Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci
Non è un caso che frugando tra i polverosi volumi di una bancarella mi sia imbattuta in questo libro

Ho appena concluso la lettura di Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci e ne consiglio a tutti la lettura per avere un po’ più chiari i trascorsi che ci hanno fatto approdare allo stesso male di sempre che la quotidianità assolve.
Non è un caso che frugando tra i polverosi volumi di una bancarella mi sia imbattuta in questo libro.
La Fallaci ha conquistato sin da subito il mio cuore quando alle medie ci fecero leggere Lettera ad un bambino mai nato e fu in quel preciso istante che capii che per scrivere di un argomento spinoso si possono sollevare domande e non tanto dare risposte.
La parte del libro che mi ha commosso di più tuttavia è quella più personale, dallo studio della Repubblica di Platone alla sua idea di morte sulla quale, sorella morte, la Fallaci non poteva far altro che riflettere dato un cancro non curabile che lei chiama l’Alieno scherzosamente ma definendolo per ciò che è.
Ci sono raccolti in questo volume tutti i suoi pensieri che vuole, per nostra fortuna, farci ereditare, su ciò che lei definisce Eurabia, l’immigrazione, le diverse fazioni e coalizioni politiche, l’Italia, l’ONU, l’Islam, la bandiera arcobaleno e le sue interviste.
Vorrei citare una parte del libro in cui lei stessa cita la Repubblica di Platone, testo a me molto caro, dicendo:
«Quando un popolo divorato dalla sete di libertà si trova ad avere coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino a ubriacarlo, accade che i governanti, pronti ad esaudire le richieste dei sempre più esigenti sudditi, vengano chiamati despoti. Accade che chi si dimostra disciplinato, venga dipinto come un uomo senza carattere, un servo. Accade che il padre impaurito finisca col trattare i figli come suoi pari e non è più rispettato, che il maestro non osi rimproverare gli scolari e che queste si facciano beffa di lui, che i giovani pretendano gli stessi diritti dei vecchi e per non sembrare troppo severi, i vecchi li accontentino. In tale clima di libertà, e in nome della medesima, non v’è più rispetto e riguardo per nessuno. E in mezzo a tale licenza, nasce, si sviluppa, una mala pianta: la tirannia».
Se tutti conoscono i propri diritti e non più i doveri, e il senso di libertà di molti assume contorni sfumati dall’egotismo e dall’iperbolico senso di amor proprio, mi chiedo: che fine sarà di noi come collettività? Che ruolo assumerà la politica nei prossimi anni?
Non ci resta che essere nichilisti e perdere ogni speranza per riuscire a intravedere un barlume di onestà intellettuale a ricordarci che siamo qui per progredire e non per regredire verso l’abisso degli estremismi e della mancanza di valori che ci rendono una società.