Il frullatore di Milano
Il rischio di questa inchiesta sull'urbanistica è che in molti, e forse la stessa Milano, andranno a finire nel tritacarne mediatico-giudiziario. Compresi, ovviamente, i fragili e i più deboli economicamente
«Sono convinta che un avviso di garanzia non porti in automatico alle dimissioni. Non cambio posizione in base al colore politico dell’indagato». E’ quanto ha dichiarato ieri la premier Giorgia Meloni sull’inchiesta che ha terremotato il Comune di Milano. Parole sagge oltre che doverose. La magistratura, in pratica, faccia il suo corso, mentre la politica decida in base alla sua capacità di governare e non per altro. Certo è che al Comune di Milano la situazione è davvero complicata. Sono 74 gli indagati, compreso anche il sindaco Sala, e sei richieste di arresto per l’inchiesta sull’urbanistica. Il rischio, adesso, come scrive oggi Venanzio Postiglione sul Corriere della Sera, è quello del frullatore. In altre parole, un pericoloso mix tra «legalità sacrosanta con le polemiche politiche di parte, scambiare il progresso con il malaffare». Al contrario, l’editorialista del Corriere suggerisce di avviare «una discussione vera, profonda, pacata… come tenere unite la crescita e l’inclusione sociale. Perché bisogna attrarre i migliori manager e allo stesso tempo occuparsi dei fragili e dei redditi più bassi». In fondo, questo è il vero compito della politica. E su questo, quali che siano gli esiti dell’inchiesta giudiziaria, che il sindaco Sala e la sua amministrazione vanno giudicati. Per ora, però, il rischio è che in molti, e forse la stessa Milano, andranno a finire nel tritacarne mediatico-giudiziario. Compresi, ovviamente, i fragili e i più deboli economicamente.





