Incentivi fiscali alle assunzioni: ogni euro investito ne rende 3,5
I vantaggi non si limitano ai conti immediati: l’ingresso di nuove fasce di lavoratori – come madri single e disoccupati di lunga durata – genererebbe circa 250 milioni di euro aggiuntivi di consumi, con un impatto sul Pil stimato in +0,15 punti percentuali e ulteriori entrate fiscali indirette
Gli incentivi fiscali per le piccole e medie imprese che assumono lavoratori svantaggiati non rappresentano un costo, ma un investimento capace di triplicare il ritorno per lo Stato. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui ogni euro speso in agevolazioni produce almeno 3,5 euro tra risparmi e nuove entrate.
L’ipotesi di base prevede un incentivo medio di 6.000 euro annui per 50.000 nuove assunzioni: a fronte di una spesa pubblica di 300 milioni di euro, i benefici ammonterebbero a oltre 1 miliardo. Il saldo netto positivo sarebbe quindi di 750 milioni l’anno, che in tre anni diventerebbero 2,25 miliardi.
I vantaggi non si limitano ai conti immediati: l’ingresso di nuove fasce di lavoratori – come madri single e disoccupati di lunga durata – genererebbe circa 250 milioni di euro aggiuntivi di consumi, con un impatto sul Pil stimato in +0,15 punti percentuali e ulteriori entrate fiscali indirette.
Il quadro occupazionale italiano resta fragile. Il tasso di occupazione femminile è fermo al 52,5%, ben sotto la media europea, mentre il vacancy rate – i posti di lavoro vacanti – è salito al 2,3%, superiore all’1,7% dell’Eurozona. Settori chiave come manifatturiero, edilizia e turismo soffrono di una crescente carenza di manodopera.
Secondo Unimpresa, gli incentivi alle assunzioni non devono essere letti come misure di welfare, ma come una leva di politica economica e industriale. «Si tratta di uno strumento strategico per ridurre la disoccupazione, sostenere la crescita e rafforzare la competitività del sistema produttivo nazionale», commenta Marco Salustri, consigliere nazionale di Unimpresa. (fonte Unimpresa)
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