“Imprenditore di Fede”: tale è stato definito fra Gigino Petrone su Facebook da Amalia Pellegrino, una fedele seguace del Convento di San Francesco e di Fra Gigino, la quale, come tante altre migliaia di cavesi e non, segue con apprensione le vicende di questo frate, del convento e del loro futuro.
E se il termine “Imprenditore” può suonare strano a talune orecchie, probabilmente avulse dalla realtà sociale odierna, non lo sembra alle orecchie ed alla sensibilità di tante migliaia di fedeli, e sono davvero tanti, che hanno seguito le vicende di questo frate e del ricostruito santuario da un ventennio a questa parte, e che ora si accorgono cosa stia diventando quel polo di cristianità e di aggregazione che fra Gigino ha faticosamente realizzato nella valle metelliana: praticamente si avvia a diventare una anonima realtà che non ha più alcun richiamo nemmeno per tutti coloro che l’hanno seguita per tanti anni.
La ulteriore prova di ciò è data dai recenti avvenimenti dal 4 settembre in avanti, e cioè dall’inizio delle attività religiose e civili in occasioni della festa del Santo di Assisi: in quella data, allorquando venne esposta la statua del Santo, tutti notarono l’assenza di Fra Gigino, assenza prolungatasi fino a pochi giorni addietro; in pratica fra Gigino non ha partecipato, se non quasi di soppiatto, ai festeggiamenti, limitandosi a celebrare qualche funzione religiosa, nei brevi periodi in cui è stato qui a Cava, tra una vacanza e l’altra lontane dalla città: su facebook l’abbiamo visto in giro, seguito da qualche confratello e da alcuni fedeli, l’ultima volta ad Assisi.
E anche se ora è tornato a Cava, sembra che comunque la sua vicenda metelliana si avvii inesorabilmente alla conclusione se è vero che, come egli stesso ha dichiarato, oramai per il suo trasferimento è solo questione di giorni, essendo stato già deciso e accettato: per dove non è stato rivelato.
Mi piace tornare all’espressione con la quale ho iniziato questo scritto, vale a dire il termine “imprenditore” che, pure se può sembrare stonato in un contesto religioso, non sembra infondato, visto che il termine sta a significare “persona che istituisce e/o gestisce – in tutto o in parte assieme ad altri imprenditori – un’attività economica d’impresa assumendosi il cosiddetto rischio d’impresa”. Fra Gigino veramente può considerarsi tale.
C’è chi dice che una tale attività non si confà ad un ambito religioso, ma a ciò ho già più volte risposto, citando tanti esempi che non hanno per nulla scandalizzato i fedeli né le strutture ecclesiastiche, probabilmente perché ipocritamente defilati se non occultati. Nel caso di fra Gigino sembra che la frenetica attività intrapresa abbia scandalizzato non solo i suoi locali detrattori (chi sa quanto disinteressati e in buona fede) ma anche i suoi superiori i quali lo hanno estromesso, senza però preoccuparsi di sostituirlo con persone che potessero proseguire la sua opera.
La riprova di ciò è data proprio dalla celebrazioni in occasione della festa di San Francesco e dalle Sante Quarantore seguite: tutto in tono minore, senza la foltissima presenza di fedeli come in passato, senza luminarie, senza fuochi, con poche bancarelle in prossimità del convento, il chiostro molte sere deserto, talvolta anche poco illuminato, l’ultima serata delle Sante Quarantore addirittura al buio e con la pasticceria chiusa: d’altronde se in chiesa vi erano quattro gatti, perché sprecare corrente elettrica e tenere aperti i locali?
E non è stato diverso nei giorni successivi.
Questa è la triste conclusione di una vicenda che tanti avrebbero voluto diversa.
E probabilmente è anche la fine del rapporto, a volte passionale, tra la città di Cava e Fra Luigi Petrone che, pure se spesso ha avuto comportamenti sopra le righe, certamente ha costruito una realtà mirabile e tanti rimpiangeranno.