scritto da Redazione Ulisseonline - 22 Gennaio 2015 09:27

Salerno, iniziativa del Rotary: Piero Terracina racconta l’inferno di Auschwitz

Lo hanno abbracciato forte, con gli occhi lucidi, con lo stesso  affetto  e la tenerezza che di solito si riserva al proprio nonno, i  ragazzi delle scuole di Salerno: l’Istituto Superiore” Santa Caterina Da Siena – Amendola”, il  Liceo Classico” Torquato Tasso”, il  Liceo Classico” De Sanctis”, l’Istituto Superiore “Giovanni XXIII” e  il Liceo Scientifico” Da Procida”.

Hanno ascoltato in religioso silenzio il racconto di Piero Terracina, nato a Roma nel  novembre del 1928, uno degli ultimi sopravvissuti al lager di Auschwitz – Birkenau dove, all’età di circa  16 anni, nel maggio del ’44,  fu deportato insieme alla sua famiglia.

E’ stato un momento unico, emozionante e indimenticabile quello che  ieri mattina hanno vissuto gli oltre 350 studenti che gremivano la Sala Tafuri del Grand Hotel Salerno insieme ai loro docenti e alle dirigenti scolastiche dei loro istituti. L’incontro, “Dare un Futuro alla Memoria”,  è stato organizzato dal Club Rotary Salerno Duomo, presieduto dal professor Canio Noce, nell’ambito delle tante iniziative attivate dal  Club per le nuove generazioni: ” E’ un nostro dovere celebrare il ” Giorno della Memoria”. Memoria  significa ricordo di chi è  morto e di chi è sopravvissuto, ma significa anche monito a non dimenticare e a tenere alta  l’attenzione affinché  momenti drammatici come quelli vissuti da Terracina non si verifichino più”.

Piero Terracina, introdotto dal giornalista Pino Blasi, ha ricordato le Leggi antiebraiche del 1938:” Furono approvate all’unanimità dai 389 deputati presenti in Parlamento. Quelle leggi erano un’ingiustizia e non ci fu un solo deputato che disse: No! Non è giusto! Per noi ebrei iniziò un periodo difficile”. Terracina aveva solo 9 anni quando, a seguito di quelle leggi, fu messo fuori dalla scuola, proprio dall’insegnante che più amava:” Quel giorno mi sentii disperato”. Successivamente frequentò le scuole clandestine ebree fino al giorno in cui iniziò il suo drammatico viaggio verso l’inferno di Auschwitz.

Terracina ha raccontato di quando fu arrestato, il 7 aprile del 1944, insieme agli altri sette  componenti della  sua famiglia: “Gli SS tedeschi annunciarono che se entro 36 ore non fossero stati raccolti 50 kg. d’ oro dalle famiglie ebree di Roma, 200 capi famiglia sarebbero stati deportati. Anche molti italiani ci  aiutarono a trovare l’oro, persino una vecchia signora che vendeva le castagne offrì l’unica cosa che aveva: un paio di orecchini d’oro. Nonostante ciò gli SS prelevarono gli ebrei da  tutte le case di Roma. Noi grazie ad un portiere, che fu un vero eroe, ci rifugiammo, dividendoci, in  un appartamento sfitto e nelle  cantine di un  palazzo. Il giorno della Pasqua ebraica, il 7 aprile del 1944, mio padre decise di riunire la famiglia per celebrarla. Mentre eravamo a tavola entrarono gli SS  che ci prelevarono con forza  e ci portarono nel carcere di Regina Coeli:  venne preso anche mio nonno che aveva 84 anni ed era rimasto vedovo da poco. Ci aveva denunciati un ragazzo  fascista che aveva seguito mia sorella Anna, che aveva 22 anni ed era bellissima, la quale aveva rifiutato le sue avance.  Per ogni ebreo fatto arrestare davano  5000 Lire e quel ragazzo guadagnò 40.000 lire”.

Terracina sul suo braccio ha ancora il marchio di  Auschwitz, “dove si moriva per niente”. Si è salvato dalla camera a gas solo per un caso fortuito: “Un mio connazionale mi raccomandò di dire ai tedeschi, che selezionavano gli uomini per i campi di lavoro, che avevo 18 anni anziché 16. Devo a lui la mia vita. Non l’ho mai più incontrato”.

Unico sopravvissuto della sua famiglia, dopo la liberazione, tornò a Roma:  “Avevo 17 anni. I  miei amici della scuola ebraica mi aiutarono e due miei cugini mi  accolsero. Da solo non ce l’avrei mai fatta: non ero più una persona normale, non potevo esserlo, nessuno poteva più esserlo dopo essere stato all’inferno”. Terracina ha lanciato un messaggio ai  tanti giovani presenti:” La memoria non è un ricordo, ma un filo che lega il passato al presente ed è proiettato nel futuro. Fare memoria del passato  è importante se vogliamo che quel passato, che può tornare, non torni mai più. Bisogna sempre ricordare che siamo tutti uguali, non esistono esseri inferiori. Tutti devono essere messi in condizione di trarre da se il meglio. Non bisogna addossare la colpa di ciò che non va bene alle minoranze che non hanno la possibilità di difendersi. Bisogna difendere i  valori della libertà, del  rispetto degli altri, dell’amicizia, della solidarietà: difendere  questi valori è il compito che spetta a  ciascuno di noi”.

Alla manifestazione,  ha partecipato anche l’Assessore Alfonso Buonaiuto che  ha sottolineato l’importanza di ricordare il passato:”Bisogna sviluppare una cultura dell’accoglienza e della tolleranza.  Dobbiamo combattere  le discriminazioni con la civiltà, la cultura e la conoscenza affinché questi errori non si commettano mai più”.

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