scritto da Nino Maiorino - 03 Maggio 2021 10:10

Ombre Rosse, la fine della “Dottrina Mitterand” e la cattura dei terroristi in Francia

Non può non far piacere l’arresto in Francia degli ex terroristi che da quarant’anni addietro si sono macchiati di delitti premeditati, esecuzioni di servitori dello Stato e della Società Civile, in una guerra senza quartiere che avevano dichiarato allo Stato per un malinteso concetto della giustizia; delitti denominati esecuzioni di   nemici del popolo.

Diremmo quasi che è una svolta storica, perché finalmente, vincendo le resistenze sella Francia, siamo riusciti a bloccare dieci terroristi, e ce n’è ancora uno da rintracciare.

E ci piace titolare queste considerazioni con il nome del blitz che ha portato all’arresto dei brigatisti, “Ombre Rosse”: in queste due parole c’è la sintesi, il senso di quello che fu quel periodo.

Chi ha una certa età ricorda molto bene ciò che avvenne, ma i giovani di oggi non ne sanno niente, ed è bene farglielo conoscere per sensibilizzarli, onde evitare che possa ripetersi una guerra che all’epoca fece circa cinquecento vittime, e non si è ancora capito quali delitti avessero commesso per i loro assassini, molti dei quali, fra l’altro, trovarono comodo rifugiarsi in paesi stranieri, la Francia e non solo, nella consapevolezza che, nonostante  i numerosi processi fatti qui in Italia a loro carico, tutti conclusi con la condanna, difficilmente avrebbero scontato le pene inflitte perchè in Francia era in vigore, fino a qualche giorno fa, la cosiddetta “Dottrina Mitterand”, che l’attuale Presidente francese, Emanuel  Macron, ha cancellato, certamente su pressioni del nostro Presidente del Governo Mario Draghi.

Fra l’altro questa “Dottrina Mitterand” non ha avuto mai valore legale perché fu solo una dichiarazione alla quale si sono passivamente adeguati tutti i successori.

E se si tiene conto che Mitterand quella dichiarazione la fece nel 1985 d’accordo con Bettino Craxi, all’epoca nostro Presidente del Consiglio, ed è rimasta in vigore in vigore fino a qualche giorno fa, si comprende quale ingiustizia abbiano subito il nostro paese e le famiglie delle vittime da parte dell’ “amica” Francia per 46 anni circa.

“Ombre” ce ne sono ancora oggi, e non sappiamo se verranno mai stenebrate; e sono purtroppo tantissime, e ne vengono a galla sempre altre, non solamente legate al terrorismo, rosso o nero non ha tanta importanza, ma pure a organizzazioni criminali sulle quali, grazie ad un giornalismo di inchiesta sempre più agguerrito, vengono continuamente alla luce particolari raccapriccianti.

“Rosse” perché tutti molti terroristi che all’epoca si macchiarono le mani di sangue erano dell’estrema sinistra, e ancora oggi quelle mani sono metaforicamente macchiate di rosso.

Ce ne furono anche dell’altro schieramento, ma in questo momento ci interessano quelli arrestati in Francia.

Prima o poi, quindi, torneranno in Italia, chi sa tra quanti anni, gli ultimi reduci di un esercito che lo Stato italiano aveva sconfitto e che la Francia aveva accolto e protetto per ragioni ambiguamente umanitarie.

Quella “Dottrina Mitterand” è una vicenda che ha inizio con un patto sancito nel 1985 all’Eliseo tra il presidente socialista e il premier italiano Bettino Craxi.

Fu infatti Craxi a chiedere a Mitterrand di evitargli la grana del ritorno in Italia degli esuli in fuga dalle inchieste di terrorismo, originate dalle confessioni dei pentiti.

Tra i terroristi che infastidivano  Craxi Il più imbarazzante era Toni Negri, eletto nel 1983 alla Camera tra i radicali e riparato a Parigi non appena scarcerato per evitare un nuovo arresto: Negri è stato uno dei maggiori teorici del marxismo operaista, una corrente di pensiero e di ricerca marxista antiautoritaria, sviluppatasi in Italia agli inizi degli anni sessanta.

