scritto da Rosa Montoro - 24 Ottobre 2025 10:55

LIBRI & LIBRI Butcher’s Crossing di John Williams

L'identità è cultura quando riconosciamo a un altro essere vivente il diritto alla sua singolarità e alla sua specificità, solo così possiamo vedere la bellezza

Il libro cui mi riferisco oggi è quello di John Williams – BUTCHER’S CROSSING – Mondadori 2024 (da cui è stato tratto un film nel 2022), si legge con una facilità sconvolgente, come tutti i libri di questo scrittore indefinibili e unici. L’autore riesce a mantenere la narrazione sui grandi livelli dei romanzi classici, seguendo temi legati all’affermarsi e al prevaricare dell’interesse economico senza freni e all’accaparramento di risorse. Il meraviglioso linguaggio poetico di Williams di cui avevo goduto già leggendo Stoner, si è riconfermato in questo romanzo di formazione dove un giovane dopo aver avuto una piccola eredità, sceglie di lasciare l’università di Harvard, per esplorare terre nuove all’Ovest, Butcher’s Crossing, che è poco più di un accampamento selvatico. Williams ci porta sul limite labile tra natura selvaggia e civiltà umana, facendoci seguire quei confini nell’anima del suo personaggio principale, Andrews. Appena arrivato, lo studente conosce Francine, una giovane prostituta che s’innamora di lui, condivide l’attrazione fisica ma quando potrebbe avere un rapporto sessuale con lei, si manifesta quella sensazione di morte che lo sorprende. Sono i primi indizi di quello che vivrà di lì a poco.

“Perché era scappato? Da dove veniva quel senso di morte dentro di sé che l’aveva fatto correre via? Ricordò la fitta alla bocca dello stomaco la repulsione che d’un tratto si era sostituita al ribollire del sangue alla vista di Francine nuda che ondeggiava piano come fosse sospesa davanti a lui dalla forza stessa del suo desiderio.”. (John Williams – BUTCHER’S CROSSING – Mondadori 2024 – p. 182)

La morte prende il sopravvento quando il corpo diventa solo un pezzo di carne sostituibile e senza desiderio. Quando anche la natura selvaggia perde la dignità di esistere e quando non si riconoscono agli altri esseri viventi la fierezza e la nobiltà che la loro vita contiene.

“Si rese conto che non era scappata dal bisonte come una donnicciola nauseata dal sangue e dal tanfo e dall’interiore; si era sentita male ed era scappato perché lo aveva sconvolto la vista del bisonte, così fiero e nobile soltanto poco prima, pieno della dignità della vita, ora nudo e in difeso, un mucchio di carne inerme, spogliato della sua essenza…” (op.cit. p.183)

L’identità è cultura quando riconosciamo a un altro essere vivente il diritto alla sua singolarità e alla sua specificità, solo così possiamo vedere la bellezza. Altrimenti rimane strumento o merce che toglie anche a noi senso e desiderio di vita, come il protagonista aveva visto la prostituta Francine.

“Quella identità era stata assassinata; in quella assassinio Andrew aveva sentito la distruzione di qualcosa dentro di sé, e non era riuscito ad affrontarla. Per questo era scappato.” (op.cit. p.183)

Apro una parentesi perché non posso fare a meno di pensare alla mattanza di Gaza cui abbiamo assistito e mi dà conforto pensare che non sia la sola a essere arrivata alla nausea ma milioni di persone che hanno voluto gridarlo al mondo per le strade dei loro paesi.

È come se qualcosa m’inseguisse, in questo periodo, attraverso le letture, nei temi dei romanzi che leggo. È normale, ma non è sempre cosciente, forse lo saremo dopo, vedendo quell’insieme che ha generato riflessioni, reazione, senso d’impotenza e dolori. Intanto, ci trascina il corso di un fiume, lo stesso che ha portato me verso questa lettura che esplora i meccanismi innescati dalle scelte e dai comportamenti umani nella lotta per la vita.

Esplorare. Ho sempre pensato che questo verbo fosse sinonimo di mascolinità. Mi spiego meglio. L’associazione di significato è legato a una visione, che proiettata verso la vita sociale, l’avventura e la scoperta di terre mai esplorate, una visione rimasta associata all’idea di forza fisica e resistenza. Il protagonista del romanzo, Andrews. invece, scopre che l’esplorazione è soprattutto uno scandagliamento interiore, una ricerca di significati e di senso che ci legano gli uni agli altri e alla natura, sperimenta che più la sete fisica e il panico s’impossessano di lui e più ha bisogno di unirsi ad altri esseri viventi, avere un punto di riferimento confortante da seguire.

