Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha cominciato a usare differenti termini per distinguere i diversi aspetti che compongono il concetto di identità sessuale.
Per identità sessuale si intende l’identità complessiva della persona, l’insieme dei piani, delle dimensioni e degli aspetti (corporei, mentali, relazionali) con cui la persona si identifica, viene identificata e si fa identificare dagli altri. Si tratta di una realtà a più dimensioni, che non smette di specificarsi e definirsi, dalla nascita all’età adulta e oltre. Questo costrutto multidimensionale è composto da: il sesso biologico, l’identità di genere, il ruolo di genere e l’orientamento sessuale.
Il sesso biologico indica la conformazione sul piano biologico del corpo per come è definita dai cromosomi sessuali, dagli ormoni, dai genitali esterni e interni. Indica l’anatomia di una persona e l’appartenenza, sul piano biologico, al sesso maschile, femminile o a altre varianti dello sviluppo sessuale.
Il termine genere racchiude la percezione che ognuno ha di sé in quanto maschio o femmina (identità di genere), ma anche il sistema socialmente costruito intorno a quelle stesse identità (ruolo di genere). In altri termini, l’identità di genere indica, per esempio, se una persona si autopercepisce interiormente come maschio o femmina, o secondo altre declinazioni di genere possibili, mentre il ruolo di genere evidenzia sia l’insieme di aspettative sociali che definiscono come gli uomini e le donne debbano essere (caratteristiche esteriori) in un dato contesto storico e culturale, sia il modo in cui ciascuno ha interiorizzato tali ruoli socialmente definiti e come, di conseguenza, esprime la propria appartenenza ad un genere. Di solito, l’identità di genere si stabilisce all’incirca entro il terzo anno di vita.
L’orientamento sessuale riguarda l’attrazione emotiva, affettiva ed erotica, la predisposizione dell’individuo a sentirsi fisicamente ed emozionalmente attratto da caratteristiche dell’uno, l’altro o entrambi i sessi/generi (o in modo indipendente da tali caratteristiche). Racchiude tre categorie: eterosessualità (attrazione verso il sesso opposto), bisessualità (verso entrambi i sessi), omosessualità (verso il proprio sesso).
Inoltre, l’identità di orientamento sessuale riguarda la definizione di sé a partire dall’idea che l’individuo ha del proprio orientamento sessuale, dal giudizio che ne dà e dalla sua disponibilità a riconoscerlo e svelarlo a sé e agli altri. Il concetto di fluidità sessuale si riferisce a questa dimensione dell’identità sessuale e indica la capacità di cambiamento nella vita dell’individuo della sua definizione del proprio orientamento sessuale, del suo modo di vivere le sue relazioni sessuali ed affettive.
La scoperta del proprio modo di essere e della propria identità sessuale richiede un percorso di maturazione affettiva e del pensiero frutto di una continua interazione con l’ambiente sociale e culturale, che può agire in senso facilitante o inibente. Quest’esplorazione è particolarmente attiva durante l’adolescenza, periodo in cui i cambiamenti fisici, emotivi e relazionali impongono molti quesiti sulla sessualità e sul proprio equilibrio interiore. In tale percorso possono influire una serie di fattori: a) la considerazione che l’adolescente ha di sé stesso/a (autostima e autoefficacia); b) le aspettative dei genitori, degli adulti significativi, del gruppo dei pari; c) le norme e le pratiche culturali e morali inerenti ai “ruoli di genere”,alla sessualità, ai canoni estetici e di prestazione, all’esplorazione identitaria, alla masturbazione, alla precocità dei rapporti.
Spesso gli adolescenti soffrono in merito alla loro identità sessuale e a volte sviluppano veri e propri comportamenti “a rischio” e/o disturbi psicopatologici. Si può parlare di una prima forma di disagio legata all’oppressione e allo stigma, indizi di una difficoltà della società e della comunità a essere inclusive e plurali. Una seconda forma di disagio, centrata sul singolo, può essere legata al “come” ciascuno vive l’orientamento sessuale, l’identità di genere, le dimensioni del desiderio, della dipendenza e dell’autonomia dentro le relazioni.
Inoltre, può accadere che l’identità sessuale venga “usata” dagli adolescenti come mezzo per sostenere la propria fragile autostima. In tal caso la crescita della persona, in direzione etero-, bi- o omo-sessuale è influenzata anche dal fatto che l’oggetto d’amore è rigidamente connesso con il livello di autostima personale: l’adolescente può pensare che “se non trovo qualcuno, non valgo”, ma anche “se non mi definisco, non valgo”, o “se non sono eterosessuale, non valgo, perché non sono un vero uomo (o una vera donna)”. In sintesi, l’esplorazione dell’identità sessuale in adolescenza dovrebbe avvenire in modo da favorire la consapevolezza e la differenziazione dei livelli, ovvero riuscire a non confondere il livello dell’orientamento sessuale con quello dell’identità di genere e a sviluppare ciascuno di questi livelli, oltre a integrare ed esprimere aspetti del “maschile” e del “femminile”, senza che ciò equivalga a una confusione sulla propria identità.
