo Meloni, il quale, per difendersi, questa volta si è avvalso delle non tanto educate parole del suo vice Salvini?
Ha ricordato, citando Norberto Bobbio, che tra le condizioni minime della democrazia ci sono i «limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possono violare i diritti delle minoranze», ribadendo che «non c’è democrazia senza la tutela dei diritti fondamentali di libertà, che rappresentano quel che dà senso allo Stato di diritto e alla democrazia stessa».
E ha spiegato: «Democrazie imperfette vulnerano le libertà: ove si manifesta una partecipazione elettorale modesta, oppure ove il principio “un uomo-un voto” venga distorto attraverso marchingegni che alterino la rappresentatività e la volontà degli elettori. Ancor più le libertà risulterebbero vulnerate ipotizzando democrazie affievolite, depotenziate da tratti illiberali. Ci soccorre anche qui Bobbio, quando ammonisce che non si può ricorrere a semplificazioni di sistema o a restrizioni di diritti “in nome del dovere di governare”».
«Una democrazia “della maggioranza” sarebbe, per definizione, una insanabile contraddizione, per la confusione tra strumenti di governo e tutela della effettiva condizione di diritti e di libertà. Democrazie imperfette vulnerano le libertà».
Il passaggio più forte del discorso è una citazione del giurista cattolico Egidio Tosato: «Noi sappiamo tutti che la presunta volontà generale non è in realtà che la volontà di una maggioranza che si considera come rappresentativa della volontà di tutto il popolo, e che può essere, come spesso si è dimostrata, più ingiusta e oppressiva che non la volontà di un principe».
Tosato, chiosa il presidente della Repubblica, con quelle parole «esprimeva un fermo no, quindi, all’assolutismo di Stato, a un’autorità senza limite, potenzialmente prevaricatrice».
L’essenziale sta tutto nel passaggio sui «marchingegni» e le «semplificazioni di sistema» introdotte in nome del «dovere di governare».
E non solo per i riflessi sul dibattito politico, sulla battaglia relativa alla riforma del premierato e, in particolare, a quel marchingegno con cui si vorrebbe assicurare al premier un premio di maggioranza tale da consegnargli i pieni poteri.
A nostro avviso quello che più conta è che gli ammonimenti sui rischi di una «democrazia della maggioranza» non valgono solo per il progetto di riforma del centrodestra.
Quel progetto, con tutti i suoi difetti, è il figlio legittimo di un dibattito trentennale che su questi temi ha seguito passo-passo la strada additata da Mattarella come la via più sicura verso la democrazia illiberale.
In sintesi vuole anche significare che chi governa lo fa per tutti, e non solo per la “sua” maggioranza.
Per il governo sarebbe il momento di cambiare rotta.
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