“Preso dal panico, si agitò da una parte all’altra sulla sella; guardò in alto alla conca immensa del cielo e in basso alla terra su cui cavalcava; e l’una gli sembrò lontano quanto l’altra. Infine sentì a stento il cigolio del carro e spinse il cavallo in quella direzione. Nel giro di pochi istanti si trovò di nuovo con i compagni… ma anche dopo che fu riunito al gruppo, continuò a rabbrividire in preda al panico di scoprirsi perso, abbandonato; e per un po’ quel panico lo mantenne lucido, facendogli seguire i movimenti di Miller nel buio, non nella speranza che lo portasse dove voleva andare ma come se potessero salvarlo dal rischio di perdersi in un vuoto in cui sarebbe stato solo”. (op.cit. p.124)

Andrews scopre che il vero nemico della direzione è la solitudine, lontano dagli altri esseri umani ci assale il vuoto di senso, la conca immensa del cielo, la terra su cui cavalchiamo diventa distante e irraggiungibile perché priva di direzione. E il protagonista corre verso gli altri esseri umani con cui ha un progetto di vita, soltanto così si allevia il panico di perdersi in una geografia interiore che lo può inghiottirlo e riportarlo nella natura selvaggia della materia, nel vuoto di senso. John Williams ci mostra la forza distruttiva degli esseri umani e ci dice anche che la vera forza, quella che ci può salvare, è nel senso che riusciamo a dare alla vita umana: rimanere insieme, dentro un progetto di vita, raggiungibile solo fidandosi l’uno dell’altro.

“Vide soltanto un manto verde scuro di rami e aghi di pino… privo d’identità o dimensione, come un mare asciutto, fermo in un movimento di calma, i flutti leggeri ed eternamente immobili; un mare su cui avrebbe potuto camminare solo per un istante, per poi affondare al minimo movimento, affondare lentamente nel verde, fino a raggiungere il cuore stesso della foresta senza aria, a diventare parte di essa, da solo, nel buio.” (op.cit. p.132)

Se volessimo tirare le somme come si fa alla fine di una favola, la morale che scopre questo giovane uomo, gli dice che non basta pestare i piedi su una terra per dirla la nostra. Una terra diventa nostra, solo se è ricoperta di senso seminato e coltivato, dagli esseri umani che vi abitano, una cultura. Così si può chiamare conquista, altrimenti è solo sopraffazione e accaparramento senza senso e senza limiti, come farà Miller con la mandria di bisonti.

Il limite dei nostri obiettivi non deve essere la morte ma la vita e quando la perdiamo di vista estingue anche noi, lasciando il deserto. La forza si sostituisce all’intelligenza accecata dall’idea di vincere la morte, ma lei è lì, nel nostro corpo prima della nostra mente, non ha bisogno di cercarci.

“Era come se si fossero messi d’accordo (i bisonti), come se l’avessero progettato tutti insieme”, disse Miller.

“E fanno spesso cose del genere?” Chiese Andrews.

“Non ti conviene provare a capire… se provi a indovinare cosa faranno finisce nei guai. La cosa migliore è non pensarci, andare addosso, ammazzarli quando puoi e non provare nemmeno a capirci qualcosa”. (op.cit. p.203)

Miller gli sta dicendo di non pensare, rimanere nell’impulso bruto della violenza e sopraffazione.

Rosa Montoro è nata a Sarno e vive a Cava de’ Tirreni, laureata in Sociologia lavora in un ente pubblico, è sposata e ha due figlie. Ha ricevuto vari premi per la poesia, nel 2017 ha pubblicato "La voce di mia madre", una raccolta di poesie inserita nel catalogo online “Il mio libro” – Gruppo editoriale Espresso. Per la narrativa è stata premiata nel 1997 per il racconto "Il cielo di Luigino" pubblicato nel testo collettaneo “Nuovi narratori campani” dell’editore Guida di Napoli. Lo stesso editore ha pubblicato nel 2000 il romanzo breve "Il silenzio della terra" premiato nel 2001 al Concorso Europeo di narrativa “Storie di Donne” FENAL circoli europei liberi, secondo premio. Infine, "Il Circolo degli illusi", edito da Oedipus - 2018.

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