Cava de’ Tirreni, Marcello Murolo sul sindaco Servalli: “E’ il nostro gattopardo comunale, dispostissimo ad accontentare tutti ed incurante di tutto”
Finge che quella che continua a guidare sia ancora una maggioranza politica e non, invece, un centro di interessi che non ha più alcuna capacità di governo e che punta solo a stare a galla
Riceviamo e pubblichiamo
Caro Direttore,
leggendo le tue considerazioni sulle ultime contorsioni politiche di Vincenzo Servalli mi sono venute in mente le parole che Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nel suo romanzo, mette in bocca al principe di Salina. Non quelle che il principe dice al nipote Tancredi, e che tutti ricordano (occorre che tutto cambi perché nulla cambi), ma quelle ancora più significative del colloquio tra il principe e il suo padre spirituale Padre Pirrone, che Lampedusa ambienta all’inizio del romanzo, poco dopo che i garibaldini sono entrati a Palermo.
Il senso del discorso lo ricorderai anche tu. In sostanza, dinanzi allo stupore che il sacerdote prova quando comprende che anche il principe si prepara ad adattarsi ai tempi nuovi e ad abbandonare al suo destino la dinastia dei Borbone, questi gli tiene una incisiva lezione sull’arte difficile della sopravvivenza politica. I tempi ogni tanto cambiano, dice don Fabrizio, una nuova classe sociale bussa alla porta per prendere il posto della vecchia (nel suo caso, la logora e moribonda aristocrazia feudale). Quando questo accade, è inutile cercare di combattere il fenomeno: l‘obiettivo, invece, deve essere quello di controllarlo, affinché non vi sia sostituzione, ma affiancamento, non alternanza, ma convivenza. Così si potrà tirare a campare almeno un altro po’, trovando nuovi accomodamenti e nuovi compromessi che consentano di salvare il salvabile e di conservare, anche se intaccati, qualche privilegio, qualche posizione, qualche rendita.
Risentiamole le parole del Gattopardo: “Viviamo una realtà mobile alla quale cerchiamo di adattarci come le alghe si piegano sotto la spinta del mare. Alla Santa Chiesa è promessa l’immortalità: a noi, in quanto classe sociale, no. Per noi un palliativo che promette di durare cento anni equivale all’eternità. Potremo magare preoccuparci per i nostri figli, forse per i nipotini; ma al di là di quanto possiamo sperare di accarezzare con queste mani non abbiamo obblighi”.
Crudo realismo? Sicuramente. Ma ancor più egoismo, cinica difesa delle posizioni di un ceto, di una casta, di una persona (la sua: intendo dire del principe di Salina e della sua famiglia). Cento anni: questo è quanto Fabrizio Salina chiedeva al Tempo affinché le sue speranze si compissero.
Vincenzo Servalli chiede al tempo molto meno: solo cento giorni, cioè più o meno quanti ne mancano all’ufficializzazione della sua candidatura alle elezioni per il consiglio regionale e alle sue conseguenti dimissioni da Sindaco. In più, se sarà possibile, qualche altra settimana di vita per la sua amministrazione, perché sia mobilitata per sostenerlo e farlo votare. Se, per raggiungere questo obiettivo, il gattopardo del romanzo era disposto ad abbandonare la vecchia dinastia e ad abbracciare quella nuova, il nostro gattopardo comunale è dispostissimo ad accontentare tutti incurante di tutto, a sacrificare gli amici di un tempo in favore di nuovi amici, a calare il velo del silenzio su di una situazione amministrativa fuori controllo, a fingere che quella che continua a guidare sia ancora una maggioranza politica e non, invece, un centro di interessi che non ha più alcuna capacità di governo e che punta solo a stare a galla perché non intravede ancora una scialuppa alla quale aggrapparsi per continuare la navigazione.
Il conto, come sempre, lo pagherà Cava. Ma questo, allo schieramento che attualmente siede al governo della città, non interessa affatto.
Marcello Murolo







