scritto da Manuel Senatore - 31 Ottobre 2023 07:40

MUSICA “Relax” di Calcutta, quando un album chiude un’epoca…

Per chi come me non è stato scalfito dall’esplosione di generi come il rap (in tutte le sue sfumature), il pop-commerciale o non ha ceduto al latineggiante reggaeton, una delle poche oasi felici in cui rifugiarsi è stata l’INDIE.

Affezionarsi ad un genere musicale è un po’ come tifare per la propria squadra del cuore: puoi simpatizzare per alcuni, evitarne drasticamente altri, ma non appena partiranno le note di “quella” canzone, corpo e mente si allineeranno al ritmo che pian piano ci invade, canticchiandola in testa se siamo per strada o urlandola a squarciagola quando non c’è nessuno a casa. La musica è il cibo dell’anima e non possiamo assolutamente farne a meno, prendendocela magari con chi non viaggia sulle nostre stesse frequenze, idolatrando invece chi ci consiglia sempre nuovi brani: vedete, si ritorna sempre al tifo da stadio, è inevitabile!

Per chi come me non è stato scalfito dall’esplosione di generi come il rap (in tutte le sue sfumature), il pop-commerciale o non ha ceduto al latineggiante reggaeton, una delle poche oasi felici in cui rifugiarsi è stata l’INDIE.

Quel senso di evasione misto ad una spolverata di quotidianità, il tutto condito da un piacevole strato di malinconia, ha accompagnato le mie giornate, riempiendo le mie playlists senza più uscirne. E proprio per questo che l’ultimo lavoro di Edoardo D’Erme, in arte Calcutta, suona ininterrottamente nelle mie orecchie da ormai una settimana.

Da “Giro con te” a “2minuti”, passando per “Loliness” fino allo straziante grido finale in “Tutti”, ho metabolizzato ogni parola di ogni singolo brano, lasciandomi trasportare da questa wave di inquietudine e accettazione di cui l’opera è intrisa.

Non starò qui a recensire ogni singola perla di questo album (vorrei spronarvi all’ascolto, infatti, scatenando il vostro spirito critico), mi limiterò semplicemente a dirvi quali sono i miei brani preferiti: oltre alla già citata “Tutti”, che colpisce come un chiodo conficcato nel cranio (Che sembriamo tutti falliti, tutti esauriti, tutti impauriti…), dimostrando come le parole possano far più male della violenza fisica, “Controtempo” è la classica canzone da cantare in auto, con la giusta compagnia o in solitudine, immersi nei pensieri…

Pensieri che, nel loro immenso espandersi, mi portano anche a riflettere su quanto i tempi siano cambiati, anche sotto l’aspetto musicale.

È finita un’epoca, parliamoci chiaro. Questo album segna in maniera definitiva la chiusura di una scena musicale, quella Indie, emersa solamente nell’ultimo decennio: iniziata in sordina, cresciuta con il passare del tempo e, come ogni ciclo, si è avviata verso la conclusione. I generi musicali si evolvono, gli artisti variano, le band si sciolgono e le hit non sempre diventano hit.

Basterebbe pensare a tanti suoi colleghi, come I Cani (con Niccolò Contessa fermo ormai da diversi anni), la fine dei The Giornalisti o dei Canova, fino al pop dei Pinguini Tattici, ma potrei nominarne a bizzeffe. L’unico filo conduttore che unisce tutti questi artisti è stata l’appartenenza al filone Indie, abbandonato poi per le più disparate ragioni.

“Relax” rappresenta lo spartiacque della carriera di Calcutta: un disco, uscito cinque anni dopo “Evergreen”, che ha visto una forte promozione mediatica, sviluppatasi fra eventi live (il concerto sul tetto a Roma, per la Rai), installazioni fantasiose (a Milano con le “lenzuola” simboleggianti la copertina dell’opera) a cui si aggiunge l’annuncio del tour, già sold-out in quasi tutte le date. Insomma, un qualcosa lontano da quelli che sono i capisaldi dell’INDIE, molto più semplici e slegati dai lavori messi in atto dalle major.

Cosa resta allora del vecchio Calcutta? Sicuramente i suoi testi densi di significato, in cui noi tutti, attraverso la sua ironia o le sue domande, la sua quotidianità che è un po’ anche la nostra, non hanno risentito di questo time-skip. L’unica variante è rappresentata dall’esperienza dell’autore, che anche attraverso il titolo dell’album, invita tutti a rilassarsi e ad accettare quel che la vita ci proporrà nel percorso. Siamo passati infatti dal “Ho fatto una svastica in centro a Bologna, ma era solo per litigar” a “Guerra persa, non ero mai finito a letto con una di destra…” sinonimo di questa accettazione/rassegnazione al cambiamento, che non deve per forza essere negativo. Volenti o nolenti, riusciamo a identificarci nei suoi brani, spesso veri e propri manifesti del pensiero della nostra generazione.

E allora, consapevoli di questo inevitabile mutamento, abbandoniamoci a questo “RELAX”, infiliamoci le cuffie e abbandoniamoci ai versi di Edo, che non si sa mai, dovessero passare altri cinque anni…

Universitario, laureato in Economia e Management, speaker radiofonico, giornalista in erba, un futuro ancora tutto da scrivere ma con grandi idee in sottofondo

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