Stop al «sì» nell’Inno
Una direttiva dello Stato Maggiore della Difesa impone il ritorno alla versione originale di Mameli nelle cerimonie ufficiali, eliminando l'urlo finale aggiunto dal compositore Novaro
Il 2 dicembre scorso, lo Stato Maggiore della Difesa ha emanato una circolare che vieta di gridare «sì» al termine dell’Inno d’Italia durante gli eventi militari e istituzionali. La decisione nasce da una precisa volontà del Presidente Mattarella, tesa a ristabilire il rigore filologico del brano. Sebbene il «sì» compaia nello spartito originale di Michele Novaro del 1847 per esigenze di chiusura ritmica, esso è assente dal testo poetico di Goffredo Mameli. Questa divergenza storica è stata risolta dando priorità alla parola scritta del poeta, eliminando un’aggiunta considerata oggi troppo enfatica. La misura ha suscitato un vivace dibattito. C’è chi sostiene il purismo filologico e chi, specialmente tra i militari, vede in quell’urlo un simbolo di orgoglio e identità nazionale. In conclusione, che dire? Fossero questi i problemi del Paese… Insomma, ce ne faremo una ragione e serberemo il si per altro. Per sposarsi o magari, volendo, per le consultazioni referendarie.