Una forma più strutturata di disagio è quella che si indica con il termine disforia di genere, ovvero una condizione di sofferenza che può accompagnare l’incongruenza tra il genere esperito o espresso da un individuo e il genere assegnato (American Psychiatric Association, 2013); essa può verificarsi con diversi gradi di intensità, dove la forma più estrema è di solito accompagnata da un forte desiderio di riassegnazione di genere. È importante evidenziare che nell’ultima edizione del DSM-5 l’etichetta diagnostica è passata da «disturbo dell’identità di genere» a «disforia di genere». Tale cambiamento elimina l’elemento potenzialmente stigmatizzante del termine «disturbo». Inoltre, in questa edizione, la categoria diagnostica «disforia di genere» ha trovato una sua più definita collocazione con criteri diagnostici più descrittivi rispetto a quelli delle edizioni precedenti.
Queste varie forme di disagio dipendono anche dal modo in cui tutti noi veniamo inconsapevolmente socializzati al genere nella famiglia, a scuola e sui media.
Nella famiglia i genitori tendono ad avere aspettative diverse riguardo ai figli maschi o alle figlie femmine, che agiscono sul modo in cui il comportamento viene interpretato, sugli stili relazionali che i genitori intrattengono con i figli e sull’interiorizzazione delle aspettative genitoriali rispetto alle predisposizioni/attitudini dei figli. Ad esempio, un’emotività contraria alle aspettative di genere (aggressività in una bambina, pianto e paura in un bambino) può essere percepita come fastidiosa e sbagliata, quindi verrà scoraggiata anziché assecondata; oppure, ancora per esempio, se un bambino si aspetta di essere dotato per la matematica, potrà affrontarla con maggiore ottimismo e motivazione, confermando le aspettative di partenza di una sua predisposizione.
La scuola rappresenta un contesto in cui le differenze tra maschi e femmine vengono strutturate e amplificate. Le ricerche hanno evidenziato tre fattori che tendono a influire sul genere. Questi fattori sono: le risposte degli insegnanti e del personale scolastico ai comportamenti del bambino/a; i supporti educativi e i materiali didattici; le relazioni con i compagni. In quest’ultimo caso, il genere è un regolatore importante del rapporto con i pari, che incoraggia vicendevolmente a fare “cose da maschio” o “da femmina”, a prendere in giro l’altro quando questo non succede, a raccogliere preziosi esemplari di supereroi simbolo di maschilità o di fatine simbolo di femminilità.
Nei media è diffusa una rappresentazione estremamente tipizzata per genere che ha un effetto diretto sulla definizione delle regole di popolarità tra pari e che amplifica i meccanismi della socializzazione di genere messi in atto dai compagni. Inoltre, se in passato la spinta mediatica verso i modelli di genere era soprattutto normativa e costrittiva, al contrario oggi la liberazione dei costumi ha determinato una spinta verso modelli di genere fondati sulla desiderabilità sociale, su promesse di felicità e successo che spingono bambini e adolescenti a aderire acriticamente agli stereotipi proposti.
In sintesi, famiglia, scuola e mass media possono essere considerati parti di un complesso e interdipendente sistema di socializzazione del genere in cui la definizione dell’identità sessuale si intreccia continuamente con fattori individuali e sociali che si influenzano vicendevolmente. In altre parole, l’apparente diffusione e liberalizzazione delle tematiche legate al genere non può essere considerata tout court un fattore che influenza, positivamente o negativamente, il processo di affermazione della propria sessualità in quanto il bambino o l’adolescente sono portatori di una propria soggettività capace di elaborare in maniera personale gli stimoli e le influenze sociali. La paura e gli allarmi verso il predominio di un’ipotetica “teoria gender” sembrano essere una risposta difensiva della società che, quando non scade in fondamentalismi ideologici, evidenzia un interrogativo centrale per la costituzione dell’essere umano: quale significato attribuire alla differenza dei sessi? Cosa accade se si va oltre il binarismo sessuale?
