scritto da Elvira Coppola Amabile - 27 Dicembre 2019 18:15

Cosa abbiamo visto nel 2019?

Il 2019 è ormai terminato ma, politicamente parlando, l’anno che sta per arrivare sarà ancora più decisivo per l’Europa e il mondo.

Quello che ci sta lasciando, è stato senza dubbio un anno importante per il vecchio continente, che con le elezioni europee ha assistito allo stravolgimento delle vecchie elitè europee e al sorgere di numerosi partiti euroscettici e sovranisti.

In Italia, abbiamo notato l’avanzata del partito capitanato da Matteo Salvini in regioni come l’Abruzzo, la Sardegna, la Basilicata, ma anche nei sondaggi politici nazionali dove ha raggiunto la vetta del 37%.

Nel Regno Unito, lo scorso 12 Dicembre, ci sono state le elezioni politiche e Boris Johnson ha trionfato con 364 seggi mentre il partito Laburista ha conseguito il peggior risultato dal 1935, e per questo Jeremy Corbyn ha annunciato le sue dimissioni.

In Ucraina le presidenziali sono state vinte dal comico, personaggio televisivo e populista Volodymyr Zelens’kyj (noto alla cronaca internazionale per l’impeachment di Trump).

In Grecia, alle elezioni parlamentari di settembre, è prevalso Kyriakos Mītsotakīs con il suo partito di centro-destra “Nuova Democrazia, spostandoci più a nord.

In Belgio, il leader della “Nuova Alleanza Fiamminga” Bart de Wever ha ottenuto la maggioranza degli scranni, più a est, in Romania, Klaus Iohannis (destra) è divenuto il nuovo presidente sconfiggendo al secondo turno il candidato del partito socialdemocratico.

Tornando nel meridione, gli elettori portoghesi, hanno sognato con il trionfo di Antonio Costa che ha promesso di ridare al Portogallo ciò che negli ultimi anni è mancato (nonostante gli ottimi dati sull’economia).

Sempre nella penisola iberica ma un po’ più a oriente, Pedro Sanchez con il partito socialista ha nuovamente conquistato i consensi della maggioranza degli spagnoli e ha negoziato un accordo con l’altro partito di sinistra, Unidos Podemos, per costruire un governo stabile tanto atteso dai cittadini di sua maestà Filippo IV.

In Lituania l’indipendente Gitanas Nausèda ha vinto le elezioni presidenziali; in Macedonia, Stevo Pensarovski del partito socialdemocratico ha battuto il rivale partito di destra ed è divenuto nuovo presidente; in Slovacchia, il partito progressista con Zuzana Caputova ha stravinto le elezioni (Zuzana è così la prima donna presidente della Slovacchia), potrà contare anche sulla sua collega Kaja Kallas che è divenuta presidente dell’Estonia sconfiggendo il Partito di Centro Estone.

Cambiando continente, in Canada lo scorso ottobre, Justin Trudeau ha guadagnato la maggioranza dei seggi, pur perdendo il voto popolare a causa del famoso candidato di destra Andrew Scheer; a El Salvador, Nayib Bukele è stato eletto presidente con oltre il 53% delle preferenze; a Panama, le elezioni presidenziali hanno incoronato con soli 45.000 voti di scarto (2,3%), Laurentino Cortizo del Partito Rivoluzionario Democratico.

In Guatemala, Alejandro Giammattei ha raccolto il 57% dei voti vincendo le elezioni presidenziali, in Dominica Roosevelt Skerrit del Partito Laburista con 23000 schede in suo favore ha dominato le elezioni parlamentari.

Giungendo in America del sud, ricordiamo la vittoria di Evo Morales in Bolivia (esito che è stato annullato da vari tribunali); in Uruguay, Luis Alberto Lacalle Pou è diventato presidente con una differenza dal rivale di appena 1,5 punti percentuali;  in Argentina Mauricio Macri ha incassato una ponderosa sconfitta a opera di Alberto Fernandez che ha ricevuto 2 milioni di voti in più.

