Quando il trash si innalza a cultura
Diciamocelo apertamente, la Fagnani ha fatto solo scienza dell'ovvio constatando la De Crescenzo per quello che è ossia un fenomeno nazionale non per il numero dei suoi follower, indubbiamente cospicuo ma in linea con altri fenomeni trash, bensì perché parlano di lei tutti, anche chi non la segue
Il grado di civiltà di una comunità si rileva da diversi indicatori; uno di questi, certamente tra i più importanti e significativi, è rappresentato dagli standard comunicativi quali la televisione, vale a dire dai codici comunemente condivisi attraverso i quali si scambiamo opinioni, notizie, sensazioni, sentimenti, ecc. La società di massa tende sempre più ad uniformare per cosi dire questi standard al fine anche di semplificare il flusso di informazioni e renderli immediatamente accessibili ad un numero sempre maggiore di fruitori. Le interviste televisive, gli slogan, le frasi fatte, i dialetti, alcune abbreviazioni (distorsioni lessicali) che si incontrano ad esempio frequentemente nei “reels” dei social o di tiktok rispondono a questa esigenza.
Questo prologo per esaminare l’intervista a Rita De Crescenzo a Belve dell’altro ieri sera, certamente non facile a digerirla interamente tuttavia stoicamente l’ho seguita. Di fatto non è stata l’intervistata ad infastidirmi bensì la Fagnani malgrado si sia più volte discusso sull’opportunità di invitare in trasmissione un personaggio alquanto sui generis come la De Crescenzo. Confesso da parte mia un certo scetticismo iniziale, infatti se si discetta smisuratamente della fuffa si rischia di argomentarla, di legittimarla, se non addirittura -volendo esagerare- ratificarla ad una designazione politica. Tuttavia, diciamocelo, una valenza possibile si intravedeva ovvero analizzare un fenomeno sociale. La miseria educativa, il trash innalzato ai ranghi culturali sottoforma di algoritmo. Sinceramente questo era decisamente indigesto.
Si è assistito nella prima parte ad un’insulsa intervista costruita su un gioco facile: parlare una lingua che l’intervistata non capiva, aspettare che si perdesse tra le parole, e poi lasciare che il pubblico ridesse. Questa omologazione lessicale ha anche, a ben guardare, alcuni aspetti che seppur paradossali a prima vista, rivelano poi non solo una conclamata povertà espressiva ma l’incapacità di ricercare un minimo di originalità e inventiva. Dimostrare che una persona è ignorante quando ne è perfettamente consapevole, alla portata di tutti, non appare un dignitoso esercizio giornalistico. La Fagnani poi passa alla parte centrale dell’intervista, incentrata sui traumi subiti dalla De Crescenzo. Certamente la parte più intrigante, poiché vera, cruda, per poi passare alla sfilza dei reati, e ancora ritornare al grottesco. Che dire? Rita De Crescenzo è la tipica popolana con scarsa istruzione, cresciuta in un contesto difficile e con un passato controverso. Certa fenomenologia non risiede in lei, ma nei suoi “followers”: ed è questo che andava approfondito, non il personaggio in sé. Perché, al di là dei tanti curiosi che la seguono appunto per curiosità, ciò che emerge sono coloro che la seguono per compagnia, perché parla la loro lingua. Un segmento sociale privo di strumenti, che si crea un universo a tratti alternativo fatto di una propria musica, dei propri idoli e dei propri gusti.
Praticamente è come scoprire l’acqua calda: i cantanti neomelodici da anni sono misconosciuti al mondo nazionale, al mainstream, ma contano su milioni di fans. I media dovrebbero esplorare questi fenomeni senza la puzza sotto al naso, per comprendere prima di giudicare. E invece nel nostro Paese si dispensano lauree ad honorem a chi ha un po’ di consenso, anche senza contenuti, oppure li mettono in vetrina come fenomeni da baraccone. E l’altra sera, alla fine, il gioco si è trasformato proprio in questo: “Osservate cosa produce Napoli!” Non una seria disamina, non una riflessione, solo fuffa. Diciamocelo apertamente, la Fagnani ha fatto solo scienza dell’ovvio constatando la De Crescenzo per quello che è ossia un fenomeno nazionale non per il numero dei suoi follower, indubbiamente cospicuo ma in linea con altri fenomeni trash, bensì perché parlano di lei tutti, anche chi non la segue.
Dunque si prenda atto che Rita è un fenomeno nazionale perché le tv nazionali, senza valide giustificazioni, si sono interessate a lei, dai disordini di Roccaraso fino all’altro ieri sera. Le hanno fornito l’ambito scranno ed ella opportunamente ma in modo semplice l’ha accettato. Cos’altro doveva fare? Quindi il trash della De Crescenzo può essere motivato come misera istruzione, passato complicato, nessuno aiuto. Mentre al trash becero di chi l’ha messa su un palco decisamente no.
Tutto ciò deve esser visto non come uno spunto occasionale o una curiosità del momento sebbene come la spia di una realtà sempre più desolata, quella stessa che ci impone di fare i conti con un paese svuotato e contraddittorio o meglio che sembra voler procedere testardamente a senso unico e spesso perfino contromano: siamo rimasti cioè paesani (e provinciali) eppure è scomparsa la cultura contadina, inneggiamo alla industrializzazione globalizzata laddove scarseggiano sempre più le fabbriche e gli opifici. Il proscenio (l’eterno “specchio delle mie brame”) viene concesso sempre agli stessi personaggi che sono poi i più inadatti al “ruolo” -e non di rado veri e propri cialtroni- i quali non fanno che ripetere monotonamente un unico ritornello e che dovrebbero suscitare, nel migliore dei casi, un sentimento di avara compassione. E così facendo anche la comunicazione giornalistica nella sua totale accezione terminologica si imbastardisce o perisce del tutto.







