Giannino di Lieto, poeta scomparso l’8 luglio del 2006, ha una lunga storia umana e poetica che è opportuno sottolineare e ricordare.
La storia di un illustre poeta, che ha dato lustro a Minori (paese di nascita) e alla costa d’Amalfi, e che soprattutto ha avuto un ruolo di primo piano nella Poesia del Secondo Novecento italiano. Mai un intellettuale di un piccolo borgo della costiera si era e si è imposto nel panorama poetico nazionale.
Un poeta e un uomo schivo e non presenzialista che, facendo leva esclusivamente sulla purezza della sua cultura, sull’impegno spasmodico e appassionato nella scrittura poetica, si è imposto all’attenzione di studiosi di fama nazionale e internazionale.Ne citiamo solo alcuni fra i tanti nel tempo: Giorgio Bàrberi Squarotti, Maurizio Perugi, Ottavio Rossani, Luigi Fontanella, solo per citare qualcuno fra i tanti autorevoli studiosi e accademici che hanno scritto studi critici e hanno avuto parole di elogio e ammirazione per l’autore e la sua poesia.
Non cosa facile, inquadrando la “storia” umana di Giannino, maestro di Scuola elementare, che al suo impegno lavorativo associava con grande dedizione l’amore assoluto per la Poesia.
Un ruolo importante lo svolse la moglie Stefania Venturini, toscana di Pistoia, rappresentante della migliore scuola culturale toscana, che incoraggiò e sostenne le prime prove liriche del Nostro.
Nel buon “eremo” di Marmorata di Ravello, Giannino trovava l’ambiente più adatto alla sua vena poetica nella sua dimora, situata in un vecchio edificio, ricco di storia, che quasi affogava tra i limoni da una parte e dall’altra si protendeva verso l’infinità del mare profondo. Quello stesso mare che in una sua splendida poesia definiva “di color verderame”. Ma Giannino non viveva isolato, né era orgoglioso della sua “solitudine”, anzi “affogava” la sua voglia di confondersi con la gente, soprattutto con i più semplici: contadini, pescatori, gente illetterata, ma ai quali si sentiva vicino, e li attraeva a sé con manifestazioni di alta poesia alle quali la gente aderiva con entusiasmo.Era una rivoluzione, il poeta si confondeva e si confrontava con i contadini, gli umili e coloro che a torto erano stati ritenuti estranei rispetto alla grande cultura. Il miracolo Giannino lo faceva forse inspiegabilmente perché, oltre all’apparente difficoltà linguistica dei suoi versi, conquistava l’attenzione dei lettori e degli ascoltatori con la musicalità del verso e la bellezza quasi metafisica dei suoi “segni dipinti”.
Ha scritto Davide Argnani: “Giannino ha vissuto intensamente, dividendosi fra la scrittura, l’organizzazione culturale e l’impegno ideologico per l’unità della sinistra e la tutela dei diritti e delle libertà individuali…”.
Ha scritto Corrado Piancastelli: “Oggi Minori può godersi la sua memoria dopo la sua presenza, ma resta l’amarezza che egli sia rimasto troppo solo per troppo lungo tempo. È molto retorico e poco innovativo chiudere ricordando che i poeti non muoiono perché la poesia non conosce la morte? Ciao Giannino. Dovunque tu sia”.
Ecco, proprio per contrasto a questi tempi moderni, pare a chi scrive che l’occasione da cogliere sarebbe l’iniziativa (da prendere) da parte di questo Territorio, meritoria e “politicamente corretta”, di un formale riconoscimento alla figura esemplare del “nostro” Poeta, Giannino di Lieto, “la cui scrittura e statura etica hanno reso lezione”.