scritto da Eugenio Ciancimino - 31 Agosto 2025 10:23

Regionali, prove tecniche di alternative politiche pentastellate

Dopo un ventennio in cui si sono succeduti otto Governi politici e due tecnici ritorna in cima ai pensieri di coloro che si recheranno alle urne nel 2027 il dilemma di un voto epocale: caos partitocratico calmierato dal ricorso al manuale Cencelli o ricostruzione di tipo degasperiano

L’appuntamento elettorale del prossimo autunno, visto come metro di misura del rapporto di forze tra il centrodestra ed il cosiddetto campo progressista ed all’interno delle stese coalizioni, conferisce, ai nastri di partenza, al M5S un ruolo di protagonista in due Regioni su tre contendibili: Marche, Campania e Calabria.

Con quest’ultime due, strategiche per numero di abitanti e per valenza politica, sono le candidature di Roberto Fico e di Pasquale Tridico ad apparire ed assumere il peso dell’antagonismo di sinistra nei confronti della conduzione del Governo nazionale di Giorgia Meloni. Così, travagliato da contraddizioni interne, il PD è finito col far notizia per la incompatibile convivenza in Puglia di Michele Emiliano con il papabile candidato Antonio De Caro ed in Campania per la “trattativa privata” e “voto di scambio” con la famiglia di Vincenzo De Luca.

Qualcosa che poco si addice ad un partito che si propone di aggregare più forze per costruire una alternativa trasparente rispetto al centrodestra, almeno sul piano dell’etica e delle transazioni. Per cui, fa dire ad Enzo D’Errico, direttore del Corriere del Mezzogiorno, che “se il PD è questa grigia mistura di menzogne ed ipocrisia possiamo farne a meno” e con Rosy Bindi che, a sua volta, ricorda ad Elly Schlein: “se vinci le primarie, promettendo di liberare il partito dai cacicchi, non lo puoi consegnare ai loro figli”.

Sono voci di dentro che hanno eco al di là della casistica di due o tre Regioni e pongono una questione di identità di un partito nato dalla confluenza di più culture politiche nelle quali per mezzo secolo si sono riconosciute masse di elettori. Parte di esse, di formazione ed ispirazione cattolica, oggi si ritrova o riconosce nei partiti di centrodestra, mentre per l’altra è in gioco l’assunzione di una leadership credibile.

“Essere testardamente unitari” – come continua a ripetere la Segretaria del PD – non si spiega per un programma di Governo ma per calcoli di aritmetica elettorale. Sul punto le performance di Fico in Campania e di Tridico in Calabria saranno la cartina al tornasole non solo e non tanto per misurare il potenziale elettorale regionale quanto per configurare una possibile alternativa nazionale al centrodestra e conferirne la rappresentanza, nel prossimo agone delle consultazioni politiche, al leader 5S Giuseppe Conte, che non ha mai sopito il sogno di ritornare a Palazzo Chigi. Ne sarà arbitro il corpo elettorale, ma sul campo la “VAR” della storia certifica nelle ultime tre consultazioni politiche altrettanti fallimenti per il PD ed una vittoria a testa per il M5S e per la coalizione di centrodestra guidata da FdI. Si comprende, anzi è lodevole per impegno, anche se incongruente, lo sforzo di resistenza di Elly Schlein, ma sul suo cammino esistenziale si ritrova a dover fare i conti con un competitor alleato, Giuseppe Conte, e confrontarsi con la Premier Giorgia Meloni per la possibile conquista di Palazzo Chigi.

Dopo un ventennio in cui si sono succeduti otto Governi politici e due tecnici ritorna in cima ai pensieri di coloro che si recheranno alle urne nel 2027 il dilemma di un voto epocale: caos partitocratico calmierato dal ricorso al manuale Cencelli o ricostruzione di tipo degasperiano. Allora per il Paese e le relazioni internazionali, oggi per la rivisitazione di istituzioni vetuste e dei sistemi di solidarietà e sicurezza in ambito europeo. Come dire che la spirito della DC, se non è più propulsivo, sopravvive e continua ad ispirare la prassi politica o politicante del momento.

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