Oggi ricorre l’83° anniversario dalla morte del Comandante Salvatore Todaro, l’eroe (dimenticato) della Xª Mas
Medaglia d’oro al Valore Militare, figura unica e illustre, Todaro fu uno dei più grandi Marinai che la Marina possa vantare di avere avuto tra i suoi ranghi
Era il 14 dicembre 1942. La raffica di un aereo inglese colpì l’unità per mezzi speciali della Decima Flottiglia Mas “Cefalo” al largo dell’arcipelago tunisino di La Galite. Tra i caduti vi fu anche il comandante Salvatore Todaro, 34 anni, sguardo magnetico e un pizzetto di barba nerissima, destinato a passare alla storia per i principi etici che lo contraddistinguevano, oltre che per le valorose imprese militari.
Medaglia d’oro al Valore Militare, figura unica e illustre, Todaro fu uno dei più grandi Marinai che la Marina possa vantare di avere avuto tra i suoi ranghi. Un uomo che era riuscito a non perdere l’umanità neanche di fronte ai combattimenti più feroci della Seconda guerra mondiale, senza mai far intravedere la grave menomazione che aveva riportato in una missione a La Spezia dell’aprile 1933 quando un incidente aereo gli costò una frattura della colonna vertebrale che lo costrinse a portare un busto per tutta la vita.
Nato il 16 settembre 1908 a Messina, figlio del maresciallo di artiglieria Giovanni e di Rosina Ruggeri, ha vissuto gli anni del terremoto e, allo scoppio della Prima guerra mondiale, si è trasferito a Chioggia. Nel 1923 Todaro entrò all’Accademia Navale di Livorno, promosso guardia marina nel ‘28 e tenente di vascello nel ‘29. Nel novembre 1941 chiese volontariamente, e ottenne, di essere trasferito alla Xª Flottiglia MAS. Nella notte del 15 ottobre 1940 il capitano di corvetta della Regia Marina Todaro consegnò il suo nome alla storia rendendosi protagonista di un’azione umanitaria impensabile, almeno in temi di guerra.
Mentre si trovava all’altezza dell’arcipelago di Madera, il “Cappellini”, così si chiamava il sommergibile di cui era a capo, avvistò il piroscafo belga Kabalo che stava trasportando attrezzature belliche inglesi e dopo poche ore di combattimento lo affondò.Secondo la regola della guerra il “Cappellini” avrebbe dovuto andare in immersione, allontanandosi prima possibile per non essere intercettato dal nemico; invece Todaro ordinò al suo equipaggio di andare a recuperare i soldati nemici in mare in balia delle onde e di fare il possibile per metterli in salvo. Per questa sua decisione fu duramente criticato dal comandante dei sommergibilisti tedeschi, l’ammiraglio Karl Dönitz. Secondo diverse fonti storiche Todaro avrebbe replicato alle critiche dell’ammiraglio con una frase memorabile: “Noi siamo marinai, marinai italiani, abbiamo duemila anni di civiltà sulle spalle, e noi queste cose le facciamo”.
L’anno successivo, il 5 gennaio 1941, il comandante Todaro salvò i diciannove superstiti del piroscafo inglese Shakespeare, dopo averlo affondato nelle acque dell’Atlantico, tra le isole Canarie e le coste africane.
Un uomo che è diventato in guerra un eroe dell’umanità, che ha fatto una vita esemplare, dedicata al prossimo e alla Marina, Todaro è ricordato per la sua etica, per il suo coraggio, per la sua umanità.
La cultura dell’uomo di mare è forte perché è capace di tendere la mano al debole, le leggi eterne che governano il cielo e il mare e sa che sono superiori a qualunque altra legge. L’uniforme della Marina è stata nel tempo onorata da grandi Marinai e veri Uomini, proprio come ha fatto Salvatore Tòdaro che è commemorato anche in Belgio per le sue virtù.
Oggi gli eredi di Todaro continuano a tenere alto lo stendardo dell’Italia nel mondo. Uomini che sacrificano la vita, la famiglia, gli affetti, lavorando sotto traccia, giurando fedeltà alla Patria senza poter mai permettersi di godere della “tranquilla normalità”.che garantiscono a noi che ignoriamo la loro esistenza.







