Napoli, 23 settembre 1985 – 23 settembre 2025: quarant’anni senza Giancarlo Siani
Giancarlo Siani non era ancora giornalista professionista: era un precario, ma con il talento e il coraggio di chi aveva scelto di raccontare le verità scomode
Era il 23 settembre del 1985 quando la voce di Giancarlo Siani, giovane cronista del Mattino, venne spenta per sempre dai colpi di pistola della camorra. Aveva appena compiuto 26 anni, il 19 settembre, e stava rientrando a casa a bordo della sua Citroën Méhari verde, in via Romaniello, quartiere Arenella. Non fece in tempo a scendere dall’auto: dieci proiettili calibro 7.65 lo raggiunsero alla testa. In tasca, due biglietti per il concerto di Vasco Rossi, a cui non arrivò mai.
Siani non era ancora giornalista professionista: era un precario, ma con il talento e il coraggio di chi aveva scelto di raccontare le verità scomode. Dalle pagine de Il Mattino, seguendo da vicino la realtà di Torre Annunziata, aveva scritto di clan, di affari e di appalti per la ricostruzione post-terremoto, denunciando i legami tra camorra e politica. Un articolo del 10 giugno 1985 sulla cattura di Valentino Gionta segnò la sua condanna a morte.
La verità giudiziaria arrivò dopo dodici anni di processi: nel 1997 la Corte d’Assise di Napoli condannò all’ergastolo i boss Lorenzo e Angelo Nuvoletta, Luigi Baccante e Valentino Gionta, riconosciuti mandanti dell’agguato. Gli esecutori materiali furono individuati in Ciro Cappuccio e Armando Del Core.
Quarant’anni dopo, il ricordo di Giancarlo Siani resta vivo: simbolo di un giornalismo giovane, onesto e ostinato, che non ha avuto paura di guardare in faccia il potere criminale. La sua Méhari verde, oggi custodita come memoria civile, continua a parlare alle nuove generazioni, ricordando che scrivere e raccontare può essere un atto rivoluzionario.







