Manchester, la follia islamista e le falle delle sicurezza inglese
Si chiama Salman Abedi, il giovane britannico di origini libiche, il kamikaze che a Manchester ha provocato la morte di 22 persone e 59 feriti, alcuni anche sotto i 16 anni, con l’esplosione di un ordigno rudimentale avvenuta l’altro ieri alla fine di un concerto di Ariana Grande. L’attentato è stato rivendicato dall’Isis, e non poteva essere altrimenti, ma l’autore è un altro pericoloso folle invasato cittadino europeo, figlio di libici fuggiti dal regime di Gheddafi. Non è facile prevenire in toto simili attacchi, tuttavia, sembrano evidenti alcune falle nel sistema di sicurezza britannico. In primo luogo, i controlli poco adeguati al concerto. Vero è che il pubblico era composto essenzialmente da adolescenti e finanche bambini, ma questo non toglie che non possa esserci, com’è accaduto, un giovanissimo pronto a farsi saltare in aria e provocare una strage. In secondo luogo, sorprende che l’attentatore fosse noto ai servizi di sicurezza. Insomma, è impossibile controllare tutti i potenziali stragisti, ma quando, come nel caso di Salman, ci si trova di fronte ad un soggetto che pubblicamente inneggia all’Isis, qualche misura restrittiva preventiva poteva e doveva esser presa. In conclusione, sulla sicurezza c’è ancora molto da lavorare. (foto Giovanni Armenante)







