scritto da Redazione Ulisseonline - 21 Maggio 2025 10:53

Da Cava de’ Tirreni ai bastioni digitali della Santa Sede: Domenico Campeglia è il nuovo paladino cibernetico del Vaticano

A difendere queste mura digitali c’è un manipolo di novanta specialisti sparsi in tutto il mondo, anche di diverse fedi religiose, i Vatican CyberVolunteers, che il fondatore Joseph Shenouda paragona alla «versione digitale delle Guardie Svizzere». Da maggio il gruppo può contare su un rinforzo di peso: Domenico Campeglia, quarantasei anni, di Cava de’ Tirreni

Alle prime luci dell’alba, quando i rintocchi di San Pietro risuonano su una città ancora assopita, nei sotterranei del Vaticano i led dei firewall lampeggiano da ore. È lì che ogni giorno si combatte, pacchetto dopo pacchetto, la guerra silenziosa contro i pirati informatici decisi a colpire il cuore spirituale della Chiesa cattolica.

A difendere queste mura digitali c’è un manipolo di novanta specialisti sparsi in tutto il mondo, anche di diverse fedi religiose, i Vatican CyberVolunteers, che il fondatore Joseph Shenouda paragona alla «versione digitale delle Guardie Svizzere». Da maggio il gruppo può contare su un rinforzo di peso: Domenico Campeglia, quarantasei anni, di Cava de’ Tirreni, docente, formatore e consulente in sicurezza informatica, CEO della scale-up CyberGuardX e autore di numerose pubblicazioni in questo ambito.

Il suo ingresso è stato annunciato con un post su LinkedIn: «Sono felice di far parte dei Vatican CyberVolunteers per proteggere il patrimonio spirituale più piccolo – ma forse più simbolico – del mondo». La chiamata arriva in un momento critico: nell’ultimo anno gli attacchi contro la Santa Sede sono aumentati del 150 per cento, mentre l’ITU (Unione Internazionale delle Telecomunicazioni), agenzia delle Nazioni Unite specializzata in ICT, ha relegato il Vaticano in fondo al Global Cybersecurity Index, con zero punti su venti per le misure tecniche.

Di giorno Campeglia forma i futuri alfieri della sicurezza informatica e guida un team che sviluppa piattaforme per proteggere le PMI; di sera, nella chat cifrata dei volontari, correla i log dei server .va con algoritmi di anomaly detection e mette alla prova le infrastrutture secondo gli standard NIS2 e GDPR, materie di cui è formatore certificato. Il lavoro ricorda quello di un antivirus umano: quando un volontario individua una falla, invia un rapporto crittografato al piccolo staff IT vaticano e, nella maggior parte dei casi, la patch arriva nel giro di pochi giorni.

La posta in gioco è altissima. Un exploit capace di paralizzare la Santa Sede avrebbe ripercussioni geopolitiche e mediatiche enormi. Proprio per questo l’esperimento dei Vatican CyberVolunteers attrae l’interesse degli addetti ai lavori: dimostra che la cybersicurezza può fare leva su collaborazioni pro bono tra esperti privati e istituzioni, seguendo la via della sussidiarietà. Per l’Italia è anche motivo di orgoglio: dalla valle metelliana Campeglia presidia le mura digitali dello Stato più piccolo del pianeta.

«Mi occupo principalmente di rilevare vulnerabilità nelle centinaia di siti internet che fanno capo al Vaticano – sottolinea Campeglia – E per fare questo ho sviluppato un apposito software che mi affianca ed automatizza parte del lavoro, scrivendo report dettagliati che verifichiamo con la community e poi inviamo ai nostri contatti in Santa Sede».

Intanto il fondatore del progetto, Shenouda, ricorda che «la fede non è un firewall» e che, prima o poi, il Vaticano dovrà nominare un vero CISO (Chief Information Security Officer, un “capo” della cybersecurity). Fino ad allora, il clic di Enter nella casa – ufficio di Cava de’ Tirreni potrebbe essere tutto ciò che separa la Santa Sede dal prossimo blackout informatico – e allora, davvero, le campane di San Pietro suonerebbero una musica diversa.

Rivista on line di politica, lavoro, impresa e società fondata e diretta da Pasquale Petrillo - Proprietà editoriale: Comunicazione & Territorio di Cava de' Tirreni, presieduta da Silvia Lamberti.

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