Se continuiamo il nostro viaggio e giungiamo in Asia e Oceania, ci accorgiamo che anche qui ci sono state elezioni non secondarie., in Corea del Nord, alle elezioni parlamentari, il Fronte Democratico per la Riunificazione della Patria ha straripato con il 99,27% dei consensi; in Afghanistan, i risultati definitivi non sono ancora stati svelati a causa di vari ritardi, sappiamo al momento che l’attuale presidente Ashraf Ghani è in vantaggio con il 50,64% sullo sfidante Abdullah Abdullah che sarebbe fermo al 30,52% ( se questi dati venissero confermati non avrebbe luogo il secondo turno); in Indonesia, il presidente uscente Joko Widodo è stato riconfermato con il 55% delle preferenze; in Israele, invece, Binyamin Gantz ha superato Benjamin Nethanyahu, ma a seguito del fallimento delle trattative, sono state annunciate nuove elezioni nel mese di marzo 2020.

In Bangladesh le elezioni dello scorso gennaio hanno premiato ancora una volta Sheikh Hasina, le elezioni presidenziali in Kazakhistan si sono concluse con il trionfo di Qasym-Jomart Toqaev che è arrivato al 70% dei voti.

In India, dove si tengono le più grandi elezioni al mondo (per via del corpo elettorale pari a 900 milioni di individui) il partito del primo ministro uscente, Narendra Modi ha stroncato i rivali, traendo un profitto di oltre 300 seggi sui 542 totali.

In Australia, la coalizione dei liberali australiani e del Queensland ha vinto a sorpresa, ribaltando i sondaggi che davano la maggioranza ai laburisti.

Terminiamo questo viaggio traghettandovi in Africa, un continente non molto conosciuto per le elezioni, ma che in realtà nasconde tante realtà utili da analizzare per la scienza politica, in particolare per la branca della psefologia; lo scorso 8 maggio si sono tenute le elezioni in Sudafrica, che hanno visto prevalere con 230 scranni (su un totale di 400) il partito “Congresso Nazionale Africano” guidato da Cyril Ramaphosa, ai danni del giovane candidato Mmusi Maimane; in Algeria, poche settimane fa sono stati diffusi i risultati preliminari delle elezioni presidenziali e a quanto sembra, Abdelmadjid Tebboune avrebbe vinto con il 58% dei voti (l’affluenza è del 39.9%), troviamo poi la popolosa Nigeria che rielegge a presidente Muhammadu Buhari con oltre 15 milioni di voti in suo favore, procedendo nella parte settentrionale individuiamo la Libia dove regna ancora il caos sulla data delle elezioni e la Tunisia, dove Kaïs Saïed ha stravinto le elezioni con quasi tre quarti del sostegno dei tunisini, in Namibia, osserviamo la schiacciante vittoria del candidato di centro-sinistra Hage Geingob, mentre in Malawi vediamo il Partito Progressista Democratico cappeggiato da Peter Mutharika prevalere con 150000 voti sul principale partito d’opposizione del “Congresso del Malawi”. In Guinea-Bissau domina il “partito Africano per l’indipendenza della Guinea e di Capo Verde” con i suoi 47 seggi su 102, in Botswana, il partito di Mokgweetsi Masisi si stacca dal rivale per 130000 schede, in Mauritania, vittoria a valanga per Mohamed Ould Ghazouani che detiene il 52% dei voti contro il 18% dello sfidante e infine in Mozambico, Filipe Nyusi ottiene il 73,56% e si assicura la seconda vittoria.
Queste che abbiamo ripercorso, sono state le elezioni più importanti che hanno caratterizzato il 2019, e nonostante esse siano state fondamentali (soprattutto in alcuni paesi dove era in corso uno stallo politico), quelle che avranno luogo nel 2020 saranno ancora più decisive nel destino della politica mondiale. Quindi, per capire a fondo cosa vedremo con l’arrivo del nuovo anno, vi rinnovo l’appuntamento alla seconda parte dell’articolo.

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