Napoli, ricordato il grande poeta e compositore E. A. Mario, autore della “La leggenda del Piave”
Sono state trasmesse intense emozioni durante la bella manifestazione, svoltasi nella Sala Rari della Biblioteca Nazionale di Napoli il 4 novembre, in occasione della giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate e nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della Grande Guerra, programmate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per l’anno in corso , che ha ricordato il grande Poeta e Compositore napoletano, Giovanni Ermete Gaeta, noto come E. A. Mario, e autore della celebre “La leggenda del Piave”.
Alla manifestazione, organizzata dalla Biblioteca Nazionale di Napoli e dagli Eredi di E. A. Mario, hanno partecipato la figlia del Maestro e i nipoti (nella foto), tutti particolarmente emozionati e che si sono anche esibiti nell’interpretazione di alcune melodie, e sono stati portatori di storie e testimonianze del celebre zio.
La Leggenda del Piave, come disse un ministro d’Italia più di 60 anni fa, “giovò alla riscossa nazionale molto più di un generale, e valse a dare nuovo coraggio ai soldati, quanto mai demoralizzati per la ritirata di Caporetto”; ciò viene unanimemente riconosciuto, tant’è che lo stesso Generale Armando Diaz, dopo la vittoria, in un telegramma indirizzato a E. A. Mario, rendeva pubblica testimonianza di ciò.
Giovanni Ermete Gaeta, che assunse lo pseudonimo di E. A. Mario, è certamente uno dei massimi compositori della canzone napoletana e non solo, nonché poeta. Dal punto di vista musicale era un’autodidatta, non avendo mai studiato musica, ma aveva una sensibilità musicale altissima e componeva “ad orecchio” melodie e poi se le faceva trascrivere da musicisti esperti.
Ma aveva anche altissimi sentimenti poetici, indici di una finezza d’animo che lo portava a immedesimarsi nei problemi, spesso drammatici, altrui, comprendendone fino in fondo l’entità: uno dei tantissimi esempi è la celebre “Tammurriata nera”, ideata e scritta insieme a Eduardo Nicolardi, altro grande compositore napoletano, che ne compose il testo: la ispirazione venne dal una ragazza di Portici che, dopo la seconda guerra mondiale, diede alla luce un bambino mulatto, frutto dell’amore con un soldato americano negro; la mamma non aveva voluto abortire scegliendo di tenere quel bimbo e di allevarlo nonostante il diversocolore della pelle che, allora, costituiva una discriminante notevole. E in onore di questa mamma, E. A. Mario e Nicolardi scrissero la celebre canzone che oggi, in molti casi, viene eseguita travisandone il senso.
E. A. Mario non fece il servizio militare, ma visse in “trincea” da Ufficiale postale, e in tale veste ebbe la possibilità di venire a conoscenza delle esperienze e dei drammi di tanti fanti che in quella guerra inviarono ai loro familiari oltre cinque milioni di lettere, molte delle quali aperte, talché dalle stesse il Maestro riusciva a comprenderne i drammi e le difficoltà della vita in trincea.
E fu anche un uomo di straordinaria generosità, tant’è che durante l’ultima guerra, allorquando gli italiani vennero chiamati a sostenerla donando le loro fedi, E. A. Mario donò alla patria anche cento delle numerose medaglie d’oro frutto di onorificenze assegnategli per la sua attività artistica.
Tutto questo, e tanto altro ancora, è stato detto dai vari relatori nel corso della emozionante cerimonia, alla quale hanno partecipato Vera Valitutto, Direttrice della Biblioteca Nazionale di Napoli, Francesco Parenti, Segretario dell’Associazione ex allievi del Conservatorio San Pietro a Majella, Rosaria Savio, dell’Archivio E. A. Mario nella Biblioteca Nazionale, Vincenzo Aversano, storico e studioso salernitano, Raffaele Catalano, storico e nipote del Maestro, Ermanno Corsi, giornalista della Rai.
E non sono mancate le esibizioni dell’attrice Annamaria Ackerman, che ha letto numerose liriche del Maestro, e quelle musicali del soprano Nora Palladino, nonché di Delia e Mario Catalano, nipoti del Maestro.
Ma la emozione maggiore è venuta dalla proiezione del Dvd della “Leggenda del Piave” cantata dall’Autore, ascoltata in piedi dal folto pubblico stipato nella splendida sala Rari della Biblioteca.