Riforma della giustizia e il progressismo conservativo della Sinistra
Questo non vuol dire che la riforma non sia migliorabile o che non sia legittimo opporvisi contestandola nel merito. Altra cosa è fare allarmismo e rilasciare dichiarazioni fuori dalla grazia di Dio

Ieri c’è stato il primo via libera alla riforma costituzionale sulla separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, sull’Alta Corte che li valuterà, sul doppio Csm e i suoi componenti estratti con sorteggio. Oltre ai parlamentari della maggioranza di centrodestra hanno votato a favore anche quelli di Azione e di +Europa. I renziani, pur favorevoli, si sono astenuti. Levata di scudi da parte dell’opposizione. L’ex superprocuratore Cafiero De Raho (M5S) denuncia che la riforma «indebolisce autonomia e indipendenza». Debora Serracchiani (PD) accusa che «si vuole smantellare la Costituzione con intento punitivo». Mentre Angelo Bonelli di Alternativa Verdi e Sinistra parla di «svolta autoritaria». In tutta onestà, sembrano esagerazioni. Parlare addirittura di svolta autoritaria è qualcosa di semplicemente assurdo, ma anche vergognoso. Questo non vuol dire che la riforma non sia migliorabile o che non sia legittimo opporvisi contestandola nel merito. Altra cosa è fare allarmismo e rilasciare dichiarazioni fuori dalla grazia di Dio. Quel che piuttosto preoccupa è il sempre più profondo conservatorismo che anima la sinistra italiana. Qualcuno parla di progressismo conservativo. In altri termini, un progressismo di facciata, ma nei fatti conservatore in modo arcigno fino a diventare retrivo e per certi versi addirittura reazionario.