Fu così che, dopo l’incontro con Craxi, Mitterrand pronunciò quella che sarebbe poi stata chiamata “Dottrina”, in pratica solo una dichiarazione politica, alla quale tutti i suoi successori si sarebbero adeguati.

Ma cosa dice questa “Dottrina”?

Si può leggerne la sintesi su Le Monde del 25 febbraio 1985. “… si trova in Francia un certo numero di italiani, circa trecento. Un centinaio son venuti qui da prima del 1981. Hanno rotto in modo evidente con il terrorismo. Essi hanno messo su casa, ci vivono, si sono sposati, hanno fatto famiglia. La maggior parte di loro ha chiesto di essere naturalizzato… se non saranno fornite prove di una loro partecipazione diretta a crimini di sangue, non saranno estradati. Per i  casi per i quali sarà dimostrata la responsabilità in crimini di sangue o per quelli che si sottrarranno alla sorveglianza, si procederà all’estradizione”.

In conclusione Mitterrand affermava che la Francia non sarebbe mai stata “terra d’asilo” per i terroristi, teoria risultata fallace, alimentata da un linguaggio tortuoso, nello stile retorico di Mitterrand, ma il senso è chiaro.

Purtroppo, invece, è successo il contrario: perché?

E qui le cose si complicano perché nell’affastellamento di processi di terrorismo, i dossier che arrivavano dall’Italia erano spesso di difficile lettura per i giudici francesi, le accuse erano quasi sempre fondate sulle parole dei pentiti; il “pentitismo” è un “istituto giuridico” previsto dal nostro ordinamento giudiziario, ma non da quello francese che, pertanto, non lo riconosce; e poiché tutti i processi si fondavano su questo “istituto”, la Francia non ne riconosceva la conclusione.

Inoltre le condanne, quando arrivavano, soprattutto nei confronti degli “esuli”, erano inevitabilmente per contumacia, altro “istituto” giuridico inesistente nel diritto francese, dove un accusato può essere condannato solo in sua presenza.

C’è poi da aggiungere un fatto politico di fondo, e cioè che la giustizia e i governi italiani, passati gli anni dell’emergenza, non si sono mai veramente impegnati a chiedere le estradizioni: un andazzo accettato dalle due parti, ma con la notevole differenza dovuta al fatto che, nel mentre la Francia non faceva altro che applicare una “Dottrina”, all’Italia evidentemente conveniva l’immobilismo in quanto l’eventuale ritorno in patria dei terroristi avrebbe potuto far emergere dagli armadi scheletri ancora occultati, come eventuali connivenze tra terroristi e apparati deviati dello Stato, che periodicamente tornano a galla, ma che poi vengono immediatamente messi da parte.

Il caso più eclatante fu quello di Cesare Battisti, il terrorista laziale attivo negli anni di piombo come membro del gruppo Proletari Armati per il Comunismo, evaso dal carcere di Frosinone dopo una condanna a 12 anni di reclusione per banda armata, condannato in contumacia all’ergastolo per quattro omicidi, due dei quali commessi direttamente.

Battisti, latitante in Messico, poi in Francia, beneficiò appunto della “Dottrina Mitterand”, dichiarandosi sempre innocente, e grazie al passaporto ottenuto in Francia, si trasferì in Brasile, poi in Bolivia, dov’è stato fino al 2018, anno in cui venne estradato In Italia, e solo nel marzo dell’anno successivo ammise i propri crimini, chiedendo perdono alle famiglie delle vittime; quindi un reo-confesso rimasto impunito per decenni, e pure di questo è responsabile la Francia.

Non vogliamo annoiare i lettori con un articolo troppo lungo, al momento ci fermiamo qui, riservandoci di riprendere il discorso in uno successivo.

(1 Continua)

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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