Spread ai minimi da quindici anni: per l’Italia un dividendo fino a 17 miliardi di euro nel biennio ’26-27
La discesa del differenziale BTP-Bund sotto i 70 punti base apre una finestra storica per la finanza pubblica: il rifinanziamento del debito a tassi più bassi può liberare fino a 17 miliardi tra il 2026 e il 2027. Si tratta di un margine inatteso che premia la stabilità politica e la disciplina di bilancio, ma che non va scambiato per un azzeramento del rischio-Paese. Un’opportunità da cogliere per rafforzare crescita e sostenibilità del debito
La caduta dello spread ai minimi da oltre quindici anni non è soltanto un indicatore di fiducia, ma un elemento potenzialmente trasformativo per i conti pubblici italiani. Con il differenziale tra BTP e Bund stabilmente sotto i 70 punti base, e i rendimenti del decennale in area 3,3-3,4%, il costo medio del debito si sta progressivamente riportando su livelli più sostenibili, spingendosi verso il 2,9-3%.
È uno scenario che sembrava lontano soltanto due anni fa, quando nel pieno delle tensioni geopolitiche e monetarie lo spread superava i 200-250 punti base e i tassi sul decennale sfioravano il 5%. Da allora, il divario con la Germania si è ridotto del 72%, pari a 176 punti base. Una compressione che ha un riflesso immediato: ogni punto base in meno sul nuovo debito emesso vale decine di milioni di risparmio annuo, moltiplicati per un volume di collocamenti che oscilla tra i 450 e i 500 miliardi.
Secondo le stime aggiornate del Centro studi di Unimpresa, il beneficio pieno di questa dinamica si vedrà soprattutto tra il 2026 e il 2027. Con una quota crescente di titoli ad alto rendimento rinnovati a tassi più contenuti, il risparmio annuo sulla spesa per interessi potrebbe attestarsi tra i 6 e i 7 miliardi nel 2026, per poi salire fino a 9-10 miliardi nel 2027. L’effetto cumulato del rifinanziamento consentirebbe di generare un tesoretto complessivo compreso tra 15 e 17 miliardi, un margine di manovra che il Paese non vedeva da tempo e che potrebbe essere utilizzato per sostenere crescita, investimenti, riduzione della pressione fiscale o abbattimento del debito.
È un miglioramento che riflette un insieme di fattori: il mutato orientamento della politica monetaria della BCE, la maggiore disponibilità di Bund sul mercato internazionale, ma anche la percezione di stabilità e continuità nella gestione dei conti pubblici italiani. In questa fase i mercati stanno premiando una linea di prudenza di bilancio, associata a una strategia di contenimento del deficit che l’attuale governo ha mantenuto nonostante un quadro economico incerto. La compressione dello spread è dunque, in parte, il risultato di condizioni favorevoli esterne; ma è anche il frutto di una credibilità nazionale che si è rafforzata rispetto alle turbolenze del 2022 e del 2023.
Questo recupero non significa tuttavia che il rischio-Paese sia scomparso. L’Italia resta un’economia caratterizzata da un debito molto elevato e da una crescita potenziale insufficiente a sostenere nel lungo periodo la stabilità del rapporto debito/PIL. Per questo la riduzione del differenziale deve essere interpretata come una finestra temporale, non come una garanzia permanente. Il vero banco di prova sarà la capacità di trasformare il dividendo finanziario in un percorso strutturale di riduzione del debito, rafforzamento della competitività e sostegno agli investimenti. L’esperienza degli ultimi anni ricorda con chiarezza quanto rapidamente il clima dei mercati possa cambiare di fronte a shock geopolitici, tensioni interne o una perdita di coerenza nelle politiche di bilancio.
L’evoluzione dello spread dal 2022 a oggi racconta proprio questo intreccio tra variabili internazionali e fattori domestici. Dal picco di 245 punti base dell’autunno 2022 al minimo di 69 registrato a dicembre 2025, il recupero è stato graduale ma costante, sospinto dall’azione della BCE, dalla normalizzazione del quadro politico e dalla crescente offerta di Bund per finanziare le nuove esigenze di spesa della Germania. I mercati obbligazionari hanno reagito premiando i titoli italiani, ristabilendo una forbice più simile a quella osservata in periodi di maggiore stabilità macroeconomica. È un contesto più favorevole, che consente al Tesoro di tornare a rifinanziare una parte importante dello stock di debito a condizioni significativamente meno onerose.
Se le condizioni attuali si manterranno, il biennio 2026-2027 potrà rappresentare un passaggio cruciale per il consolidamento del bilancio pubblico. Ma perché questa fase produca effetti duraturi, servirà una strategia coerente che utilizzi la riduzione della spesa per interessi per rafforzare crescita e sostenibilità finanziaria. Il dividendo dello spread basso è un’opportunità; trasformarlo in una leva di modernizzazione sarà la vera sfida della politica economica italiana nei prossimi anni. (fonte Unimpresa)
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