Verso la manovra 2026: luci e ombre della finanza pubblica
L’economia reale resta sotto pressione. La crescita del PIL rimane fiacca, appesantita dalla crisi della manifattura e dai dazi statunitensi che colpiscono in particolare la meccanica e la moda
Si avvicinano le scadenze decisive per la politica fiscale: entro il 2 ottobre il governo presenterà l’aggiornamento del quadro di finanza pubblica, il 15 ottobre invierà a Bruxelles il Documento programmatico di Bilancio e il 20 ottobre il Parlamento riceverà il disegno di legge di Bilancio per il 2026.
Una manovra che si colloca in un contesto fragile, tra segnali di stabilità finanziaria e nodi economici ancora irrisolti.
Crescita debole e industria in difficoltà
L’economia reale resta sotto pressione. La crescita del PIL rimane fiacca, appesantita dalla crisi della manifattura e dai dazi statunitensi che colpiscono in particolare la meccanica e la moda. Più resilienti le costruzioni, sostenute dal PNRR, mentre consumi e turismo avanzano a ritmo inferiore alle attese. Il mercato del lavoro mantiene buone performance, soprattutto nel Mezzogiorno, ma le previsioni di assunzione delle imprese sono in calo del 2,1% nel trimestre settembre-novembre.
I punti di forza
Sul versante finanziario arrivano segnali positivi. La revisione al rialzo del PIL, il buon andamento delle entrate tributarie e la riduzione della spesa per interessi lasciano intravedere un ritorno del deficit/PIL sotto il 3% già nel 2025, con possibile uscita anticipata dalla procedura per disavanzo eccessivo. Lo spread è sceso ad agosto a 91 punti base, ai livelli pre-crisi del 2010, e le principali agenzie di rating hanno confermato o migliorato l’outlook sul debito italiano.
Le incognite
I nodi restano numerosi. La pressione fiscale continua a essere più alta della media europea e il governo valuta un intervento sull’Irpef. Il nuovo target NATO del 5% del PIL per la difesa apre una partita complessa: l’Italia oggi spende l’1,5% e colmare il divario rischia di comprimere altre voci di bilancio, dagli investimenti pubblici agli incentivi per le imprese.
Sul fronte energetico, famiglie e piccole imprese restano penalizzate da prezzi ancora alti, ben oltre i livelli pre-crisi, mentre la quota di oneri fiscali e parafiscali si conferma molto più elevata rispetto all’Europa.
Transizione e PNRR
Altro terreno cruciale è quello della transizione green. Serviranno nuove risorse per rifinanziare i bonus edilizi, indispensabili a rispettare gli obiettivi europei di riqualificazione energetica degli edifici. Oltre la metà del patrimonio abitativo resta in classi energetiche inefficienti, con consumi e emissioni ben superiori alla media.
In parallelo, il PNRR sconta ritardi preoccupanti: a fine 2024 è stato speso solo il 44% delle risorse previste e mancano all’appello oltre 130 miliardi da impiegare entro agosto 2026, data di chiusura del programma.
Una sfida di equilibrio
La sostenibilità della finanza pubblica dipende da un percorso di riduzione del debito a partire dal 2027, ma il rallentamento economico e la prudenza della BCE sul taglio dei tassi rischiano di frenare investimenti e crescita. Il governo dovrà quindi bilanciare le pressioni esterne, come la spesa militare, con la necessità di sostenere imprese, famiglie e transizione ecologica, evitando di sacrificare lo sviluppo futuro sull’altare dei vincoli immediati. (fonte Confartigianato)