Tornando sul piano individuale, in età infantile e adolescenziale l’affermazione della propria identità sessuale diviene più complicato perché esiste una forte difficoltà ad ammettere che la variabilità di genere e di orientamento rappresentano una condizione propria di molti bambini e bambine a partire dalla più tenera età, di cui dovremmo prenderci cura con rispetto. Infatti, anche quando bambini e adolescenti vivono situazioni di disforia di genere, è fondamentale tenere presente che questa non si traduce direttamente nel fatto che da grandi saranno transessuali o in una condizione di forte malessere. Inoltre, un’atipicità di genere, espressa durante l’infanzia o adolescenza, è perfettamente compatibile con uno sviluppo dell’identità di genere cisgender e di un orientamento eterosessuale, nonostante sia emersa con maggiore frequenza un’associazione tra atipicità di genere infantile e omosessualità. Per questo motivo, in generale, un atteggiamento sano da parte degli adulti è caratterizzato da: rispetto delle preferenze e dei sentimenti dei bambini; garanzia di un amore incondizionato nei loro confronti; aiuto a capire le aspettative di genere della società senza che queste implichino un difetto del bambino; supporto nell’affrontare le conseguenze sociali di un’atipicità di genere.
La cura professionale per gli adolescenti con disforia di genere è attualmente oggetto di discussione scientifica, ma è possibile distinguere almeno due orientamenti.
Il primo permette di intervenire precocemente per assecondare incondizionatamente la non conformità di genere risultata in disforia. Questo vuol dire consentire l’arresto dello sviluppo puberale, così da non incrementare la condizione di disforia e offrire trattamenti precoci di inibizione dello sviluppo ormonale (non terapie ormonali vere e proprie), che concedono alla persona di prendersi del tempo per capire e se scegliere la riassegnazione chirurgica del sesso. La soppressione della pubertà è intesa come un ulteriore concessione di tempo per elaborare la disforia attraverso protocolli terapeutici che includono il supporto psicoterapeutico all’individuo e alla famiglia e un più complessivo lavoro sul contesto di vita della persona (a partire dalla scuola). In questo modo, la “risoluzione” della disforia potrebbe portare ad una “riattivazione” del percorso puberale in senso congruente o meno rispetto al sesso biologico e al genere assegnato alla nascita.
Il secondo considera che l’arresto della pubertà fa rimanere la persona in uno stato “più indifferenziato” rispetto al gruppo di pari. Per tale motivo, si lascia che l’individuo venga socializzato secondo i ruoli e l’espressione di genere congruente con il genere assegnato alla nascita in modo tale da evitare che i bambini con disforia di genere vadano incontro stigmatizzazioni gravi o a scelte affrettare sulla propria identità sessuale. Questo non esclude l’importanza di una maggiore apertura della società verso la non conformità di genere, così come non impone l’uniformazione dell’identità sessuale del bambino alle idee sul genere più accettate socialmente.
In generale, il supporto psicologico e psicoterapeutico agli adolescenti gender variant risulta necessario per consentirgli di intraprendere una soggettivazione del proprio percorso di crescita e della propria personalità che potrebbe essere ostacolata dalle forti stigmatizzazioni e incomprensioni vissute fin dall’infanzia.
In un’ottica non correttiva, l’intervento psicologico mira a sostenere questi adolescenti qualunque decisione essi vogliano prendere, aiutandoli a fare chiarezza nella propria confusione e ad aiutare i loro genitori affinché accettino la possibilità di avere un figlio diverso dalle proprie aspettative. È interessante sottolineare che l’identità di genere di un adolescente non è da considerare prioritaria rispetto ad altre questioni legate alla crescita e allo sviluppo in quanto si sta lavorando, prima di tutto, con adolescente che sta cercando di trovare il proprio posto nel mondo. Questo non significa divenire spettatori passivi di quanto accade e di quanto queste persone sono costrette a subire quotidianamente, ma cercare di riuscire a comprendere le difficoltà sociali e l’esperienza soggettiva di ogni bambino o adolescente gender variant.
È fondamentale intraprendere un percorso a stadi in modo da lasciare aperte le diverse possibilità di definizione dell’identità di genere e attendere il tempo sufficiente per gli adolescenti ed i loro genitori di assimilare i cambiamenti in atto. Soltanto dopo una completa valutazione degli aspetti psicologici, familiari e sociali e dopo il riscontro di una persistenza della varianza di genere è possibile iniziare a pensare un percorso di transizione.
Riferimenti bibliografici
Amodeo A. M., Scandurra C., Valerio P. (a cura di) (2014). Appunti sul genere. Riflessioni sulle linee-guida di intervento psicologico e dintorni. Edizioni Ordine Psicologi della Campania.
Ferrari F., Ragaglia E. M., Rigliano P. (a cura di) (2017). Il “Genere”. Una guida orientativa. Ebook Società Italiana di Psicoterapia per lo studio delle Identità Sessuali.
Miscioscia M., Rigo P., Spandri M., Cerantola D., Simonelli A. (2020). La disforia di genere in età evolutiva: questioni diagnostiche e aspetti relazionali. Una rassegna narrativa della letteratura, in “Giornale italiano di psicologia, Rivista trimestrale” 1/2020, pp. 231-262, doi: 10.1421/96609