Sanità al bivio
Il Servizio sanitario nazionale riceverà un aumento record di fondi, ma il sistema resta fragile. Liste d’attesa, carenza di personale e spesa privata mettono a rischio l’universalità delle cure
Interessante l’indagine sullo stato di salute della nostra sanità che è emerso questa settimana dal Dataroom di di Milena Gabanelli. Dopo quindici anni di sottofinanziamento, nel 2026 il Servizio sanitario nazionale avrà 6,3 miliardi in più grazie alle ultime due Leggi di bilancio. È l’incremento, evidenzia la Gabanelli, più alto mai registrato, ma la domanda resta: basterà? I dati che la Gabanelli snocciola sono inequivocabili. Leggiamoli. Oggi il 10% degli italiani rinuncia alle cure per motivi economici, mentre visite ed esami vengono pagati di tasca propria per oltre 10 miliardi l’anno, a causa delle liste d’attesa. Nel frattempo, 2.000 medici e 2.750 infermieri hanno lasciato il servizio in un solo anno. I medici di famiglia diminuiscono, penalizzati da borse di studio meno competitive rispetto a quelle ospedaliere. Da qui la conclusione che senza un piano strutturale su personale e organizzazione, il rischio è che l’aumento di risorse si riveli solo un tampone e non un vero rilancio del sistema sanitario. In altre parole, andando oltre le polemiche politiche che lasciano il tempo che trovano, il Governo Meloni è il primo dopo anni che ha messo soldi nella sanità, anche se non ancora sufficienti. Questo però non basta. Occorre un progetto di sviluppo, oculato e di prospettiva. Su questo e non sulle sterile polemiche l’opposizione dovrebbe incalzare Meloni e i suoi.





