Lavoro, allarme inverno demografico: l’età media degli occupati sale a 44,2 anni. Boom di pensionati attivi
Secondo un’analisi condotta da Confesercenti su dati INPS, Istat e delle Camere di Commercio, nel 2024 l’età media degli occupati ha raggiunto i 44,2 anni, con un incremento di oltre due anni rispetto al 2019
L’Italia continua a invecchiare, anche sul lavoro. Secondo un’analisi condotta da Confesercenti su dati INPS, Istat e delle Camere di Commercio, nel 2024 l’età media degli occupati ha raggiunto i 44,2 anni, con un incremento di oltre due anni rispetto al 2019. Il fenomeno, definito “inverno demografico”, sta trasformando profondamente la struttura del mercato del lavoro e pone interrogativi urgenti sulla sostenibilità economica del Paese.
A trainare l’invecchiamento sono la carenza di giovani, l’allungamento dei percorsi di studio, i requisiti più severi per andare in pensione e, soprattutto, il crescente numero di over 50 attivi: negli ultimi vent’anni, questa fascia è aumentata di quasi 5 milioni di unità, contro un calo netto di oltre 3 milioni di lavoratori sotto i 50 anni. Particolarmente rilevante il dato sui pensionati che rientrano nel mondo del lavoro: oltre un milione, cresciuti di 76mila unità negli ultimi cinque anni. Si tratta per lo più di autonomi, professionisti e circa 360mila dipendenti.
Anche il mondo dell’impresa soffre la mancanza di ricambio generazionale: l’età media degli imprenditori è oggi di 51,9 anni, con punte che superano i 54 in alcune regioni. In Umbria, ad esempio, si è passati da 52,7 anni del 2019 a 54,1. La Lombardia si conferma invece la regione con gli imprenditori più giovani, con una media di 49,2 anni.
Il Mezzogiorno non è esente dalla tendenza: in Campania, l’età media degli imprenditori è salita da 50,1 a 51,6 anni, in Puglia da 51,3 a 52,4, in Calabria da 50,8 a 52,5. Unica eccezione significativa è il Lazio, dove si registra una lieve diminuzione (da 50,5 a 50,3 anni).
Oltre al tema demografico, pesa anche l’impoverimento del lavoro, dovuto a una combinazione di inflazione, pressione fiscale e soprattutto alla diffusione dei contratti “pirata”: accordi sottoscritti da sigle sindacali minoritarie, che prevedono condizioni peggiorative rispetto ai contratti collettivi rappresentativi. Secondo l’indagine, circa 800mila lavoratori, soprattutto nel terziario e nel turismo, ne sono colpiti, subendo sotto-inquadramento, assenza di tutele, niente previdenza integrativa né assistenza sanitaria.
“Inverno demografico e dumping contrattuale sono due micce accese che rischiano di far deflagrare il mondo dell’occupazione”, ha commentato Nico Gronchi, presidente di Confesercenti. “Serve un intervento organico: più incentivi per chi assume giovani, un regime fiscale agevolato per le imprese under 35, e il rafforzamento della contrattazione collettiva di qualità”.
Secondo Gronchi, è fondamentale detassare non solo gli aumenti salariali dei contratti rappresentativi, ma anche 13esima e 14esima mensilità, per rilanciare il potere d’acquisto e favorire l’occupazione regolare.
Intanto, il Paese si trova stretto tra un mercato del lavoro sempre più anziano e una generazione giovane che fatica a trovare spazio. Un equilibrio fragile, che rischia di compromettere anche le prospettive future di crescita. (fonte Confesercenti)
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