scritto da Redazione Ulisseonline - 19 Luglio 2025 09:22

Italiani in guerra? Solo il 16% pronto a combattere. Cresce la voglia di neutralità e diffidenza verso gli alleati storici

La percezione di un conflitto imminente non è remota: su una scala da 0 a 100, gli italiani valutano con un indice di 31 la possibilità che il Paese venga coinvolto in una guerra entro cinque anni

Se l’Italia fosse trascinata in una guerra nei prossimi anni, difficilmente risponderebbe con spirito patriottico. È quanto emerge da un recente sondaggio condotto a livello nazionale: solo il 16% dei cittadini sarebbe disposto a imbracciare le armi, mentre il 19% diserterebbe e il 26% preferirebbe affidare la difesa del Paese a contingenti di mercenari stranieri.

La percezione di un conflitto imminente non è remota: su una scala da 0 a 100, gli italiani valutano con un indice di 31 la possibilità che il Paese venga coinvolto in una guerra entro cinque anni. Ma nonostante l’aumento della spesa militare – +46% in dieci anni, fino a 35,6 miliardi di dollari – l’atteggiamento generale della popolazione resta segnato da una profonda riluttanza.

Tra i 18 e i 45 anni, solo una minoranza risponde “presente” alla chiamata alle armi. Il 39% si definisce pacifista e pronto a protestare, mentre quasi otto italiani su dieci si preparerebbero alla sopravvivenza piuttosto che al combattimento: l’81% cercherebbe rifugi, il 78% accumulerebbe provviste e il 66% si doterebbe di un kit d’emergenza.

Un popolo di disillusi

Secondo il 65% degli intervistati, l’Italia non sarebbe in grado di resistere a un’aggressione senza il sostegno degli alleati. Ma anche qui si registra un cambiamento: il 63% considera ormai ostili gli Stati Uniti, complice la crescente tensione commerciale, e quasi la metà (46%) non è più certa che Washington ci sosterrebbe in caso di guerra.

Nonostante ciò, la NATO resta un pilastro: il 49% ne sostiene il rafforzamento. Tuttavia, prende sempre più piede l’idea di una difesa comune europea: il 58% degli italiani è favorevole alla creazione di un esercito unificato, con comando e armamenti condivisi tra i Paesi membri dell’UE.

L’Italia preferisce restare neutrale

La linea che raccoglie il consenso più ampio è però quella della neutralità, tanto nei conflitti attuali quanto in quelli ipotetici. Nella guerra in Ucraina, il 62% vorrebbe che l’Italia restasse imparziale. Una posizione che si rafforza nel caso del conflitto in Medio Oriente (70% favorevole alla neutralità) e anche di fronte alle mire espansionistiche americane su territori come la Groenlandia: solo il 4% si schiererebbe con gli USA.

Più armi o più pace?

Nonostante la crescita della spesa militare, l’Italia resta indietro rispetto ad altri Paesi europei: 586 dollari annui pro capite contro gli 807 della Polonia o i 1.096 della Germania. Eppure, un italiano su quattro si dice disposto ad aumentare ancora le spese per la difesa, anche a scapito di sanità e previdenza. Un 11% vorrebbe addirittura dotare l’Italia di armi nucleari.

Un’apparente pace

Dal 1989 a oggi, l’Italia ha partecipato a otto missioni in teatri di guerra, oltre a numerose operazioni di peacekeeping sotto l’egida dell’ONU. I militari caduti in operazioni all’estero sono stati 146. E mentre il mondo torna a riarmarsi – oggi si contano 184 conflitti attivi, il doppio rispetto al 1989 – gli italiani oscillano tra paura e disillusione, tra la voglia di proteggersi e quella di restare lontani dal fuoco.

In un’epoca che sembra riscrivere le regole della sicurezza internazionale, il messaggio che emerge da questo sondaggio è chiaro: l’Italia, più che combattere, vuole sopravvivere. E preferisce farlo da neutrale. (fonte Censis)

clicca qui per leggere l’articolo originale e integrale del Censis

Rivista on line di politica, lavoro, impresa e società fondata e diretta da Pasquale Petrillo - Proprietà editoriale: Comunicazione & Territorio di Cava de' Tirreni, presieduta da Silvia Lamberti.

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